Sorriso smagliante e modi gentili: Olivia Cooke e Tye Sheridan hanno gli occhi che brillano quando parlano di Ready Player One, film tratto dall'omonimo romanzo di Ernest Cline nelle sale italiane dal 28 marzo, che è l'apoteosi del cinema fantastico di Steven Spielberg, regista che adorano e che li ha lanciati nell'olimpo di Hollywood.
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Cooke, diverse serie tv tra cui Bates Motel alle spalle, non nasconde l'entusiasmo di poter dire di essere in un film del re del cinema americano, mentre Sheridan, il cui primo film è stato con un altro grande, Terrence Malick, che lo ha scelto tra centinaia di altri ragazzini del Texas per The Tree of Life, arrossisce quando gli chiediamo, a Londra, al junket europeo del film, se è stata una volontà precisa del regista quella di farlo assomigliare a se stesso da giovane in Ready Player One: "Non credo sia stata una cosa consapevole. Ma in effetti me l'hanno già detto a Los Angeles mentre eravamo seduti vicino. Non ci ho mai pensato prima".
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Nel film, ambientato nel 2045, i due giovani attori interpretano Art3mis, cacciatrice di easter eggs che vuole salvare Oasis, la realtà virtuale creata da James Halliday (Mark Rylance), da chi vorrebbe trasformarla in un supermercato, e Parzival, ragazzo che si rifugia nel suo avatar per sfuggire al mondo desolante che lo circonda. Entrambi intenzionati a risolvere gli indovinelli lasciati da Halliday al momento della sua morte, una caccia al tesoro che promette come premio finale la proprietà di Oasis, i due ragazzi si conoscono attraverso le proprie copie virtuali, ma cominciano a sviluppare un sentimento reale l'uno per l'altra.
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Uno dei temi del film, e anche del libro, è proprio la difficoltà di relazionarsi con gli altri faccia a faccia: "In Ready Player One tutti i personaggi hanno una caratteristica che non li fa sentire a proprio agio o non sono pronti ad accettare: l'aspetto fisico, la sessualità, il colore della pelle..." ci ha detto Sheridan, proseguendo: "Un elemento che riflette il nostro mondo: nel 2018 le persone ragionano ancora per stereotipi, da cui è difficile non farsi influenzare, soprattutto sui social, dove ci si mette a confronto con altre persone. Il film spinge ad accettarsi per ciò che si è: quando ti ami allora puoi amare anche gli altri e farti amare, perché hai una luce che brilla da dentro".
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