Lungometraggio d'esordio di Andrea Papini e scritto a quattro mani insieme allo sceneggiatore Gualtiero Rosella, La velocità della luce è un noir dalle atmosfere cupe che racconta di un insolito ménage-à-trois, un intrigante gioco psicanalitico fatto di inganni, seduzione e solitudini che coinvolge un ladro d'auto, una centralinista che si innamora di una voce e un misterioso uomo alla guida di una Bentley nera. Unico italiano in gara all'ultimo Noir in Festival di Courmayer e girato con le più evolute tecniche digitali (poi riversato in pellicola), il film di Papini uscirà il 18 aprile in una decina di sale distribuito da Mediaplex e sarà inoltre visibile in tutte le 60 sale digitali del circuito satellitare di Microcinema di cui il regista piemontese è non solo presidente ma anche fondatore. Costato 600 mila euro e girato in sole cinque settimane (di cui la prima interamente in un tratto autostradale ormai in disuso) il film è il risultato di un'attenta e travagliata fase di post-produzione in cui le riprese in movimento e le immagini della scenografia, effettuate tramite macchine da presa poste su una Smart cabrio e su diversi pulmini di regia, sono state poi proiettate in teatro di posa su ogni lato dell'automobile in modo da rendere alla perfezione la sensazione di movimento.
Il regista e lo sceneggiatore hanno presentato a Roma questo interessante piccolo film insieme ai due giovani attori protagonisti, Peppino Mazzotta ('compare' del commissario Montalbano) e Beatrice Orlandini (bravissima attrice teatrale scoperta da Albertazzi). Unico assente il grande mattatore del film Patrick Bauchau, straordinario attore belga settantenne tra i prediletti di Wim Wenders e Rohmer, che però è intervenuto a sorpresa in diretta telefonica dagli Stati Uniti durante la conferenza stampa, offrendo un siparietto niente male ai numerosi giornalisti presenti in sala.
Come Le è venuto in mente di fare un film simile?
Andrea Papini: M'interessava non tanto la storia vera e propria, quanto l'ambiguità dei tre personaggi, volevo illuminare la zona grigia dell'animo umano, sottolineare e al contempo smorzare con parole d'amore tutta l'efferatezza di cui siamo capaci. I dialoghi tra i personaggi sono quasi una seduta psicanalitica.
Come definirebbe il suo film?
Andrea Papini: La velocità della luce ha una narrazione che si ribalta più volte, in cui la vittima insegue il suo carnefice e viceversa, dove tutto è contemporaneamente vero e falso. Lo definirei un thriller sentimentale in cui i rapporti si consumano 'alla velocità della luce', un omaggio allo stile di Hitchcock.
Per questo ha scelto di ambientarlo in automobile?
Andrea Papini: L'automobile racchiude in sé un'infinità di simboli. E' una corazza protettiva, un mezzo per isolarsi dal mondo esterno, un luogo da cui osservare le persone senza toccarle e conoscerle. Una metafora perfetta per parlare della realtà.
Si sente di aver preso ispirazione da qualche grande regista? Qualcuno vedendo il film ha pensato niente meno che a Durrenmatt...
Andrea Papini: Non avevo modelli prestabiliti, non amo molto le citazioni e se ci sono sono involontarie. Forse più che a Durrenmatt e ai suoi thriller intimistici ci sono riferimenti ai western all'italiana degli anni '60 in cui si ritrovavano spesso due uomini in viaggio, la donna che poi si inserisce nella storia, il duello e un comune andare da nessuna parte.
Quali conseguenze ha avuto questo 'gioco' psicanalitico sul suo personaggio?
Peppino Mazzotta: Il mio ladro di automobili di lusso è paragonabile ad un ragno che cattura le mosche nella sua ragnatela, ma quando incontra il suo antagonista, di fronte al quale si sente un inetto e nel quale riesce a intravedere la figura paterna che gli è mancata, allora il suo ruolo diventa quello di vittima. Notate come l'unico momento in cui i due si dicono la verità è quando si incontrano di persona e sono seduti allo stesso tavolo.
Come attori cosa vi ha convinto a partecipare ad un progetto di questo tipo?
Peppino Mazzotta: Beh inizialmente ero convinto che avrei guidato tutto il tempo, o che avrei quanto meno fatto finta di guidare tutto il tempo chiuso in un'auto a recitare le mie battute, invece mi sono dovuto ricredere. E' stato molto interessante partecipare ad un film che indaga in un modo così raffinato sul mondo della comunicazione 'extracorporea' che avviene mediante internet e telefoni, sulla verità , sulle nevrosi contemporanee e sulla solitudine.
Beatrice Orlandini: Ero molto incuriosita dalla storia, ma ammetto che dopo la prima lettura del copione non avevo ben capito dove volesse andare a parare. Volevo a tutti i costi vivere emozioni forti, quelle emozioni con cui di solito un'attrice come me non è abituata a confrontarsi. Mi ha intrigato molto l'atmosfera di assoluta libertà che c'era sul set e l'attualità di ognuno dei personaggi coinvolti.
Quali sono state per voi le difficoltà maggiori incontrate sul set?
Peppino Mazzotta: A film finito posso sicuramente dire che la mia esperienza sul set si è trasformata col tempo in qualcosa di molto introspettivo. Ero solo chiuso in una macchina per la maggior parte del tempo, mi è capitato più volte di isolarmi, di mettermi a pensare. E' stato importante.
Beatrice Orlandini: Non è stato semplice capire la vera essenza del film, la storia lascia in sospeso molte cose che gli spettatori dovranno comprendere da soli. C'è poi da aggiungere che ci sono state alcune scene nel film che per me non sono state proprio facili da girare. Mi sono stati molto d'aiuto l'incoraggiamento e la professionalità di tutta la troupe.
In sede di casting, quanto ha influito la voce nella scelta degli attori?
Andrea Papini: Moltissimo, basti pensare alla voce di Bauchau che è a dir poco inquietante ed ha più di ogni altra cosa aiutato tutti noi nella definizione caratteriale del personaggio. E' stato senz'altro uno degli elementi più intriganti del film, sicuramente ha di molto aiutato la riuscita del film. A Beatrice e Peppino poi ho chiesto una cosa difficilissima da fare, cioè dimenticarsi totalmente delle loro inflessioni (lei è fiorentina, lui napoletano ndr.), a Patrick invece non avevo dato alcuna indicazione, sarebbe stato un delitto snaturare il suo straordinario accento che mescola il tedesco, lo svizzero, il russo e quant'altro.
Cosa ci può dire di tutte le frasi pronunciate da Bauchau in lingua straniera durante il film?
Andrea Papini: Sono tutte citazioni in tedesco tratte da opere psicanalitiche e filosofiche di Ludwig Wittgenstein, come saprete Patrick è figlio di un grande psicanalista e queste frasi sibilline sono una sua brillante invenzione per conferire al suo personaggio maggior mistero.
[Breve intervento di Patrick Bauchau in diretta telefonica dagli Stati Uniti] E' davvero il suo personaggio il grande cattivo? E' lui l'angelo della morte di questa storia?
Patrick Bauchau: E' un morto vivente, uno che rappresenta alla perfezione la condizione umana. E' vittima e predatore come tutti i suoi simili.
Guardando la sua filmografia si desume che le piace lavorare con i regista italiani...
Patrick Bauchau: In Italia ci ho lasciato il cuore, mi sento come a casa. Spero di poter tornare presto.
Cosa sta facendo attualmente?
Patrick Bauchau: Attualmente sono in pausa di riflessione (ride). Questo per me è un po' un anno sabbatico in attesa che termini lo sciopero degli sceneggiatori.
Già in lavorazione il nuovo film di Andrea Papini che si intitolerà L'umanità minore ed avrà come protagonista sempre Peppino Mazzotta. Si tratta di una commedia nera ispirata a uno strano fatto di cronaca avvenuto nel 2001 che vide protagonista la bara del banchiere Enrico Cuccia, misteriosamente rubata da due uomini. "Qui - ha dichiarato Papini - il genere noir sarà il pretesto per analizzare le conseguenze delle scelte del potere economico sulla vita quotidiana di tutti".