Recensione Vous n'avez encore rien vu (2012)

Quello di Alain Resnais in Vous n'avez encore rien vu è un gioco, un esercizio di stile forse freddo, ma interessante e affascinante.

Parallelismi d'autore

Dopo l'annuncio della sua morte, il commediografo Antoine d'Anthac riunisce molti degli attori che avevano lavorato nella sua commedia Euridice e li invita nella sua abitazione con un susseguirsi di telefonate che fungono da incipit di Vous n'avez encore rien vu, nuovo lavoro con cui Alain Resnais torna a Cannes, in concorso alla 65ma edizione del Festival francese. Raccolti nella lussuosa residenza dove vengono convocati, gli attori, tra cui Sabine Azéma, Anne Consigny, Mathieu Amalric, Pierre Arditi, Hippolyte Girardot e Michel Piccoli che impersonano sè stessi, assistono alla proiezione della commedia messa in scena da La compagnie de la Colombe e poco a poco ne sono coinvolti, finendo per interpretare in parallelo gli stessi ruoli che avevano ricoperto in passato, sebbene gli anni passati possano averli resi inadatti al ruolo.

I piani si sovrappongono e si crea un senso di suggestivo straniamento. Resnais, che nella sua carriera non ha mai rifiutato la sperimentazione, gioca con i suoi attori e con la tecnica, alternando teatralità e modernità, sfruttando lo split screen e altre costruzioni visive per mostrare le interpretazioni parallele, creando una intrigante eco, un riverbero di emozioni.
Un ruolo importante in tal senso lo ha anche la musica di Vous n'avez encore rien vu, enigmatica ed ipnotica, composta dal Mark Snow di X-Files, del quale Resnais amava il lavoro fatto su Millennium.
Come i livelli del film, sono due le storie che contribuiscono a creare la sceneggiatura di Vous n'avez encore rien vu: Resnais ha chiesto al suo sceneggiatore Laurent Herbiet di mettere insieme due commedie di Jean Anouilh, Eurydice e Dear Antoine, per creare i due piani narrativi; ma affinchè lo stacco funzionasse a dovere, era anche necessario che la messa in scena delle porzioni di commedie che vengono mostrate fosse diretto da una mano diversa dalla sua.
Per assolvere a questo compito è stato chiamato Bruno Podalydès, al quale Resnais non ha dato nessuna indicazione particolare, se non quali scene girare: libertà assoluta nel casting e nello stile, tanto da aver potuto vedere l'effetto della fusione solo nel montaggio finale del film. Ma questo faceva parte del gioco.
Quello di Alain Resnais è appunto un gioco, un esercizio di stile forse freddo, ma interessante e affascinante, che si pone anche l'obiettivo di dimostrare come il teatro possa ancora oggi coinvolgere ed appassionare. Ed è encomiabile che un autore con una carriera così ricca e longeva abbia, a 90 anni, ancora voglia di sperimentare e giocare con i suoi amici artisti. E ci fa pensare che, come suggerisce il titolo originale, non abbiamo ancora visto niente.

Movieplayer.it

4.0/5