Che cos'è accaduto realmente durante gli incontri segreti che sfociarono negli Accordi di Oslo del 1993 tra lo stato israeliano e l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina guidata da Yasser Arafat? A raccontarcelo ci ha provato dapprima J.T. Rogers con la sua piéce fiume premiata col Tony che ha trovato la via dello schermo grazie a HBO e al regista Bartlett Sher. Come sottolinea la nostra recensione di Oslo, l'impronta teatrale è presente anche nel lavoro di Sher che predilige scene in interni e invita i suoi interpreti a una marcata recitazione gestuale.
Mentre l'azione si divide tra Israele, Londra e Oslo, tra ristoranti, hotel e lussuose dimore di diplomatici, l'incipit di Oslo, che si distacca per tono e ambientazione dal resto del film, si consuma nelle viuzze palestinesi dilaniate dalla guerra dove la protagonista Mona Juul (Ruth Wilson), membro del Ministero norvegese per gli Affari Esteri, assiste al confronto tra un giovane soldato israeliano e un coetaneo palestinese. Dopo la permanenza in Medio Oriente, Mona e il marito Terje Rød-Larsen (Andrew Scott), a sua volta diplomatico e sociologo, decidono di tentare la via della mediazione favorendo una serie di incontri segreti tra rappresentanti dell'OLP e dello stato israeliano in territorio neutrale col sostegno del Ministro degli Esteri norvegese Johan Jørgen Holst. Dopo mesi di trattative, il risultato saranno gli Accordi di Oslo, svelati all'opinione pubblica nel 1993.
Ciò che conta è il dialogo
Il passaggio da un medium all'altro non è mai una passeggiata. Nel caso di Oslo, che vede tra i produttori Steven Spielberg e Marc Platt, la situazione è ancor più complessa. Il drammaturgo J.T. Rogers prima e il regista Bartlett Sher poi si sono trovati tra le mani una materia per nulla semplice da trattare. Spettacolarizzare e rendere fruibile per il grande pubblico il lungo e delicato percorso di trattative che ha portato i rappresentanti di due paesi in guerra, nemici conclamati, a parlarsi e a trattarsi da pari non era facile. Oslo gioca dunque sulla caratterizzazione dei personaggi, forte di due interpreti di talento quali gli inglesi Andrew Scott e Ruth Wilson nei ruoli di Terje Rød-Larsen e Mona Juul. A dar loro manforte, un gruppo eterogeneo di attori a interpretare i rappresentanti dell'OLP e di Israele coinvolti nei negoziati.
La scommessa di Oslo è mostrare come, dietro il rigore dei ruoli istituzionali e la contrapposizione tra fazioni politiche, si celino semplici esseri umani. È questo il senso della regola imposta da Terje Rød-Larsen. Nella stanza delle trattative messa a disposizione a Oslo, non è permesso entrare ad altri che non siano le due parti in causa, ma nel resto della casa non esistono contrapposizioni ed è chiesto a tutti, israeliani, palestinesi e norvegesi, di mangiare, bere, talvolta perfino ubriacarsi e discorrere insieme per conoscersi meglio. In quest'ottica va letta anche l'interpretazione degli attori, pronti a far sfoggio delle proprie debolezze. In questa pratica il versatile e istrionico Andrew Scott a tratti appare un po' sopra le righe, soprattutto messo a confronto con l'intensità emotiva che si cela dietro la compostezza della collega Ruth Wilson, vera anima del film.
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Dal teatro al cinema, le strategie di adattamento
Nel tentativo di avvicinare lo spettatore alla materia narrata, Oslo adotta uno stile che tende spesso e volentieri a stemperare il dramma nello humor, anch'esso retaggio della pièce teatrale. Alle gaffe e ai momenti di imbarazzo che vedono coinvolto il personaggio di Andrew Scott, chiamato ad arginare ogni possibile incidente diplomatico sul nascere, vanno aggiunte le caratterizzazioni delle due parti in causa, da un lato Salim Dau e Waleed Zuaiter nel ruolo dei capi dei negoziati per conto dell'OLP, dall'altro i professori di economia israeliani Dov Glickman e Rotem Keinan a cui si aggiunge Jeff Wilbusch nel ruolo del direttore generale del Ministero degli Esteri Israeliano Uri Savir, look alla Matrix e piglio deciso. Tra cene a base di manicaretti norvegesi, sbronze, barzellette e uno smodato entusiasmo per gli waffle, il cast si trova a fronteggiare l'altalena di emozioni contenute nello script passando in pochi istanti dall'ira alla giovialità.
Senza entrare nei tecnicismi delle trattative che hanno portato alla creazione di un'autorità palestinese con il compito di autogovernare Gerico e la Striscia di Gaza, Oslo punta dritto al cuore della questione. Lo scopo del film è veicolare un messaggio fondamentale per i suoi autori: senza dialogo non c'è conoscenza e senza conoscenza non può esserci pace. Il regista, che sfrutta trucchi quali filtri colorati per differenziare le location (toni polverosi e seppia per il Medio Oriente, colori freddi per il Nord Europa) e scene walk-and-talk in esterni per dare un look più cinematografico, prepara fin dal principio l'apparizione del Ministro degli Esteri di Israele Simon Perez, che compare poco prima del finle invitando entrambe le parti ad abbandonare le lamentele del passato e "trovare un modo per vivere nel presente". Messaggio valido oggi più che mai visto che la questione mediorientale, a distanza di quasi trent'anni, è tutt'altro che risolta.
Conclusioni
La recensione di Oslo evoca l'origine teatrale del film HBO che ricostruisce il percorso che condusse agli Accordi di Oslo del 1993 tra Israele e Palestina, ma ne sottolinea anche gli sforzi per affrancarsi dal puro testo verso una dimensione più cinematografica grazie alle interpretazioni di Andrew Scott e Ruth Wilson. Nonostante qualche momento sopra le righe, dovuto all'alternanza di toni tra humor e dramma, il messaggio del film arriva chiaro e forte.
Perché ci piace
- La volontà di raccontare una storia poco nota inquadrata in un dramma attualissimo come la crisi israelo-palestinese.
- La coppia formata da Ruth Wilson e Andrew Scott, efficaci sempre e comunque.
- I toni drammatici stemperati da momenti comici...
Cosa non va
- ...passaggio che per. in alcuni casi, avviene troppo bruscamente.
- Alcune caratterizzazioni dei personaggi risultano un po' sopra le righe.
- Le scelte registiche non sono sempre efficaci.