PlayerZ, parlano i registi: “Abbiamo provato a raccontare le emozioni dei giovani”

L'intervista a Matteo Branciamore e Giorgio Croce Nanni, registi di PlayerZ, la sit-com sul mondo dei gamer disponibile su Got Game.

Due vicini di casa, Marco e Ludovico, una mansarda arredata in stile nerd, uno schermo. Questo basta a PlayerZ per raccontare il mondo dei gamer e degli streamer, per tratteggiare una passione che coinvolge tanti giovani che impiegano il loro tempo immersi nel mondo dei videogiochi, che sia un'attività privata e tenuta al sicuro delle proprie abitazioni o resa pubblica dalla condivisione del gameplay in streaming. Ed è proprio l'apertura di un canale Twitch l'obbiettivo dei due protagonisti, un lancio che continuano a posticipare, pur continuando ad alimentare la propria passione e giocane. E mentre giocano parlano, litigano, condividono pensieri ed emozioni.

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PlayerZ: un'immagine della serie

Di questo parla PlayerZ, che è impostata come una sit-com classica, con la camera fissa che coincide con il punto di vista dello schermo e una durata per episodio di circa cinque minuti. Dieci episodi, dieci pillole pubblicate dal 10 aprile su Got Game, il canale dedicato al gaming, che ci fanno assaporare la vita di questi due giovani protagonisti (Marco ha 17 anni, mentre Ludovico ne ha 21) e il mondo del gioco attorno al quale ruotano le loro vite. Ne abbiamo parlato con i due autori Matteo Branciamore e Giorgio Croce Nanni, che ci hanno illustrato il lavoro fatto per portare PlayerZ su schermo.

Come nasce PlayerZ?

"Ero un giocatore, lo sono ancora" ci ha detto Matteo Branciamore raccontando la nascita dell'idea alla base di PlayerZ, un germe che risale a dieci anni fa, a quando giocando con altri amici ha notato dinamiche su cui poter lavorare: "ogni volta che mi estraniavo, notavo che mettendosi dal punto di vista della tv e osservando il divano si vedeva uno scenario interessante, che era intrattenimento puro. E ho pensato che sarebbe stato bello fare una serie sui giocatori di videogame." Uno spunto vago che è rimasto lì in attesa per una decina d'anni, finché tutti i pezzi non sono andati a posto e si è creata l'occasione di farla diventare qualcosa di concreto, grazie alla collaborazione autoriale con Giorgio Croce Nanni, la nascita di un canale tematico pensato per gamers come Got Game, di cui PlayerZ è la prima produzione originale e va ad affiancarsi agli anime proposti e la serie con Danny Trejo, e altri incastri che hanno fatto sì che la produzione venisse a galla ora.

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PlayerZ: i registi sul set in un'immagine della serie

Dieci anni in cui, però, il mondo è cambiato: "Dieci anni in ambito tecnologico sono sette ere geologiche, un periodo in cui noi che eravamo i maggiori utenti di questa serie siamo diventati Boomer" ha aggiunto Giorgio Croce Nanni, "ci siamo trovati a raccontare una realtà completamente diversa: l'amore per i videogiochi ci accomuna tutti, ma un conto è essere il quarantenne che gioca, un conto il diciottenne che oggi è su un altro tipo di registro, di linguaggio, di intenzioni ed emozioni." Perché per quel pubblico, che è il target ideale di PlayerZ, il gioco è una dimensione completamente diversa.

La scrittura e la sfida

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PlayerZ: un'immagine della serie

"La sfida maggiore" ha detto ancora Giorgio Croce Nanni, "è stata adattare la nostra età al mondo che andavamo a raccontare. In fase di scrittura avevamo un Boomer Alert e ogni volta che scrivevamo una battuta, c'era il terrore di scrivere qualcosa che faceva ridere noi ma non fosse adatto ai giovani giocatori." Lo ha confermato Branciamore, che ha spiegato come "il nostro punto di riferimento sono gli anni '80, quindi sono tutte citazioni che andavamo a eliminare. Una cosa un po' triste, ma doverosa per il pubblico di riferimento." Un pubblico che segue con passione in mondo dello streaming e "piattaforme che non erano neanche in embrione quando abbiamo iniziato a pensare a questa idea. Una sfida grossa è stata quella di adattarci ai tempi che sono cambiati nel frattempo, nonostante l'argomento alla fine sia sempre quello."

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PlayerZ: un'immagine della serie

Un tempo che influisce anche sul linguaggio, con uno slang giovanile e di settore che "cambia nel giro di sei mesi" e termini che ti fanno "sembrare già vecchio anche solo se li usi" ed è su questo che ci si è concentrati molto in fase di scrittura, pur senza esagerare troppo da questo punto di vista, perché "PlayerZ non è un documentario sui giovani d'oggi e su come giocano i giovani d'oggi". Lo ha spiegato bene Giorgio Croce Nanni, che ha sottolineato come abbiano "abbandonato l'idea di raccontare in maniera realistica quel mondo, perché avremmo fallito. Abbiamo cercato di riprendere le emozioni che avevamo noi a quell'età, quella voglia di rinchiudersi per ore davanti a uno schermo e giocare, con tutto quello che minava questo desiderio a rappresentare un nemico. Un'età in cui cerchi di fuggire ai doveri. Abbiamo provato a raccontare le emozioni."

Il formato della sit-com e la difficoltà per il cast

Pur nella durata ridotta, PlayerZ è impostato come una sit-com all'americana, con tanto di risate in sottofondo. "Ci siamo rifatti al nostro gusto" ha spiegato Matteo Branciamore, "The Big Bang Theory per noi è un dio dell'intrattenimento di questo tipo, anche se noi siamo su camera fissa mentre loro lavoravano di solito con tre camere." Esigenze di costi, ma anche artistica, che ha rappresentato una difficoltà per il cast, che ha dovuto lavorare su mini piani-sequenza_" con il rischio di ripetere la scena tante volte. Dovevano essere tutti bravi, tutti giusti, anche perché con camera fissa il ritmo lo danno solo gli attori e quello che accade in scena, senza poterti affidare a un montaggio serrato."_

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PlayerZ: un'immagine della serie

Una sofferenza per Giorgio Croce Nanni, che parte da una posizione di montatore e ha potuto intervenire poco sul girato, ma non ha mancato di fare i complimenti al cast: "il montaggio è stato fatto tutto tramite la recitazione e la difficoltà per loro era tripla per attori che sono tutti emergenti. Abbiamo puntato alto sulla recitazione e direzione degli attori." Un lavoro iniziato ovviamente in fase di casting: "Noi avevamo bisogno di due animali da palcoscenico" ha spiegato Matteo Branciamore, "due attori che devono risultare interessanti anche se non fanno niente. Cercavamo la freschezza, volevamo che si divertissimo e fossero amici già dal primo momento, con quell'alchimia e capacità di improvvisare. Sbagliare i protagonisti, sarebbe stato sbagliare tutto il progetto."

Il punto di vista familiare

Camera fissa, dal punto di vista della console e della tv. "Un punto di vista familiare per la tematica che andavamo ad affrontare" ha spiegato Giorgio Croce Nanni, facendo riferimento al mondo degli streamer e sottolineando come anche la nostra conversazione si stava svolgendo proprio in quel modo. "È un punto di vista naturale se devi raccontare due ragazzi che sono davanti allo schermo dalla mattina alla sera. Aggiunge un elemento di realismo e familiarità in più allo spettatore." Un punto di vista che rende importante anche il lavoro sulla scenografia, sulla tana dei due protagonisti. "La scenografia è nata in diretta conseguenza della location scelta, già di per sé la tana di un creativo" ha spiegato Croce Nanni, "il nostro scenografo si è sbizzarrito a cercare degli elementi che creassero un effetto colorato, che spaccasse dal punto di vista visivo con richiami al mondo del gaming."

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PlayerZ: un'immagine della serie

Un effetto cercato anche con "punti di luce nella scenografia" che danno il meglio di sé nelle scene con ambientazione notturna e valorizzano i props usati. "Abbiamo attinto anche a materiale personale" ha detto ancora Croce Nanni, "ho portato anche dei Funko Pop da casa mia, per mettere insieme una proposta trasversale di cultura pop" quindi andando oltre quelle suggestioni più vicine all'età dei protagonisti, visto che "oggi è tutto collegato". Con il rammarico di aver lasciato fuori Emilio, il robot amatissimo negli anni '80, che sarebbe stato non riconoscibile e, soprattutto, "troppo boomer".

Guardare al passato, parlare al presente

La questione Emilio ci ha permesso di ragionare sulla difficoltà di attingere alle suggestioni del passato, un qualcosa che Stranger Things ha fatto con successo dando il via al revival che abbiamo vissuto e in parte stiamo ancora vivendo. "Loro sono stati dei geni" ha detto Matteo Branciamore, "perché hanno trovato la chiave di lettura giusta per unire quel mondo al racconto comprensibile al pubblico di oggi." Un citazionismo "oggi un po' abusato" che i Duffer Brothers hanno avuto il merito di lanciare. Ma un'ulteriore difficoltà nell'immergersi nel presente è stata il non poter citazioni titoli e brand per questioni di copyright, una limitazione che sperano di non avere per il futuro della serie e che hanno aggirato il modo creativo e sottile. "Abbiamo fatto di necessità virtù" ha detto Branciamore, sottolineando come i limiti stimolino la creatività. Un punto di partenza per arrivare a parlare di classici del cinema, di come i vincoli produttivi abbiano portato a volte a grandi cult, mentre la libertà può essere controproducente in molti casi.

Ma al passato siamo tornati anche parlando di giochi, tra Matteo che sta giocando a Crash Bandicoot 4, che gli ricorda sensazioni del passato, e GTA, a cui Giorgio continua a tornare, fino ad arrivare al recente annuncio di un Ritorno a Monkey Island che tutti noi non possiamo che aspettare con ansia.