Nell'ormai lontano 4 ottobre 1995 su Tokyo Tv debuttava, in contemporanea con la sua controparte manga, Neon Genesis Evangelion, una serie inizialmente passata in sordina a causa di una trasmissione televisiva scellerata in un orario poco appetibile per un pubblico giovanile (18.30) ma a seguito delle numerose repliche notturne, unite ad un passaparola ponderante, la serie in brevissimo tempo conquista e sconvolge il mondo intero.
"Evangelion ha plasmato la mente dei giapponesi sotto i quarant'anni come nient'altro ha fatto in Occidente"
Questo è il pensiero del celebre saggista David Samuels, tratto dalle pagine del The Atlantic scritto nel 2007. Ad ogni modo non siamo qui a scrivere di quanto importante sia stata la serie, anche perché parlarne in poche righe è praticamente impossibile. Dopo tutto siamo di fronte ad una pietra miliare dell'animazione in grado di presentare un caleidoscopio culturale senza precedenti (nell'opera trovano spazio dissertazioni filosofiche, psicoanalitiche, socio-politiche, letterarie, religiose, ecc.); di rievocare poi, con geniale inventiva e preparazione, un numero spropositato di anime e manga del passato e contemporaneamente destrutturare dalle fondamenta uno dei generi più popolari e radicati in Giappone, l'anime-mecha, andando inoltre ad avviare definitivamente la cosiddetta NAS (nuova animazione seriale).
Rebuild of Evangelion: la genesi produttiva
Anno 2002, Hideaki Anno è ormai una superstar mondiale dell'animazione che di tanto in tanto si concede persino un salto nel mondo dei film live action, piazzando il suo zampino creativo tra sguardo critico socio-contemporaneo e sperimentazione visiva (Love & Pop o Shiki-Jitsu). Ad ogni modo i grandi amori non si scordano mai e pertanto decide di rivedersi tutto d'un fiato la sua creatura più famosa e - nonostante continui a reputarla un lavoro altamente innovativo - inizia a pensare seriamente ad una nuova incarnazione. Ma il progetto slitta a causa di altri impegni e deroghe lavorative: da Abenobashi - Il quartiere commerciale di magia (chiamato in causa per svariate mansioni) al live action di Cutie Honey (uno dei tanti cult del maestro Go Nagai, amatissimo da Anno). Passano gli anni ma al noto animatore/cineasta la voglia di rimettere mano al suo progetto non scompare e di conseguenza nel Maggio del 2006 fonda lo studio Khara, su consiglio di Munenori Ogasawara, e nelle sue idee lo studio doveva affiancarsi all'iconico Gainax, con l'intento di dar luce ad una nuova versione cinematografica di Evangelion.
Evangelion: il significato dell'enigmatico finale che non smette di affascinare
In un clima di festa, il 9 Settembre del 2006 le pagine web del sito della Gainax espongono una clamorosa notizia annunciando al mondo intero la produzione di Evangerion shin gekijōban letteralmente Evangelion nuova versione cinematografica (Rebuild of Evangelion è invece il titolo internazionale) evidenziando inoltre il numero totale di film: ben quattro. Hideaki Anno parte forte e sui numeri di Ottobre e Dicembre della rinomata rivista Newtype rilascia subito due interviste, in cui inizia a spiegare alcuni aspetti che andranno a caratterizzare l'opera realizzando quindi una vera e propria dichiarazione di intenti. Non contento, poco dopo, ripubblica il tutto in primis su un poster cinematografico, esposto in circa 50 sale giapponesi, e poi sul sito ufficiale della Rebuild of Evangelion. Nel frattempo però qualcosa va storto con la Gainax e nel 2007 Anno decide di abbandonare lo studio, legandosi esclusivamente con Khara. Anno è consapevole che la vecchia azienda non è più il cantiere ideale per la realizzazione della tetralogia poiché probabilmente si sarebbe dovuto attenere - a detta sua - alla stessa cornice della serie originale e la cosa non gli andava proprio a genio. Anno a questo punto non se la sente di dirigere in solitaria il tutto, e chiede aiuto a due vecchie e gradite conoscenze come Masayuki e Kazuya Tsurumaki. Il noto autore vuole fare le cose in grande e anche in fase di scrittura non rinuncia a fidati professionisti e chiama Tomoki Kyōda ed il suo grande amico Shinji Higuchi, con quest'ultimo che si è confrontato, a sua volta, con Kenji Kamiyama (pupillo del maestro Mamoru Oshii). Il tutto inizia a prendere forma ma i vari brainstorming del team Khara sono altamente visionari e densi di spunti creativi: il primo film a tal proposito si sviluppa stile remake dei primi sei episodi della serie originale, con uno stile visivo e narrativo più accessibile a tutti, ma parallelamente se visto attentamente remake non è e lo vedremo a breve; dal secondo film in poi, invece si vira definitivamente su altri lidi con grande stupore dello spettatore (il progetto subirà modifiche in corso d'opera).
Evangelion: 1.0 You Are (Not) Alone, remake, reboot o sequel?
Il 12 Ottobre 2007 il Busan International Film Festival (PIFF) proietta in esclusiva mondiale il primo capitolo della tetralogia Rebuild of Evangelion, in Italia invece arriverà solamente nel Settembre del 2013 grazie alla sinergia tra Nexo Digital e DynIt che portano contemporaneamente nelle sale nostrane i primi due episodi della saga (attualmente lo trovate su Prime Video). Sul film le cose da dire sono tantissime, in questi anni fortunatamente si è scritto di tutto per cui cercheremo di non essere troppo ripetitivi e di andare subito al sodo evidenziando aspetti, non diciamo inediti, ma perlomeno stimolanti. Iniziamo a concentraci sui titoli del film, estremamente peculiari e significativi; l'autore nipponico ha deciso di correlare i titoli dei film ad un preciso schema di modulazione e movimento che può essere applicato in un'ampia varietà di arti tradizionali giapponesi. Il cosiddetto Jo-Ha-Kyū, ossia il giusto ritmo laddove prendendo come caso di studio una partitura musicale il regista ritiene sia idoneo iniziare il suo progetto lentamente (preludio, primo film), per poi in un secondo momento approfondire quanto visto prima entrando quindi bruscamente nel vivo (rottura, secondo film), a cui seguirà un terzo atto del tutto inaspettato e quasi scollegato dai primi due (accelerazione, terzo film) e concludere in bellezza con una ricomposizione tale da creare un ponte di collegamento tra tutte le opere conducendo così lo spettatore alla conclusione.
Lasciandoci alle spalle la questione titoli, addentriamoci sull'opera. Evangelion: 1.0 You Are (Not) Alone sulla carta potrebbe apparire come un "fedele remake" dei primi 6 episodi ma in realtà già dalla prima inquadratura è possibile riscontrare alcune "anomalie". La serie originale apriva le danze con una panoramica aerea riprendendo, sfruttando poi un fuori campo sonoro di un aereo militare, una Tokyo in rovina sommersa dalle acque. Il film invece parte in maniera leggermente differente, innanzitutto l'inizio è più "statico" ma ancora più accattivante e la primissima immagine è un totale d'ambiente su un mare rosso, le cui onde si infrangono su una spiaggia deserta. Il fotogramma è praticamente identico a quello visto nel cult The End of Evangelion, tuttavia nel film del 1997 il mare era diventato così a seguito del Third Impact mentre in Rebuild ci verrà detto che il "mare rosso" è una conseguenza del Second Impact. Qui ufficialmente prende piede la presunta teoria del loop, aspetto cardine ed innovativo della nuova saga; basandoci su questa teoria, i personaggi principali risulterebbero intrappolati in un ciclo di eventi destinato a ripetersi di volta in volta, un angosciante "giorno della marmotta" pronto a sbattere in faccia a tutti i soggetti un continuo e penetrante ciclo di solitudine, dolore, ansie e orrore. Un loop che richiamerebbe, con fascino ed intelligenza, il leitmotiv di Lamù - Beautiful Dreamer, capolavoro intramontabile di Mamoru Oshii che mediante l'escamotage di una giornata estiva infinita analizzava, con occhio lucido, il difficilissimo passaggio dall'adolescenza all'età adulta.
La teoria del loop in qualche modo è confermata dal noto regista, a seguito delle sue dichiarazioni del 2006 quando disse senza mezzi termini che stava creando "un'opera migliore della precedente in quanto Eva è una storia che si ripete". Un altro elemento preponderante che legittima questa teoria è il personaggio di Kaworu che appare già alla fine del film, un personaggio che sembra conoscere eventi non ancora accaduti su questa linea temporale (nel secondo film, ad esempio, una sua battuta è assai emblematica: "Forza, l'ora promessa è ormai giunta, Shinji Ikari. Almeno questa volta, riuscirò a renderti felice"). Continuando ad analizzare il film, ritroviamo tutti gli elementi che hanno reso celebre la serie originale a partire dalla precisa volontà del suo autore di realizzare un denso e introspettivo trattato socio-psicologico (presente ovviamente il famoso dilemma del porcospino) focalizzato sul processo di guarigione di un hikikomori, fino agli immancabili riferimenti religiosi. Tra gli aspetti inediti, invece è impossibile non citare l'utilizzo dell'animazione digitale; in Rebuild of Evangelion la CGI è un trionfo di bellezza ed inventiva per nulla pedante o invadente che conferisce all'azione un livello di epicità incalcolabile, impreziosita dalla regia tanto autoriale quanto "commerciale" di Anno. I combattimenti tra Angeli ed Eva sono eclatanti tra particolari e dettagli ultra hi-tech, punti di vista multipli, angoli e campi di ripresa più disparati o mirabolanti e psichedeliche sequenze action, fino a scene classiche da slice of life laddove emerge una cura per l'immagine clamorosa con Anno che ci delizia con pillow shot (inquadrature di transizione) di ozuniana memoria immergendoci in un mondo tanto futuristico quanto realistico (famosa la sua ricerca e cura ossessiva per i pali elettrici). Una goduria per i nostri occhi.
Nuovo Evangelion: intermezzo, rottura, epilogo
Con Evangelion: 2.0 You Can (Not) Advance le cose iniziano a prendere pieghe inaspettate ed Anno, senza perdersi in inutili indugi, introduce immediatamente qualcosa di mai visto nel "mondo Evangelion"; ed ecco che il film si apre focalizzandosi su una misteriosa ragazza, tale Mari Illustrious Makinami, intenta a pilotare nei meandri della base Nerv in Nevada l'Unità provvisoria 05, mentre si sta scontrando con il Terzo Angelo. Mari è esplicitamente il primo vero punto di rottura della tetralogia, un personaggio sì nato a tavolino dalle pretese del produttore Toshimichi Ōtsuki, che voleva una nuova icona femminile per ovvi motivi commerciali, ma subito amato da Hideaki Anno. Se stiamo attenti Evangelion è un inno sincero verso il mondo femminile. In origine il protagonista di Evangelion doveva essere proprio una fanciulla ma Anno fu convinto a desistere dall'amico Yoshiyuki Sadamoto, optando quindi per una canonica figura maschile e facendola comunque doppiare da una donna (la seiyū Megumi Ogata). La figura femminile è pertanto determinante nei lavori di Anno: lui stesso ha affermato che negli ultimi tempi nel suo Giappone gli uomini tendono ad essere sempre più deboli mentre le donne più forti, evidenziando inoltre di amare e leggere avidamente racconti romantici scritti da donne con l'intento di comprenderne al meglio emozioni e sentimenti. Conoscenze queste che sicuramente gli sono tornate utili nel caratterizzare i suoi personaggi femminili che spessissimo prevaricano sul povero Shinji, oppure risultano essere il vero motore narrativo e per questo motivo possiamo dire senza remore che Evangelion, o meglio ancora Eva, è donna.
Tornando al film, un altro aspetto intrigante è il numero esagerato ed enfatizzato di esplosioni proposte dall'autore. I paesaggi dispotici e apocalittici sono da sempre un must della fantascienza giapponese, espediente narrativo in grado di far riflettere sul presente e sul passato, sui limiti della scienza o sulla bestialità umana. Elementi impressi nell'immaginario giapponese e ben presenti nel mondo Evangelion con Hideaki Anno, attento ad esporli con un sottile e ingegnoso sottotesto politico, economico e sociale.
Ad esempio la serie originale è uscita negli anni Novanta, periodo caratterizzato da un incredibile benessere economico seguito da una crisi senza precedenti, le cui conseguenze sono state tangibili per molti anni. Per questo i protagonisti di NGE sono un gruppetto di adolescenti sconvolti da un mondo sociale devastato da eventi esogeni ed endogeni; eventi che hanno dissestato i vecchi valori lasciando le nuove generazioni in balia di se stesse, senza sani riferimenti politici o culturali. Qui entra in gioco Anno che appunto critica tutto ciò e parallelamente esorta i ragazzi a rompere le gabbie di vetro in cui sono segregati; Anno tramite l'animazione spinge i giovani a provare a ricongiungersi con il prossimo, ad andare avanti a testa alta senza lasciarsi intimidire da convezioni e intimidazioni sociali. Tutto questo pertanto è ben presente nel film - e nella tetralogia - e trova conferma e realizzazione nel pre-finale, con Shinji pienamente convinto a salire sull'Eva non perché costretto dal padre o dalla società ma perché vuole realmente salvare Rei: "sono il pilota dell'unità 01, sono Shinji Ikari" parole che rievocano un certo "Io sono Tetsuo", frase iconica di Tetsuo in Akira laddove uomo, bomba, dei e apocalisse si amalgamano alla perfezione un po' come in Evangelion: 2.0 You Can (Not) Advance. Andiamo avanti e ci catapultiamo nella notte del 17 Novembre 2012 quando nei cinema giapponesi esce l'atteso, controverso e dibattuto Evangelion: 3.0 You Can (Not) Redo. Seguendo i programmi originari del team Khara, il film sarebbe dovuto uscire in contemporanea all'ultimo capitolo della Rebuild ed entrambi dovevano durare circa 45 minuti; sfortunatamente però i lavori si complicarono e tutto slittò con conseguenze nefaste per Anno, il quale riportò un esaurimento nervoso al punto da allontanarsi dal settore fino al 2017. Ad ogni modo il terzo capitolo Rebuild segna un ulteriore passo in avanti del mondo di Evangelion trasportando lo spettatore avanti nel tempo di ben 14 anni con il Near Third Impact che ha spazzato via gran parte dell'umanità. Nonostante ciò, Nerv e Seele continuano imperterriti a complottare qualcosa e come se non bastasse si aggiunge una nuova organizzazione: tale Wille, capitanata da un'irriconoscibile e piratesca Misato Katsuragi (gli omaggi a Leiji Matsumoto fioccano a ripetizione).
Hideaki Anno perciò estende la sua creazione dalle mille facce e prova a dare un nuovo significato al concetto di disastro - come sempre più mentale/intimista che fisico - laddove tra sbalorditive sequenze action, segmenti ellittici, atmosfere esoteriche e dissertazioni filosofiche e psicoanalitiche, esplora da vicino la vera natura di Shinji. Un outsider, quest'ultimo, che prova caparbiamente a rimediare ai propri possibili errori, finendo però spesso per replicarli in un loop cristologico di colpa, espiazione e nuovamente colpa laddove impulsi di vita ed impulsi di morte continuano ininterrottamente a fondersi e ripresentarsi. Rilevante a proposito il rapporto di amicizia, dalle tinte omoerotiche, tra Shinji e Kaworu, dato che entrambi danno vita ad una vera e propria seduta psicoanalitica a colpi di musica classica con il regista che tiene a sottolineare l'importanza del cambiamento. Infine impossibile non menzionare l'eccelso lavoro tecnico/stilistico realizzato da Anno e dal team Khara (determinante anche la collaborazione con Production I.G), per quanto alcuni snodi narrativi e diversi personaggi non siano stati adeguatamente tratteggiati. Il lavoro fatto è comunque incredibile, basti citare l'altisonante piano sequenza iniziale a sfondo spaziale tra impressionanti inquadrature e leggiadri movimenti di camera a 360°, fino all'immancabile e spaesante inquadratura a piombo. Altamente creativo anche il crollo nervoso di Shinji, che probabilmente combacia con quello del regista: una sequenza psichedelica, tra montaggio serrato e uso della shaky-camera, in cui spicca un primissimo piano sull'occhio del ragazzo, ragazzo tratteggiato con un tocco volutamente grezzo e stilizzato, il tutto per enfatizzare il suo disagio.
Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time, la fine della tetralogia
8 Marzo 2021, Giappone: Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time sbarca nelle sale nipponiche (in tutto il mondo distribuito invece su Prime Video) e dopo ben 26 anni di peripezie Hideaki Anno giunge finalmente alla fine di un lunghissimo viaggio, portando a compimento un vero e proprio trattato sull'importanza della vita e della complessità dell'animo umano. Intento nobile ed iper-stratificato che si concretizza e prende vita mediante questo ingarbugliato, magniloquente e volutamente imperfetto e confusionario lungometraggio. Due ore e mezza in cui l'autore infischiandosene di tutto e tutti, senza mezzi termini mette in chiaro le sue intenzioni: enfatizzare ai massimi termini la sua frattura con il passato. Un cambio di rotta nettissimo e definitivo che punta dritto verso nuovi lidi narrativi e soprattutto esistenziali. Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time è pertanto una dichiarazione d'amore alla vita e alla speranza; un film - e per estensione una tetralogia - che parte dall'orrore dell'esistenza umana e si trasforma in realtà in un'opera sulla forza inesauribile del desiderio di confronto e della ricerca della felicità da parte dell'uomo. Una felicità che Hideaki Anno, dopo anni di forte buio e depressione, ha finalmente raggiunto grazie alla vicinanza e al supporto di sua moglie Moyoco Anno, la quale gli ha letteralmente cambiato la vita donandogli quasi inconsapevolmente un'inattesa spensieratezza, una stabilità a lungo ricercata e, cosa più importante, una fiducia in se stesso e nel futuro.
Oggi Anno è un uomo maturo che pur non rinunciando alle sue passioni da nerd, ma non più da otaku, è perfettamente integrato in una società caotica e tortuosa e prova a gestirla grazie all'amore di persone a lui care. Felicità che ovviamente trova corrispondenza nel suo alter ego Shinji; il ragazzo timido ed impacciato finalmente interiorizza e supera il fatidico dilemma del porcospino riuscendo a trovare la sua strada nel mondo e a vivere pienamente la vita: le scene finali sono altamente esplicative, rafforzate dal ricorso ad immagini in live action, ormai marchio di fabbrica in casa Anno. Concludiamo riportando alcune veloci considerazioni del noto studioso e saggista Andrea Fontana: "Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time è in termini puramente cinematografici un'opera confusionaria. Ma - visto che il suo significato intrinseco esclude a priori la sua natura di opera destinata alla fruizione - diventa automaticamente il film definitivo, l'unico possibile con cui chiudere la complessa esperienza di Neon Genesis Evangelion e, contemporaneamente, donarci la chiave con cui interpretarlo. Evangelion è il percorso complicato, difficile, pieno di scivoloni e cadute verso la felicità di un uomo: Hideaki Anno. Ma nulla vieta che possa essere anche il nostro percorso".