Recensione Alla ricerca di Nemo in 3D (2012)

I numerosi spettatori grandi e piccoli che hanno già avuto modo di emozionarsi e divertirsi con Alla ricerca di Nemo sanno già che si tratta dell'ennesima dimostrazione di come la Pixar sia in grado di realizzare dei prodotti completi da ogni punto di vista, miscelando alla perfezione molteplici componenti, e stratificando diversi livelli di lettura.

Acque profonde

Con alle spalle ormai oltre venticinque anni d'attività, di cui ben diciassette spesi nella realizzazione di lungometraggi, la Pixar Animation Studios può essere definita a ragion veduta una compagnia ormai entrata nella storia dell'animazione, e di certo quella che ha più contribuito a far nascere, sviluppare e innovare il settore della computer animation, sperimentando incessantemente sia dal punto di vista tecnologico, sia da quello stilistico. La società diretta da John Lasseter - inizialmente nata come divisione della LucasFilm, in seguito acquisita dalla Apple di Steve Jobs e attualmente divenuta parte della Walt Disney Company - attraverso i suoi film, già divenuti delle pietre miliari del genere, ha ridefinito le coordinate del cinema d'animazione, svecchiando gli stilemi della classicità disneyana senza però mai perdere del tutto il riferimento alla tradizione; puntando sempre a un mix tra la sofisticatezza dello stile e l'universalità delle emozioni che gli ha garantito nel tempo sia successi economici planetari sia consensi unanimi da parte della critica.


Alla ricerca di Nemo del 2003, firmato da Andrew Stanton in collaborazione con Lee Unkrich, rappresenta uno dei numerosi traguardi raggiunti dagli studios in fatto di progressi tecnologici, di risultati artistici e di esiti commerciali. Quinto film realizzato dalla Pixar, oltre a divenire campione d'incassi della stagione, è il primo della casa a vincere il premio Oscar come miglior lungometraggio d'animazione (se si eccettua il premio speciale attribuito a John Lasseter nel 1996 per il lavoro pioneristico svolto con Toy Story), e segna la definitiva consacrazione della computer animation anche da parte della conservatrice Academy, equiparata ormai a tutti gli effetti all'animazione bidimensionale per quanto concerne la resa artistica e la sensibilità emotiva. Anche per questi motivi, in attesa del seguito del film messo in cantiere per il 2016, la compagnia di Emeryville ha ben pensato di riportare nei cinema questa nuova versione di Alla ricerca di Nemo in 3D, sottoposta a un restyling grafico al passo coi tempi che include naturalmente anche l'ultimo ritrovato della stereoscopia.

Dopo la disordinata stanza dei giocattoli di Toy Story, il brulicante giardino di A Bug's Life e l'onirica Mostropoli di Monsters & Co., Finding Nemo è l'ennesima avventura Pixar ad essere ambientata in un "mondo altro", un microcosmo alieno rispetto a quello degli esseri umani (rappresentati solitamente come ostili) nel quale vengono ribaltate le prospettive e i punti di vista ordinari. Questa volta si tratta di uno tra gli scenari più variopinti e colorati di sempre: la lussureggiante barriera corallina australiana, popolata d'ogni sorta di forma di vita marina bizzarra e stravagante, che all'epoca ha rappresentato per il team d'animatori una vera e propria sfida dal punto di vista tecnico. È ormai celebre la storia del tenero pesce pagliaccio Nemo che, per sfuggire all'iper-protezione dell'apprensivo padre Marlin, viene catturato da un sub e finisce prigioniero di un angusto e inquietante acquario. Come arcinoti sono diventati i personaggi di contorno che accompagnano Marlin alla ricerca del figlio: dalla buffa Dory, vittima di repentine perdite della memoria, alla tartaruga "funky" Scorza; dall'esilarante trio di pesci predatori pentiti e in astinenza Bruto, Randa e Fiocco, fino allo stralunato e goffo pellicano Amilcare. I numerosi spettatori grandi e piccoli che hanno già avuto modo di emozionarsi e divertirsi con Alla ricerca di Nemo sanno già che si tratta dell'ennesima dimostrazione di come la Pixar sia in grado di realizzare dei prodotti completi da ogni punto di vista, miscelando alla perfezione molteplici componenti, e stratificando diversi livelli di lettura.
Da una parte si tratta di un godibile film d'avventura, una specie di road movie tra le autostrade della corrente acquatica australiana, che presenta anche innesti di prison movie (il tentativo di evasione architettato dai pesci confinati nell'acquario-prigione del dentista) e non privo perfino di venature horror (la mostruosa bambina Darla, sterminatrice di animaletti domestici). Dall'altra è un racconto educativo con protagonisti atipici (una famiglia non tradizionale, composta da un padre vedovo e da un figlio portatore di handicap); una commovente storia di padri e figli all'insegna della maturazione e della crescita reciproca. Senza dimenticare, peraltro, le numerose puntellate di humour sparse per tutto il racconto, che prendono corpo soprattutto da personaggi grotteschi come lo squalo vegetariano Bruto, oppure gli psicotici pesci prigionieri dell'acquario.
Come già accaduto con i precedenti lavori tridimensionali di casa Pixar, quali Up, Cars 2 e Toy Story 3 - La grande fuga, l'aggiunta della terza dimensione non ha un'impronta invasiva o troppo evidente, ma si limita ad arricchire di profondità gli scenari, rendendo più ariose le inquadrature e dotandole di maggiore realisticità per quel che concerne la resa delle superfici acquatiche. In questo modo, alcune sequenze in particolare - tra cui l'inseguimento dello squalo, l'attraversamento della barriera di meduse, e l'avventura "collodiana" dentro la pancia della balena - ci guadagnano sicuramente quanto a spettacolarità e dinamicità.
Il film è preceduto anche da un godibile cortometraggio, Non c'è festa senza Rex, ambientato nel ricco universo di Toy Story, con protagonista assoluto il personaggio del tirannosauro, questa volta insolitamente coinvolto in un ruolo di primo piano.