Polvere e sangue. Ecco gli ingredienti principali che formano i nostri due eroi. La polvere, perché nascono dal terreno più basso e sporco. Il sangue, perché la loro è una storia di ferite e di rivincite. Rango, il film d'animazione di Gore Verbinski, e Django Unchained, settimo film di Quentin Tarantino, usano entrambi un genere particolare per raccontare la formazione e la costruzione di un eroe. Perché se c'è un genere cinematografico che meglio si presta a costruire leggende, quello è proprio il western, mitologia americana per antonomasia. Prendono il cinema classico e lo capovolgono, così come gli stessi protagonisti capovolgono la definizione di eroe e saranno capaci di rivoltare la Storia stessa. Sono due film che, con le dovute differenze, sembrano parlare tra di loro, specchiandosi l'uno con l'altro. Ecco 5 punti di contatto tra Rango e Django Unchained.
1 - Il prologo che presenta l'epica
Due film che si parlano sin dalle prime immagini, durante i titoli di testa. Nel film d'animazione le note di un tema musicale originale ma accomodante, che ben richiama le atmosfere dei film di Sergio Leone, suonato da un gruppo di quattro gufi mariachi, catapultano lo spettatore all'interno della storia presentando ciò che sta per osservare. Viene cantato un solo nome: Rango, mentre il titolo gigantesco, come fosse una scenografia teatrale, compare alle loro spalle. Chi è Rango? È una domanda che compare costantemente lungo il corso del film e che si sposa nel migliore dei modi con le fattezze del personaggio, un camaleonte (quindi capace di mutare colore) talentuoso nella recita, ma in questo caso viene subito presentato come "una leggenda". Avremo modo di abbassare le nostre aspettative nella scena successiva, quando faremo davvero la conoscenza di Rango, ma in questi primi minuti il suo nome ha il sapore epico degli eroi immortali. Avviene la stessa cosa nel film di Tarantino, in maniera ancora più esplicita. I titoli di testa del film hanno luogo mentre ascoltiamo una canzone ben nota agli appassionati cinefili: è Django il tema musicale del film omonimo composto da Luis Bacalov e Ricky Roberts. Anche il film del 1966 diretto da Sergio Corbucci si apriva con questa canzone, ma lì il protagonista era un eroe solitario che già denotava, sin dalla prima inquadratura, una dimensione mitica. Il film del 2012, invece, mostra il nuovo Django: uno schiavo nero, ridotto in catene. Molto simile a Rango, chiuso nella sua scatola di vetro. Entrambi pronti per essere liberati.
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2 - L'eroe senza identità
Entrambi sono due eroi senza identità. Il camaleonte non ha nome, lo inventa al momento guardando la marca di una bottiglia di succo di cactus, passa gran parte del tempo a chiedersi chi è lui stesso. È Rango solo per quando arriva nella città di Polvere, è Rango solo per gli abitanti di quella città. È un pavido e viziato animale che deve scoprire il proprio coraggio e che deve capire se combattere non solo per un'ingiustizia, ma anche per sé stesso. Jamie Foxx, invece, ha un nome ma è come se non l'avesse. È semplicemente uno schiavo, uno come tanti altri, e solo la liberazione del dottor Schultz riuscirà a ridargli quel minimo di dignità umana, un punto di partenza necessario per riavere la sua vera identità, quella di marito di Brumilde. I due protagonisti dei due film saranno però costretti a impersonare un'identità fittizia: uno quella di sceriffo pericoloso capace di uccidere sette fratelli con una sola pallottola, l'altro quella di un esperto di mandingo e assistente di un acquirente. Il ruolo dell'attore in questi due film che mostrano sin da subito la loro natura post-moderna (loro sì che sanno di essere dei film) è preponderante e pone una riflessione generale su come l'identità di un attore sia formata dai vari personaggi che sa interpretare. Identità sfuggevoli e non univoche: di questo sono fatte le leggende, di questo è fatto il mito.
3 - Il gioco post-moderno
La classicità del western viene capovolta in entrambi i film. Rango prende il genere, ne utilizza stereotipi e citazioni visive, per dare vita a un universo di animali antropomorfi che lottano per la loro sopravvivenza e per avere l'acqua, elemento necessario alla vita. Il film di Verbinski usa il western per raccontare una storia che ha il sapore nostalgico di C'era una volta il West: un mondo sporco e imperfetto, quello del cinema di genere, che è destinato a scomparire a causa del "nuovo mondo civilizzato", quello del cinema perfetto, rinnovato, ma incapace di quella polvere e di quel calore. Infatti, a guardare la carriera di Verbinski, nonostante i film ad alto budget di gran parte della sua carriera, possiamo notare come il regista americano abbia sempre prediletto storie appartenenti al genere: dalla commedia slapstick di Un topolino sotto sfratto, l'horror di The Ring, l'avventura piratesca di Pirati dei Caraibi, fino al gotico de La cura del benessere. Rango è l'ennesimo atto d'amore verso un cinema che rischia di scomparire, che è quello delle vecchie leggende. Un gioco che avrebbe fatto il Tarantino degli esordi che rimangiava come un divertissement generi e influenze cinematografiche, ma che non compie quello maturo di Django Unchained. Il gioco post-moderno del regista qui diventa una scusa per poter combattere contro la Storia americana, per raccontare una vendetta fantasiosa, per usare il linguaggio del cinema contro la triste realtà. Usa i canoni del western per raccontare una nuova epopea americana: quella dello schiavo libero che sovverte l'ordine prestabilito. Un gioco che è, in realtà, un grido politico colmo di rabbia.
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4 - I due antagonisti
Non c'è eroe senza antagonista e, nei due film, di avversari ce ne sono due: uno più esposto e uno più temibile che riuscirà a sopravvivere. In Rango è chiaro sin da subito che il sindaco della città nasconde qualche intrigo maligno e il suo personaggio corrisponde al vecchio approfittatore che sa come funzionano gli affari e bada alla sua ricchezza nonché alla sua fortuna. Capace di tenere ampolle piene d'acqua, mentre i suoi cittadini soffrono dissetati, interessato a una partita a golf e a mantenere un controllo totale, il sindaco è la mente criminale che nulla può senza un bandito chiamato al bisogno, ovvero Jake Sonagli. Sarà proprio il serpente-pistolero a smascherare la recita di Rango e a sbugiardarlo davanti a tutti, causandogli un allontanamento provvisorio dalla città e mettendolo in difficoltà. Accade più o meno lo stesso in Django Unchained: non è Calvin Candie (Leonardo DiCaprio) a scoprire il segreto che nascondono Django e Schultz, ma Stephen (Samuel L. Jackson), il capo della servitù di Candyland. È lui la vera mente criminale, quello che pensa a tutto mentre Calvin è più interessato agli affari. Non a caso, non è il padrone di casa l'antagonista da sconfiggere (il tutto avviene in fretta con un colpo ben centrato di pistola), quello che rimane vivo fino all'ultimo. Non è lui che indebolisce il protagonista e lo condanna lontano dalla sua amata, a un passo dalla vittoria.
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5 - Il "Nessuno" che cambia la Storia
Gli eroi e le leggende, però, hanno scritto la loro vittoria nel sangue e nel destino. Come gli eroi teatrali a cui si ispira il camaleonte, come la storia dei Nibelunghi che viene raccontata da Schultz. Rango, dopo aver avuto un'epifania da parte dello Spirito del West (giustamente con le fattezze di Clint Eastwood), decide di tornare a Polvere e salvare una volta per tutte la città. Ora non recita più, è diventato Rango, ha acquisito la sua vera identità di eroe coraggioso. Lo riconosce anche Jake Sonagli che, vedendolo negli occhi, nota una fiamma di vero ardore. Farà lo stesso Django che, liberatosi ancora una volta dalla schiavitù grazie alla sua astuzia, ritornerà a Candyland per vendicarsi e liberare Brumilde. Entrambi i film si chiudono con due esplosioni, una di fuoco e una di acqua. Il fuoco si trova, ovviamente, in Django Unchained: l'esplosione di Candyland simboleggia la distruzione dello schiavismo, il razzismo americano che brucia tra le fiamme e viene ridotto in mille pezzi. È una storia di rivincita, quella raccontata da Tarantino, una rivincita che deve essere per forza liberatoria e violenta. L'acqua, invece, è l'elemento fondamentale di Rango e ne cambia il valore. La città viene distrutta dai getti d'acqua o, per meglio dire, ne viene trasformata (nella versione estesa del film scopriamo che Polvere è diventata Fango). Se il mondo di Rango era destinato a scomparire, l'arrivo dell'acqua simboleggia la rinascita: quel cinema di genere pieno di eroi e leggende potrà continuare a vivere, ancora per un po'. Rango e Django, due "Nessuno" che trovano la loro identità definitiva cambiando il corso della Storia. Per il cinema e con il cinema.