Recensione Elefante blanco (2012)

La tecnica di Trapero non è mai stata in discussione e, come spesso accade nei suoi film, anche in questo Elefante blanco non mancano alcune sequenze che lasciano davvero senza fiato per la coraggiosa ed elegante messa in scena.

Preghiere e proteste

Due sacerdoti, una bella assistente sociale, una bidonville ai margini di Buenos Aires ed un progetto edile del vescovato per trasformare questa zona fatiscente - e con essa l'Elefante Blanco del titolo, ovvero un vecchio enorme ospedale mai completato - in un luogo che possa finalmente accogliere in modo soddisfacente tutti coloro che per il momento risiedono clandestinamente.
Il tutto ovviamente è più facile a dirsi che a farsi soprattutto quando il controllo della zona in questione è oggetto di disputa tra due diversi gruppi di narcotrafficanti, e l'influenza che i due sacerdoti possono esercitare verso i tanti giovani, che ogni giorno vengono arruolati da queste gang, sempre più limitato.

Regista tra i più importanti dell'attuale panorama sudamericano, Pablo Trapero non ama ripetersi, e pur mantenendo una buona prolificità continua a passare da un genere all'altro con estrema naturalezza. Dalla precedente opera, il thriller Carancho, Trapero porta con sé l'ottimo protagonista Ricardo Darin, vera e propria star del cinema argentino, a cui affianca ancora una volta la bella Martina Guzman (moglie e musa del regista), ma introduce questa volta un nuovo attore, il belga Jeremie Renier, a cui affida l'importante ruolo di un sacerdote più giovane la cui fede è in crisi dopo aver assistito impotente al massacro di innocenti nella giungla sudamericana.

Ispirandosi alla storia e al messaggio di Padre Carlos Mujica, un sacerdote ucciso in oscure circostanze negli anni '70 e citato in modo diretto anche dai personaggi del film, il regista e sceneggiatore parla ancora una volta della sua Argentina e della crisi, soprattutto sociale, che ha attraversato e sta ancora attraversando; ma anche della guerra, senza fine e senza possibilità di vittoria, che molti uomini e donne come i sacerdoti, i servizi sociali o i tanti volontari combattono ogni giorno contro le ingiustizie e la malavita nelle zone più disagiate del paese.

La tecnica di Trapero non è mai stata in discussione, e come spesso accade nei suoi film, anche in questo Elefante blanco non mancano alcune sequenze che lasciano davvero senza fiato per la coraggiosa ed elegante messa in scena, lunghi e complessi piani sequenza che contribuiscono a coinvolgere lo spettatore laddove la storia non riesce a farlo a causa di alcune banalità e di una caratterizzazione dei personaggi non particolarmente approfondita. Si tratta insomma dell'ennesimo discreto film di un autore a cui manca solo l'ultimo sforzo per sfondare e farsi conoscere anche al di fuori del circuito festivaliero. Purtroppo però anche questa non sembra essere la volta giusta.

Movieplayer.it

3.0/5