Si sa che "cantar presto vittoria" in Prison Break è una cosa del tutto impossibile, ecco perché ci sembrava troppo strano credere che, nella scorsa puntata, tutto filasse liscio. Certo è che la mossa di Self è risultata del tutto imprevedibile: egli ha tradito persone alle quali aveva promesso la libertà, l'unica cosa che, parafrasando Lincoln, possa veramente interessare al gruppo di detenuti che seguiamo orami da quattro stagioni. L'ingiustizia e il complotto sono all'ordine del giorno, dovremmo esserne abituati ma, nonostante tutto, si fa fatica a digerire con facilità l'intera vicenda.
Burrows si comporta sempre più da rozzo omone senza autocontrollo, lanciando sedie e spaccando oggetti in modo da sfogare la rabbia causata da Self. Michael è in preda all'ansia e agli attacchi dovuti al tumore al cervello, ma non per questo si distrae, anzi: nell'episodio passato, mentre si trovava con i compari presso lo studio del Generale stringendo tra le mani Scylla e proponendo a Krantz la vita della figlia in cambio della fuga, aveva pensato bene di staccare un pezzo dall'oggetto tanto desiderato, rendendolo così incompleto. Sara è preoccupata e fin troppo materna nei confronti dell'amato, il quale pare non aver nessuna intenzione di farsi curare, almeno non per il momento. Sucre e Mahone fanno da sfondo, anche se il loro contributo è sempre indispensabile.
Il "bravo" Don Self, dopo aver sparato alla povera Miriam Holtz, si mette in contatto telefonico con i suoi superiori della Sicurezza Nazionale, inscenando un attacco da parte dei fratelli Scofield e Burrows. Gli agenti sono dunque costretti ad intervenire e si recano presso il magazzino nel quale la squadra si è nascosta per tutto questo tempo. Non trovano nessuno ma uno degli agenti, Stanton, riesce a mettersi in contatto con Michael, il quale prova a raccontare come stanno effettivamente le cose; è inutile dire che non viene dato molto peso alle sue parole e, anzi, tutti coloro che hanno collaborato con Self vengono accusati di duplice omicidio.
T-Bag aiuta Self a ritrovare Gretchen; egli vuole servirsi della donna per rintracciare al più presto un acquirente che sia disposto a pagare una grossa somma di denaro in cambio di Scylla. Per far sì' che la donna collabori Don pensa bene di minacciare la sorella e la piccola Emily, la figlia avuta da Krantz. Non avendo scelta Gretchen decide di assecondare la richiesta ed individua il compratore, un certo Vikan.
Gretchen conduce Self da Vikan il quale, dopo essersi dimostrato interessato allo scambio, riceve Scylla. Immediatamente egli si accorge dell'incompletezza dell'oggetto e si rifiuta di portare a termine l'affare. Anche questa volta il nostro Michael ha avuto la meglio su tutti.
La Sicurezza Nazionale non si dimostra intenzionata ad aiutare i fuggitivi, anzi, l'intenzione sarebbe quella di attuare un politica di omissione, insabbiando la faccenda. Il Senatore e Stanton fanno quindi pressione sui fratelli, chiedendo loro di confessare dove si trovino gli altri compagni. Sul più bello, però, interviene Sooter, un componente della Compagnia infiltrato tra gli agenti, il quale spara a Stanton; non va infatti dimenticato che il Generale ha mobilitato tutti gli uomini a sua disposizione per il ritrovamento di Scylla.
Il Senatore si discolpa spiegando che l'idea di insabbiare la questione era di Stanton, inoltre informa i fratelli e soci che, se il loro desiderio è quello di eliminare ogni prova dell'operazione, dovranno sbarazzarsi di un fascicolo contenuto in una ventiquattrore presente nel magazzino. I nostri amici dovranno ora decidere se scappare o meno.
Dovendo tiare le somme sui fatti fin qui accaduti, verrebbe da dire che la situazione appare un po' troppo esasperata e surreale. Certo, molte cose in queste stagioni lo sono sembrate, ma ora più che mai se ne avverte la pesantezza. L'idea di assistere nuovamente alla fuga di Scofield e Burrows, alla loro ricerca continua di giustizia e verità è un qualcosa di già visto fin troppe volte. Si spera dunque che le cose prenderanno una piega diversa, senza lasciarci, ancora una volta, con l'amaro in bocca.