Lo hype creato da un film come Posh è in parte sorprendente. Se è vero, infatti, che il film di Lone Scherfig si giova della presenza di tre interpreti amati dai giovanissimi, come Max Irons, Sam Claflin e Douglas Booth, è anche vero che non siamo di fronte a un mero teen movie. Al contrario, il film della Scherfig, tratto da una pièce teatrale di Laura Wade, è un thriller drammatico, che prende le gradevoli facce dei suoi protagonisti per gettarle in un contesto (quello di un esclusivo club studentesco) che è invece tutt'altro che gradevole. Un ambiente che, nel film, viene rappresentato come approdo seducente, magnetico ma anche pericoloso: gli iniziali tratti goliardici delle pratiche del Riot Club (che dà il titolo originale al film) si riveleranno, nel corso di una cena molto particolare, qualcosa di ben più inquietante.
Dopo il bagno di folla che ieri ha accompagnato il loro arrivo nella Capitale, con i fans intervenuti a frotte all'incontro tenutosi alla Coin di San Giovanni (con tanto di firma di autografi) i tre attori ci hanno parlato un po' della genesi del film e del loro coinvolgimento in esso; spaziando, inoltre, su altri aspetti delle loro già ben avviate carriere, con un occhio ai progetti futuri. Con loro, il produttore Peter Czernin, che ha approfondito alcuni degli aspetti legati all'adattamento del testo teatrale, e al radicamento della storia nella realtà di alcuni club studenteschi britannici.
Gioventù (borghese) bruciata
Voi siete coetanei dei protagonisti. Cosa ne pensate di questo tipo di gioventù? Può essere davvero invidiata?
Douglas Booth: Io la trovo inquietante, mi spaventa. Quando abbiamo letto la sceneggiatura, ci siamo chiesti se davvero queste persone esistessero. Poi siamo andati in giro e li abbiamo incontrati, e abbiamo riscontrato che sì, esistono questi comportamenti. Non credo i personaggi siano invidiabili, anche se credo sia facile essere sedotti dal glamour dei loro comportamenti. Ma non ne vengono fuori bene.
Sam Claflin: Penso che il loro stile di vita, fatto di eccessi, possa essere percepito come invidiabile. Il mio personaggio, infatti, a un certo punto dice "io credo che tu vorresti essere me: tu mi ami". Il film vuole attirare il pubblico, suscitare proprio questo sentimento di invidia, per poi fargli vedere chi sono realmente questi personaggi. Alla fine, vanno troppo in là con quello che hanno, abusano del loro potere: a me, certo, non piacerebbe fare parte di qualcosa del genere.
Max Irons: E' importante non dare giudizi. Il nostro compito è stato quello di attingere da quello che un'appartenenza del genere può offrire. Bisogna essere onesti con se stessi, e ammettere quanto possa tentare l'idea di far parte di questo gruppo. E' qualcosa che consente di cambiare la propria vita, di avere molte cose. Potrebbe suscitare invidia, certo, d'altronde parliamo della natura umana, e la natura umana è questa. Da parte nostra, però, sicuramente di invidia non ce n'è: non dopo aver conosciuto i personaggi del film.
Douglas Booth, in cosa somiglia al suo personaggio, e in cosa invece se ne differenzia?
Douglas Booth: Me ne differenzio in tutto, tranne il fatto che l'aspetto è lo stesso! Un personaggio così sgradevole è difficile da interpretare: penso comunque sia importante non dare giudizi. La regista ci invitava a evitare proprio questo, a non giudicare i personaggi: anzi, ci ha un po' imbrogliati dicendoci che sarebbe stato divertente, per non farci irrigidire in giudizi. In un certo senso, ci ha fatto innamorare dei nostri personaggi. Lo scopo era esprimerli al meglio, tirando fuori tutto: poi, magari, alla fine della giornata ti veniva voglia di lavarti le mani, perché ti sentivi sporco. Laura Wade ci ha fatti andare a Eton, che è il top della scuola secondaria: era frequentata da figli della upper class, di primi ministri e politici: lì, ho visto un ragazzino di 18 anni che era il presidente di questo club, e mi sono stupito perché era vestito di tutto punto. È da luoghi come questi che viene davvero fuori l'atteggiamento elitario.
Irons, lei invece ha qualche punto in comune col suo personaggio?
Max Irons: La prima differenza tra me e lui è che io non sono mai stato in nessun club, e non vorrei mai averci a che fare. D'altra parte, però, come attore devi cercare di attingere a ciò che senti di affine del personaggio, senza giudicare. In un certo senso, devi simpatizzare col personaggio. Il peccato di Miles è il suo lasciarsi tentare da questo "tavolo" di persone importanti: questo succede spesso nella vita, ti vengono offerte delle cose gratuitamente, e tu non ti fai domande.
Dal palcoscenico allo schermo
Rispetto allo spettacolo teatrale, qui viene aggiunto il personaggio femminile. Come mai questa scelta?
Peter Czernin: Quando abbiamo deciso di adattare la storia per il cinema, ci è sembrato importante avere una regista donna a dirigere una storia così maschile, incentrata su un universo mascolino; ci è sembrato utile avere uno sguardo femminile, oltretutto che non fosse inglese. La regia di Lone poteva dare una prospettiva differente, un altro punto di vista. Era però importante anche equilibrare il tutto con un personaggio femminile: quest'ultimo non solo riflette l'ottica di uno studente "normale", ma è anche un elemento drammatico molto importante.
Avete visto la versione teatrale? Ognuno di voi ha fatto aggiustamenti nei rispettivi personaggi?
Douglas Booth: Sì, ho visto la versione West End. Era brillante, ed era interessante iniziasse direttamente nella sala da pranzo: eri lanciato subito nel loro mondo di disgusto. Nel film, invece, c'è più modo di entrare nella vita dei personaggi, conoscere il luogo da dove vengono, chi siano realmente. Non ricordavo benissimo il corrispettivo teatrale del mio personaggio: la mia fonte principale è stata la sceneggiatura, l'ho costruito partendo dal fondo, per poi risalire.
Max Irons: Non l'ho vista, ma so che il mio personaggio è stato interpretato da Kit Harington, il Jon Snow de Il trono di spade: quindi è una fortuna che io non l'abbia visto, perché sarebbe stato un incubo. Laura ha costruito i personaggi così bene, in modo così personale, senza cliché, che avevamo tutto il materiale che serviva. Non credo che sarebbe stato così utile guardare qualcun altro interpretare il personaggio, oltretutto su un medium diverso.
Peter Czernin: I personaggi di Max e Sam sono cambiati molto, dal teatro allo schermo: il personaggio di Max doveva essere occhi e orecchie del pubblico, farlo entrare lentamente nella storia.
Realtà e rappresentazioni
Peter Czernin, si dice il club sia ispirato a un famoso club inglese a cui ha appartenuto David Cameron. Quest'ultimo ha visto il film?
Peter Czernin: Penso che lui sia stato occupato con cose leggermente più importanti, come il referendum sull'indipendenza scozzese o la situazione in Siria: non so se abbia avuto tempo di vedere il film. Questo tipo di club, comunque, esistono un po' ovunque, in giro per l'America, l'Inghilterra e gli altri paesi. Il crimine non è essere posh, o far parte di un club, o in generale dell'upper class. Il crimine è semmai essere arroganti o presuntuosi, approfittare di questa appartenenza, abbandonarsi a comportamenti estremi. Laura Wade, per scrivere la storia, ha cercato club simili, e ne esistono: il confronto con quello di cui ha fatto parte Cameron, però, è venuto dalla stampa.
Credete che nei veri club studenteschi, a cui il film in parte si ispira, si possano raggiungere picchi di violenza simili?
Sam Claflin: Credo che cose del genere succedano ovunque, tutti i giorni. Succedono nei club, e anche nelle bande giovanili, se parliamo di classi sociali più povere. Ciò che è interessante, in questo film, è che apre la porta ed esplora personaggi che di solito riescono a nascondersi: il film dice chiaramente che, se a commettere quello che vediamo fossero stati dei ragazzini di zone degradate di Londra, sarebbero stati subito arrestati e condannati per tentato omicidio. Loro, invece, hanno amici altolocati, e in qualche modo riescono a farla franca.
Qual è stata la scena più divertente, e quale quella più difficile?
Sam Clafin: Quella più divertente è stata senz'altro quando abbiamo distrutto la stanza! Dei ragazzi come noi, non aspettano altro che gli si dia il campo da gioco libero per una scena del genere. Abbiamo fatto finta di essere ubriachi, e già questo è stato divertente, e lo è stato anche vedere gli altri che fingevano. Quella più difficile, invece, è stata quella in cui ci confrontiamo con Holliday Grainger: è stato sgradevole recitarla, mi ha dato una strana sensazione, quasi di sentirmi sporco. Mi sembrava come di aver fatto qualcosa di negativo.
L'evento e la popolarità
Il film è già un evento, su Twitter è diventato trending topic, ieri c'è stato un bagno di folla, prima ancora dell'uscita nelle sale. Perché, secondo voi?
Douglas Booth: Non ce lo aspettavamo, ci ha fatto anche sentire molto umili... c'era così tanta energia, e così tante ragazze! Perché è diventato trending topic su Twitter? Sinceramente, non saprei spiegarlo.
Sam Claflin: Ho promesso a tutti vacanze gratis, se ne avessero parlato su Twitter! Scherzi a parte, non ne ho idea. Forse pensavano noi fossimo gli One Direction! A Roma, che è una bellissima città, abbiamo visto che i fan sono molto appassionati. Il minimo che potessimo fare era presentarci davanti a loro; è vero, è un'esperienza che ti fa anche sentire umile.
Max Irons: Non seguo Twitter quindi non so neanche cosa voglia dire trending topic... immagino sia una cosa positiva, comunque. Trovo sia molto bella questa popolarità, comunque: credo ciò possa spingere i ragazzi a vedere un film diverso dagli altri. Non è il classico film di supereroi, o l'episodio di un franchise: è un film che parla dell'iniquità della società. Spero ciò aiuti i ragazzi a riflettere.
Sam Claflin, lei ha ottenuto una grande popolarità, già a partire dalla saga di Hunger Games. Come la sta vivendo?
Sam Claflin: Non mi sento molto popolare, a dire il vero. Ciò che abbiamo vissuto ieri qui a Roma è stato travolgente: non ce lo saremmo mai aspettati. C'è una grande differenza tra un lavoro del genere e quello per Hunger Games: qui volevo fare qualcosa di molto più reale, viscerale e oscuro. Volevo esplorare un'altra parte della recitazione, e insieme un'altra parte di me.
Max Irons, suo padre Jeremy Irons è un'icona cinematografica. Ha già visto il film? Se sì, cosa ne ha pensato?
Max Irons: Temo stia lavorando, in questo periodo, non credo l'abbia ancora visto. Lui mi ha dato molto supporto, comunque: è stato contento che abbia fatto un film in grado di fare la differenza nella mia carriera, e anche tale da offrire uno sguardo su certi lati della società. Spero però che non venga alla prima di stasera: sarebbe un incubo.
Le basi e il futuro
Douglas, come definirebbe, attualmente, la sua carriera?
Douglas Booth: Direi che sono ancora nella fase baby, nel primo step della mia carriera. Ho solo 22 anni, e sto cercando di fare in modo che il mio lavoro sia interessante. Spero di continuare a lavorare con persone valide, e che continuino ad offrirmi parti interessanti.
Insieme a Sam Claflin aveva già fatto I pilastri della Terra. Com'è stato ritrovarvi dopo tutto questo tempo?
Douglas Booth: All'epoca avevo solo 16 anni e apparivo solo in tre scene. Ero al mio secondo lavoro, mentre lui era al primo. In generale, è davvero bello tornare a lavorare con le stesse persone: il cinema può essere un lavoro davvero duro, uno sforzo di squadra, che crea un rapporto di vicinanza e un clima familiare. Questo clima, alla fine delle riprese, viene interrotto bruscamente: per questo è bello riuscire a riallacciarlo.
Claflin, tra poco apparirà sullo schermo in #ScrivimiAncora, una commedia romantica. Ci sono altri film del genere, nel suo futuro?
Sam Claflin: Il genere romantico è tra i miei preferiti, mi piace amare e mi piace piangere. È bello il contrasto tra il personaggio di #ScrivimiAncora e quello che interpreto qui: qui la gente mi odia, lì mi amerà. Prossimamente reciterò in Me Before You, un'altra storia romantica, ma non una commedia: è una storia bellissima, molto drammatica. Per il resto, mi sto muovendo in modo selettivo, non lavoro solo per lavorare: voglio che siano buoni progetti, portati avanti da persone valide. Quest'anno ho fatto quattro film, tutti di un certo rilievo, quindi sono stato fortunato. Mi piace sperimentare e provare varie strade.
Irons, lei come sceglie i suoi progetti?
Max Irons: All'inizio non avevo criteri precisi per la scelta dei ruoli: noi abbiamo un'espressione che dice che "il mendicante non può fare lo specioso". Guardando le carriere dei grandi, però, ti rendi conto che loro hanno gettato le basi fin dall'inizio per i loro progetti successivi, con scelte valide. Quindi, ora penso sia importante lavorare con persone valide, su progetti altrettanto validi.
Con quale regista le piacerebbe lavorare?
Max Irons: Se potessi tornare indietro, assolutamente Stanley Kubrick: purtroppo, però, arrivo un po' tardi. Tra i registi attuali, direi Martin McDonagh.
Come spettatore, che tipo di film le piace vedere?
Max Irons: Principalmente i film sulla guerra fredda, i film politici, e quelli con i sottomarini. In generale, direi i film in cui la scrittura è buona: mi piacciono molto, per fare qualche esempio, Chi ha paura di Virginia Woolf?, Festen - Festa in famiglia, e Lei.