Tre anni dopo il suo Un attimo sospesi Peter Marcias, originario di Oristano, classe 1977, torna nella sua Sardegna per I bambini della sua vita, una pellicola autoprodotta e ambientata a Cagliari. In occasione dell'uscita del film, abbiamo intervistato il regista per parlare con lui del suo ultimo progetto, scritto da Marco Porru e ultimato nonostante i momenti di sconforto dovuti a difficoltà produttive. Con Marcias abbiamo parlato anche delle location del film e di alcune tematiche sociali che la pellicola affronta.
Peter, il passato sembra essere una componente fondamentale nella storia del tuo ultimo film. Considerato che la lavorazione de I bambini della sua vita è coincisa con un tuo ritorno a Cagliari, verrebbe da chiedersi se c'è qualcosa di autobiografico, nel tuo ultimo lavoro.
Mi sono innamorato delle sceneggiatura di Marco Porru che raccontava persone e luoghi della mia infanzia a Cagliari. Grazie anche al grande scenografo Osvaldo Desideri sono partito a fare dei sopraluoghi che si sono rivelati decisivi per iniziare la lavorazione. Ho riscoperto con lui vicoli della città e soprattutto locations importanti come l'ex Manifattura Tabacchi, una "cinecittà sarda"
Ho lavorato molto al casting ma avevo le idee precise su tutti. Julien Alluguette l'ho visto a Parigi in uno spettacolo teatrale, ho apprezzato la sua professionalità. Con Piera Degli Esposti invece è stato un grande onore, è una attrice stimolante, soprattutto intelligente che offre spunti per arricchire il personaggio. Lei poi era felicissima di girare a Cagliari, una città che ama.
Per questo tuo progetto hai avuto il sostegno di diversi enti regionali sardi, tra cui SardegnaTurismo. In che maniera queste collaborazioni hanno condizionato il tuo modo di raccontare la città di Cagliari? Ci sono state richieste specifiche, o si sono affidati alla tua visione?
Se devo essere sincero "il sostegno" è stato poco da parte delle istituzioni locali, a parte l'agenzia regionale Sardegna Promozione. Il film è indipendente e autoprodotto, anzi ciò che è venuto "alla luce" è grazie alla troupe, il direttore della fotografia e gli attori. E' stato difficile girare e finire il film, e non voglio negare momenti di grande sconforto a causa di problemi produttivi... quasi un'epopea. E con tutto ciò esce fuori anche un'altra grande protagonista: la città di Cagliari.
I cagliaritani hanno collaborato in modo attivo alle riprese? Com'è stato accolto il set del film in città?
Anche in questo film, come nel precedente Un attimo sospesi, hai scelto di raccontare le storie di più personaggi. In che modo nascono queste storie, e come le avete sviluppate tu e lo sceneggiatore, Marco Porru?
Io adoro i film con tanti personaggi, qui la sceneggiatura di Marco Porru era di "ferro", abbastanza blindata, però in fase di realizzazione abbiamo trovato dei compromessi. C'era da parte mia un grande amore per la sua storia, che era nelle mie corde. Abbiamo fatto un lungo lavoro di documentazione su certe tematiche sociali presenti nella pellicola.
Hai realizzato un documentario dal titolo Ma la Spagna non era cattolica? dedicato al dibattito sulle unioni omosessuali, che ha avuto anche molto successo in ambito festivaliero. Intendi tornare a breve su tematiche simili, o affrontare altre questioni politiche?
In realtà anche in questo film si parla di omosessualità, soprattutto di istinto paterno da parte del personaggio di Julien. È doveroso dire che ho tenuto la trama "top secret", ma nel film si parla anche del rapporto con la chiesa/omosessualità con risvolti molto drammatici. E soprattutto curiosi e "colorati" come un cartoon. Ma è tutto da vedere perché c'è un bel colpo di scena.