Racconto in bianco e nero
Nel 1960 le leggi razziali Jim Crow condizionano ancora con estrema severità e ottusa determinazione la quotidianità delle donne afro-americane, mentre consuetudini sociali altrettanto rigide e desuete scandiscono con ripetitiva puntualità la vita delle ragazze di buona famiglia. Sono gli anni immediatamente successivi alla "disubbidienza" di Rosa Parks e precedenti alla rivoluzione sessuale e al movimento pacifista. Una sorta di terra di mezzo ancora popolato da donne di servizio di colore e signore bianche saldamente arroccate ai benefici acquisiti per puro diritto genetico. Immersa in questa immobilità storica, l'intera comunità di Jackson, Mississippi, non sembra accorgersi di un mondo in fermento, del lento ma costante disgregamento dei capisaldi della segregazione razziale e di un futuro pronto a utilizzare l'intelligenza femminile fuori dai rassicuranti confini domestici. Una sfida che la giovane Skeeter, di ritorno dall'Università con il sogno di diventare giornalista, è però pronta a raccogliere con l'aiuto faticosamente conquistato di Aibileen e Minny, due domestiche mosse dal coraggio di fare finalmente la cosa giusta. Così, nella rassicurante intimità dei loro incontri segreti, tra lacrime e risate le tre donne definiscono la struttura di un documento letterario che, se non capace di mutare il destino di una razza, riuscirà a creare una nuova consapevolezza femminile.
A più di quarant'anni dall'ufficializzazione dell'incostituzionalità della segregazione e a quattro dall'elezione del primo Presidente di colore, per gli Stati Uniti la tematica razziale è una questione ancora aperta. A dimostralo più di qualunque altro ambito culturale è l'industria cinematografica che, attraversando trasversalmente la Storia, ha cercato di rintracciare la voce narrante più consona all'argomento senza però raggiungere mai una completa elaborazione del problema. Così, da Il buio oltre la siepe a La lunga strada verso casa, Hollywood ha costruito una visione personale mossa dalla retorica dell'ammenda ereditata, quasi inevitabilmente, anche da The Help. Accusato di poca accuratezza storica, il film diretto da Tate Taylor e ispirato all'omonimo romanzo di Kathryn Stockett, ha conquistato il pubblico americano e ben cinque nomination ai Golden Globe, grazie ad un'emotività ben calibrata che, toccando le corde di un senso di colpa globale, nella complicità tra la bianca progressista e le nere rivoluzionarie trova la massima espressione. Nate evidentemente sotto l'influsso pacificatore dell'era obamiana votata al dialogo, le vicende personali delle colf Aibileen e Minny vengono utilizzate come lente d'ingrandimento per una narrazione più ampia che, pur non facendo nessuno sconto alla gretta ignoranza dell'epoca, offre ancora una volta all'accusato la possibilità di sollevarsi dall'infamia attraverso l'illuminata intelligenza della giovane Skeeter, raro esemplare di una razza altrimenti votata alla vessazione. Così, grazie a questo escamotage, alla rappresentazione riveduta e corretta del modello della Mamy sudista e alla scelta di un tono tendenzialmente leggero, il regista si libera parzialmente dalle incognite del dramma sociale per definire un prodotto di ottima fattura ma di scarso impatto culturale. Un'atmosfera edulcorata dal sorriso che assume, però, tutt'altro peso attraverso una lettura più particolareggiata dell'insieme. Andando oltre l'elemento razziale e la formalità applicata, si scopre un sottotesto che trova forza e valenza nella ricostruzione di un universo femminile diviso per nascita eppure unito dalla prigionia di aspettative ed obblighi sociali. In questo modo, in un mondo in cui la casta si determina attraverso il colore della pelle e la semplice appartenenza ad un sesso, serve e padrone si trovano a vivere secondo dettami imposti, ostaggi più o meno consapevoli di una struttura antica e ripetitivamente immobile. Da questa prospettiva, la relazione costruita dai personaggi interpretati da Emma Stone, Viola Davis e Octavia Spencer in The Help determina il futuro pronto ad irrompere nel presente attraverso un dialogo generazionale, culturale e personale grazie al quale mettere in discussione un ruolo che, nella semplice rappresentazione di moglie, madre e domestica, vede una limitazione da superare per aprirsi finalmente ad un mondo non subito ma progettato.
Movieplayer.it
3.0/5