La chiave del documentario fortemente voluto dalla presidente del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani Cristiana Paternò sta nel suo titolo. Passione critica è un progetto del cuore, fruibile sia dagli addetti ai lavori che dai semplici cinefili e da chi è almeno un po' curioso di conoscere i meccanismi che regolano il mestiere del critico. Il passo rapido valorizza il film nato dal lavoro certosino di Simone Isola, Franco Montini e Patrizia Pistagnesi, che hanno accostato materiali di repertorio a interviste a critici e a registi di oggi e di ieri condensando oltre 50 anni di storia del SNCCI fin dal lontano 1971, anno della sua fondazione.
La necessità di ribadire la distinzione tra giornalismo di costume e critica in un'epoca di sconvolgimenti sociali e messa in discussione dei modelli culturali tradizionali è la molla alla base della nascita del SNCCI, ma la storia del Sindacato, accennata a grandi linee per poi concentrarsi su tematiche più universali, è l'espediente per una più ampia riflessione sullo stato di salute della cultura italiana di cui il cinema rappresenta un ingrediente importante e dal passato prestigioso.
Essere o non essere (critici)
Da Bruno Torri ad Adriano Aprà, da Laura Delli Colli a Piera Detassis passando per Paolo Mereghetti, Fabio Ferzetti, il direttore della storica Mostra del Cinema di Pesaro Pedro Armocida e i direttori di Venezia Alberto Barbera - che rievoca la brusca rottura tra il Sindacato e la Biennale di Venezia, poi faticosamente ricomposta - e Locarno Giona Nazzaro, fino alle nuove leve come Raffaele Meale, tutti gli intervistati condividono la loro visione del mestiere tratteggiandone evoluzioni, involuzioni e problematiche passate e presenti. Il film si apre provocatoriamente con una dichiarazione in cui, confessando la sua ostilità nei confronti della critica, Carmelo Bene sostiene che tra i tanti mestieri che i bambini sognano di fare da grandi non compare il critico cinematografico.
Tra i vari pregi di Passione critica vi è questa capacità di autocritica in cui qualsiasi forma di autocompiacimento che potrebbe trapelare da alcune dichiarazioni viene prontamente "fustigata" dallo sguardo dei registi, pronti a controbilanciare con disincantate analisi delle varie problematiche gli aspetti glamour del mestiere. Per non parlare delle dichiarazioni di autori come il focoso Marco Bellocchio, che ammette candidamente il suo rapporto di odio-amore nei confronti della critica. Come ribadisce Alberto Barbera, il buon critico dovrebbe mettere in relazione il lavoro dei registi col pubblico. Quanti ci riescono oggi?
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Critici e registi: un'amicizia possibile?
Se la stagione della Nouvelle Vague, ricordata non senza un pizzico di nostalgia, ci regalava una manciata di cineasti che provenivano dalla felice esperienza critica dei Cahier du Cinéma, il rapporto tra registi e critici è tutt'altro che risolto. Autori come Daniele Vicari sono debitori della formazione teorica di un pilastro come Guido Aristarco e del suo Cinema Nuovo, Liliana Cavani ringrazia il sostegno critico nei confronti de Il portiere di notte e la sua battaglia con la censura e Pupi Avati riconosce l'importanza della critica nel momento in cui è capace di far scoprire agli autori qualcosa di nuovo nella loro opera. Dall'altro lato della barricata, Wilma Labate chiarisce di non amare particolarmente la critica, soprattutto quando mette in discussione il suo lavoro, concetto ribadito da Paolo Virzì, mentre Gabriele Muccino va addirittura oltre condannando gli attacchi personali e il livore di certa critica di nicchia, pronta a bersagliare gli autori con attacchi ad personam.
La critica al tempo dei social media
Se Paolo Mereghetti e Fabio Ferzetti sviscerano il concetto della giusta distanza tra critici e cineasti, mettendo in guardia sui rischi di un rapporto di amicizia troppo stretto, un altro filone di riflessione si concentra su temi ben più contemporanei, come gli stravolgimenti attraversati dal settore dopo l'avvento del web e delle riviste on line, l'influenza dei social media e la trasformazione del lavoro del critico di fronte a questo tipo di sollecitazioni. Non manca neppure un commento sulla qualità del cinema italiano contemporaneo da parte dello stesso Barbera, che boccia le strategie di certa critica pronta a parlar bene anche là dove il prodotto risulti qualitativamente scadente.
Tante riflessioni abilmente organizzate grazie a un intelligente accostamento di una pluralità di voci. Passione critica va a colmare un vuoto nel panorama del documentario italiano, facendo finire per una volta la critica stessa davanti all'obiettivo. E fornendo al tempo la possibilità di riflettere sul passato per gettare i semi di un futuro più consapevole.
Conclusioni
I critici cinematografici per una volta sotto i riflettori in Passione critica, documentario che trae spunto dalla celebrazione della storia del SNCCI per una più ampia riflessione sul mestiere del critico e sui suoi sviluppi futuri nell'era di internet. Un montaggio di voci di critici e cineasti fornisce nuovi spunti in un lavoro rapido ed efficace, impreziosito da materiali di repertorio che favoriscono un tuffo nel passato.
Perché ci piace
- La varietà di voci in campo che coprono le varie generazioni di critici.
- La confezione vivace, rivolta a tutti e non solo a un pubblico di addetti ai lavori.
- La presenza dei registi, pronti a parlare del loro rapporto con la critica.
Cosa non va
- La visione pessimistica che emerge sul futuro del mestiere del critico.
- La consapevolezza che, al di là della forma fruibile da tutti, il documentario troverà un pubblico molto ristretto.