Una strana coincidenza lega Barbie di Greta Gerwig e Priscilla di Sofia Coppola: oltre ad avere entrambe il nome della loro protagonista come titolo e a raccontare una storia di emancipazione e ricerca della propria identità, entrambi hanno nella colonna sonora Così parlò Zarathustra di Strauss. Gerwig l'ha usato per fare un omaggio-parodia a 2001: Odissea nello spazio di Kubrick, Coppola perché era il brano che Elvis metteva quando doveva salire sul palco. In entrambi i casi però finisce per diventare l'accompagnamento musicale della mascolinità tossica.
In sala dal 27 marzo, dopo il concorso alla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, dove la protagonista Cailee Spaeny è stata premiata con la Coppa Volpi alla migliore attrice, Priscilla è il racconto del matrimonio tra Elvis e Priscilla Presley dal punto di vista di lei.
L'autrice si è ispirata direttamente alla biografia di Priscilla: Elvis and Me, pubblicata nel 1985: "Sono rimasta molto colpita dal suo libro" ci ha detto la regista in collegamento su Zoom, proseguendo: "è una figura molto famosa della cultura americana, ma conoscevo molto poco di lei. In quelle pagine racconta in modo dettagliato come è cresciuta e dice molto delle donne di quella generazione, quella di mia madre. Molte cose sono cambiate, altre invece no. La sua esperienza mi ha molto colpito: possiamo imparare molto dalle donne che hanno vissuto prima di noi".
La storia di Priscilla come fonte d'ispirazione
La cosa che più ha colpito Coppola della sua protagonista è la forza: "Tutta la mia carriera è stata una sfida: è sempre difficile riuscire a raccontare le storie che vuoi. Lavorando a questo film, di lei mi ha colpito la sua forza nel lasciare quest'uomo così importante: se pensiamo che in quegli anni lei non fosse indipendente economicamente ma nonostante questo abbia trovato il coraggio di andarsene per la sua strada. Trovo che le donne che riescono a conquistare la propria indipendenza siano sempre una fonte di ispirazione. Oggi sicuramente c'è più consapevolezza, ma ci sono ancora tante donne che si lasciano sedurre da certi uomini per poi rendersi conto di essere in una relazione non particolarmente sana. Tendono a compiacerli ma poi si rendono conto che non è la persona giusta per loro".
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Certo, raccontare la storia di una persona che è ancora viva non è facile: "È una sfida quando si adatta la biografia di una persona vivente: si vuole essere fedeli alla verità che questa persona descrive nelle sue memorie e allo stesso tempo far emergere il proprio lato creativo. È stato un gioco di equilibrio a cui ho lavorato molto. Lei è soddisfatta del risultato. Per me è stato molto facile identificarmi in lei: Priscilla è una donna estremamente sensibile, che ha mostrato di avere una forza interiore veramente grande. Nel tentativo di trovare la propria identità e strada ha fatto un percorso non facile. Soprattutto per l'epoca. Penso che questo sia importante per tanti giovani anche oggi, a prescindere dai rapporti di forza. Mi auguro che possano identificarsi con lei".
Priscilla e i fan di Elvis
I fan duri e puri di Elvis non hanno apprezzato il film, ma per la regista non è un problema. Anzi: "Mi sono concentrata sul racconto della storia di Priscilla: non mi sono preoccupata di quella che poteva essere la reazione dei fan di Elvis. Ci sono già tanti film su di lui e, secondo me, i fan di Elvis non sono andati a vedere il mio. O comunque non gli hanno dato particolare attenzione. Sappiamo che la fondazione di Elvis non è stata particolarmente contenta del film, non lo ha sostenuto. È stata una mia scelta raccontare questo diverso punto di vista".
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Tutto il film è come una favola nera: "Ho pensato a una fiaba: per Priscilla all'inizio il rapporto con Elvis è stato come vivere una fiaba. Ha immaginato di diventare la principessa di Graceland e poi la fiaba si è sciolta: si è resa conto che la realtà era molto diversa. Il film è buio perché volevo dare una sensazione di claustrofobia".