"Posso entrare?" chiede Trudie Styler, con grazia e cortesia, entrando nella chiesa di don Antonio Loffredo, parroco ribelle e illuminato del quartiere Sanità. Lo farà ancora, al momento di entrare in casa di alcune persone che conosce da poco. Sono questi momenti che danno il titolo al film che vi raccontiamo nella recensione di Posso entrare? An Ode to Naples di Trudie Styler, presentato alla Festa del Cinema di Roma e in uscita evento al cinema il 6, il 7 e l'8 novembre, distribuito da Luce Cinecittà.
In quel "posso entrare?" c'è tutto l'approccio di Trudie Styler nei confronti di una città che vuole raccontare da "straniera", ma con tutto il rispetto possibile per i luoghi e le persone che racconta. È un voler entrare in punta di piedi, il voler mettersi in un angolo e ascoltare, partecipare, entrare in empatia con chi la accolta. Ne esce un ritratto bellissimo di Napoli, città antica, che nei secoli non è mai cambiata, e allo stesso tempo nuova. Perché tutte le storie che abbiamo ascoltato ci mostrano una Napoli che reagisce contro il destino di essere la città della criminalità. Ai napoletani il film è piaciuto. E questo vuol dire molto.
Le storie di Antonio Loffredo, Francesco Di Leva, Roberto Saviano, Jorit
Trudie Styler dice che ama perdersi per la città, e muoversi senza mappe, per venire accompagnata dalle persone dove deve andare. Vuole raccontare soprattutto la Napoli che rinasce, che si crea da sola le opportunità, che vuole trovare una strada che non sia quella della criminalità. Incontra così don Antonio Loffredo, parroco del quartiere Sanità, che apre la sua chiesa ai ragazzi e la fa diventare quello di cui hanno bisogno: un teatro, un cinema, una palestra per la boxe. E poi l'attore Francesco Di Leva che fonda il Teatro NEST a San Giovanni a Teduccio, recuperando un vecchio edificio e facendolo diventare un palcoscenico, scegliendo di restare invece di andarsene. Roberto Saviano, che invece è stato costretto all'esilio, confessa alla regista che forse, adesso, farebbe le cose in modo diverso. L'artista Jorit è un altro che ha deciso di restare, e rendere bello con l'arte il proprio quartiere. E poi ci sono Antonio e Nora, con i loro racconti della seconda guerra mondiale.
Se vuoi salvarti devi essere contento di farlo
Curzio Malaparte diceva che Napoli è l'ultima delle città antiche, per le sue strutture urbanistiche e architettoniche e per i modi di essere delle persone. Tutte le grandi città antiche sono cambiate, ma Napoli no. Ma dall'altra parte, Napoli da qualche tempo ci sembra una città nuova, che ha deciso di rinascere, di rimboccarsi le maniche e di cambiare quella narrazione che la vedeva come la città della Camorra. "Se vuoi salvarti devi essere contento di farlo", dice don Antonio, che lascia la sua chiesa aperta, ma non forza nessuno ad entrare. I ragazzi che si sporcavano le mani con la cocaina oggi se le sporcano con la farina per fare la pizza. La bambina che era la figlia di una vittima della Camorra oggi è consigliere comunale anche in nome della mamma che non c'è più. Così la Napoli di Posso entrare? An ode to Naples è una città che guarda in due direzioni, passato e futuro. Come quella bellissima e misteriosa figura dell'Obelisco dell'Immacolata che, secondo le leggende, è bifronte: da un lato il viso dolce e protettivo della Madonna, dall'altro un saio e una falce che rappresentano la morte.
Sono i cattivi che se ne devono andare
E la dicotomia di Napoli oggi è anche il contrasto tra l'andarsene e il restare. Roberto Saviano, che ad andarsene è stato costretto, parla di esilio. E racconta di come, altrove, si è impegnato a rinascere, a continuare a combattere. Ma ammette anche - ed è la prima volta che lo sentiamo dire - che arriva un momento in cui capisci che hai dato, e che tornando indietro farebbe le cose in modo diverso. Per contro c'è Francesco Di Leva, attore oggi noto, che ad andarsene ci ha pensato, ma poi ha cambiato idea. "Non devi scappare. Sono i cattivi che se ne devono andare". E l'artista Jorit, che i suoi murales ha deciso di dipingerli sui grandi palazzi del suo quartiere, portando il colore dove c'era il grigio, e l'icona di Diego Armando Maradona accanto alle figure dei bambini. Perché Diego diceva "io voglio essere l'eroe dei bambini napoletani perché io ero come loro nei quartieri di Buenos Aires".
Sting canta Fragile davanti ai detenuti
Posso entrare? An Ode To Naples è un racconto dei racconti, una serie di storie di rinascita e rigenerazione. E tra queste storie ci sta benissimo l'esibizione di Sting che canta Fragile davanti ai detenuti nel cortile del carcere con una chitarra che è ricavata dal legno di una barca arrivata a Lampedusa trasportando dei rifugiati. Quella barca non è andata perduta, ma a quel legno è stata data la possibilità di rinascere, di avere una seconda vita, di creare arte. E allora anche una canzone come Fragile acquista un significato tutto nuovo. E rappresenta uno dei picchi emotivi di un film che di emozioni ne ha tantissime. "Per tutti coloro nati sotto una stella arrabbiata, affinché non dimentichino la nostra fragilità".
Conclusioni
Come abbiamo scritto nella recensione di Posso entrare? An Ode To Naples, si tratta di un ritratto bellissimo di Napoli, città antica, che nei secoli non è mai cambiata, e allo stesso tempo nuova. Perché tutte le storie che abbiamo ascoltato ci mostrano una Napoli che reagisce contro il destino di essere la città della criminalità. Ai napoletani il film è piaciuto. E questo vuol dire molto.
Perché ci piace
- La bellezza di Napoli e delle sue storie.
- La profondità degli intervistati e l'empatia che si instaura con Trudie Styler.
- Il tocco della regista, un entrare in punta di piedi nelle vite delle persone.
- L'esibizione di Sting con Fragile...
Cosa non va
- ... che fa venire voglia di ascoltare ancora l'artista.