C'era una volta un tempo in cui gli eroi dello schermo non erano quelli cool, credibili e popolari dei giorni nostri, lontani dai Robert Downey Jr. e Christian Bale della situazione, sprovvisti dei costumi possenti ma fasciati piuttosto in improbabili calzamaglie. Un tempo in cui il Superman di Christopher Reeve era una sorprendente eccezione rispetto allo Spiderman degli anni '70. Un tempo in cui un Hulk verde sbiadito poteva sembrarci una proposta soddisfacente o la soffice panzetta del Batman televisivo anni '60 accettabile.
In un contesto del genere, perché non provare ad essere "il più grande eroe americano"? Perché non inserirsi di prepotenza in un mondo dell'intrattenimento che aveva capito le potenzialità degli eroi dei comics ma non aveva ancora i mezzi per renderli il fenomeno di costume che spopola oggi a tutti i livelli, racimolando incassi che competono con i più grandi di sempre? Perché non provare a ironizzare su quei costumini pigiamosi, su quei mantelli svolazzanti, su quei poteri che tutti sognano e dei quali film e serie TV potevano dare solo un pallido riflesso?
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Il più grande eroe americano
Ci ha provato la ABC nel biennio tra il 1981 e il 1983, programmando una serie che pomposamente proclamava sin dal titolo di parlarci del più grande eroe americano (The Greatest American Hero). Uno slancio di fiducia ed epicità mitigato dal titolo nostrano Ralph Supermaxieroe che in tanti abbiamo imparato ad amare, ma che evidenzia maggiormente l'aspetto leggero e ironico. Una serie sviluppata da Stephen J. Cannell, andata avanti per tre stagioni per un totale di 44 episodi (più uno, ma ci arriveremo) e incentrata su improbabile eroe, un uomo qualunque che ottiene per caso dei poteri e si adopera per metterli al servizio del prossimo, per risolvere casi più o meno gravi e di varia natura e spessore sociale.
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Eroe per caso
Ralph Hinkley è un insegnante della scuola pubblica che si occupa di una classe di ragazzi con problemi comportamentali. E nel corso di una escursione con i suoi studenti, Ralph resta bloccato nel deserto ed entra in contatto con una nave spaziale aliena che dà a lui e all'agente dell'FBI Bill Maxwell una valigetta contenente un costume che dona a chi lo indossa dei poteri speciali. I due si trovano quindi coinvolti in qualcosa di più grande di loro e l'agente Maxwell è deciso ad usare Ralph e le sue nuove abilità per affrontare e risolvere i casi più disparati. C'è un unico, grosso problema: nel percorso di ritorno nel mezzo del deserto, dalla valigetta è caduto un oggetto fondamentale, ovvero il libretto di istruzioni del costume. Ralph è così costretto a scoprire poco a poco quello che è in grado di fare, con tutte le conseguenze (auto)ironiche che comporta.
Il lato umano dei supereroi
Da quanto detto appare evidente come Ralph sia un supereroe sui generis, per gli anni '80 come per oggi. In primo luogo non ha un nome d'arte, agisce e basta pur con i suoi incredibili limiti. Sebbene siano vari e molteplici i poteri a sua disposizione, che poco per volta riesce a scoprire e usare, dal volo con conseguente scomposta caduta alla resistenza a proiettili, telecinesi, super velocità e vista a raggi x, la sua vera forza, quella che ce lo fa sentire vicino, che ci permette di creare con lui un legame empatico, è la sua umanità di fondo. Un aspetto voluto e cercato dal suo creatore, che sarebbe andato oltre lasciando che il suo Ralph continuasse a concentrarsi, come ad inizio serie, su casi ordinari e quotidiani come la corruzione nel campionato di baseball o un tentato omicidio, concentrandosi sui personaggi e sui difetti umani.
Al tavolo dei grandi
Ma le pressioni della nuova dirigenza ABC spinse lo show, e Ralph, ad indossare un abito che gli donava meno del costumino rosso ricevuto dagli omini verdi. Il network volle un Ralph che fosse più simile a un supereroe di serie A, vedendolo affrontare casi di portata più ampia, calamità da evitare come una guerra nucleare o, come nel caso del finale della stagione 2, una talpa del KGB adeguata al periodo della Guerra fredda, fino addirittura all'occasionale creatura mostruosa. D'altra parte la vicinanza al mondo degli eroi veri era apparsa palese da subito e la DC Comics aveva cercato di far causa ai produttori per aver copiato Superman, sebbene Ralph e le vicissitudini relative alla sua nascita come eroe lo avvicinassero più a Green Lantern, che ha ricevuto l'anello del potere da una entità aliena.
Ciononostante, questa modifica all'approccio della serie ci appare un passo troppo grande per il piccolo Ralph, eroe coraggioso e volenteroso, ma più a suo agio nel dare la sua confusa mano in situazioni ordinarie, tra e per la gente comune come lui.
Believe it or Not
Dalla prima volta in cui sono risuonate le prime note della inconfondibile sigla d'apertura (celebrata anche, nel migliore dei modi, nella serie cult Seinfeld) i Believe it or Not sono passati 35 anni, eppure Ralph Supermaxieroe continua ad avere chi lo ricorda con affetto e profonda simpatia. Merito della profonda umanità, e autoironia, che William Katt ha donato al personaggio, ai battibecchi con il collega forzato dell'FBI interpretato da Robert Culp, a quella capacità di annullare le distanze da spettatori che sentivano di poter essere come lui. A 35 anni di distanza resta un'idea valida e percorribile, a dispetto del tentativo di revival al femminile del 1986 (The Greatest American Heroine, fermatosi al solo pilot e poi aggiunto alla serie nella sua programmazione in syndication), anche nel mondo contemporaneo ricco di eroi ben più blasonati e popolari. Lo dimostra il progetto in cantiere alla FOX di un nuovo pilot per la stagione prossima, 2016/2017, che vede coinvolti i registi di The Lego Movie Chris Miller e Phil Lord. Un progetto che noi speriamo si concretizzi, perché il mondo, anche il nostro mondo, ha bisogno di eroi come Ralph, ordinari, umani, pronti a mettersi in gioco per aiutare il prossimo, nonostante tutto. Un po' come farebbe uno qualunque di noi.
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