Recensione A Girl at My Door (2014)

Una gradevole opera prima, quella firmata da July Jung, incentrata sull'amicizia tra una poliziotta messa al bando per la sua omosessualità e una ragazzina abbandonata dalla madre con un patrigno ubriacone e violento.

La ragazza di città

Appena giunta in un villaggio di provincia, dove assume il comando del piccolo distretto di polizia locale, una brillante ispettrice fresca di accademia s'imbatte ripetutamente in una ragazzina schiva e bizzarra. Scoprirà presto che la piccola Do-hee è la figliastra del principale imprenditore locale, un uomo violento e perennemente ubriaco che la picchia e la maltratta senza che nessuno muova un dito per difenderla.

Ben consapevole di stare agendo fuori dalla propria autorità, Young-nam prende la piccola sotto la sua ala protettiva, e, dopo la misteriosa morte della madre del suo patrigno, la prende in casa con sé. Maldicenze e accuse non tardano ad arrivare, ma Young-nam è destinata a scoprire che non sarà lei a salvare Dohee quanto il contrario.

La vittima silenziosa

L'elemento più gradevole di questo A Girl at My Door è il tandem costituito dall'eterea Bae Du-na e dalla giovanissima Kim Sae-ron, che danno vita sullo schermo a un rapporto molto dolce e toccante; nel complesso, tuttavia, il personaggio affidato all'attrice più esperta resta eccessivamente approssimativo, e di conseguenza Bae in qualche versante appare un po' spaesata e tende a scegliere la via più prevedibile; più interessante il personaggio interpretato dalla più giovane, un misto inquietante e affascinante di innocenza e bassa astuzia nei confronti della quale, tuttavia, non può che prevalere la compassione sia in Yong-na che negli spettatori.

La vita di Seoul

A Girl at My Door: Doona Bae in una scena
A Girl at My Door: Doona Bae in una scena
Di qualche approssimazione di troppo soffre, in generale, l'intero script, che non riesce a dare spessore ad alcun personaggio che non sia Do-hee; in particolare avrebbe giovato sapere qualcosa di più sui trascorsi di Young-nam nella Capitale, sui fatti che hanno causato il suo trasferimento al villaggio costiero; si capisce che c'entra la sua relazione con una donna, ma ci resta dalla curiosità di sapere come il semplice fatto della sua omosessualità possa aver dato tanto scandalo in un paese abbastanza moderno come la Corea del Sud. Per il resto, abbiamo solo una donna che continua a nascondersi e che redarguisce gli altri per il consumo di alcool quando lei ne tiene in casa litri e litri "camuffati" da acqua minerale. A parte la ragazzina, che beneficia della freschezza e dell'innocenza di Kim Sae-ron, gli altri personaggi sono tutti macchiettistici - soprattutto gli aguzzini della bambina - questo non aiuta a dare peso sostanza a un racconto troppo esile.

Conclusione

Nel complesso, questo esordio di July Jung, nonostante l'inconsistenza dello script e una gestione del racconto un po' priva di inventiva e voglia di rischiare, riesce comunque ad affascinare grazie al rapporto ben tratteggiato tra le due protagoniste.

Movieplayer.it

2.5/5