Ormai si sa, il cinema hollywoodiano non fa altro che rifugiarsi in porti sicuri, con la cronica mancanza di idee che è ormai diventata una sorta di status quo, simbolo di una scena poco in salute e sempre pronta a rispolverare vecchie glorie nel tentativo di portare a casa il massimo risultato con il minimo degli sforzi. Non che questa pratica dia per forza vita a film deprecabili, con alcuni remake e reboot che riescono a trovare una propria personale via nell'aggiornare il relativo prototipo, ma la misura sembra alquanto colma e senza apparente via d'uscita.
Anche il cinema horror non ne è esente e ultima conferma è il freschissimo Omen - L'origine del presagio, appena uscito nelle sale italiane (qui la nostra recensione), che come dichiarato fin dal titolo si propone come prequel del grande classico diretto a metà degli anni Settanta da Richard Donner, con protagonista un Gregory Peck già sessantenne ma ancora magnetico. Un film che ha dato vita a una vera e propria mitologia, esplorata in una saga contante tre sequel, un remake e per l'appunto la pellicola appena sbarcata nei cinema. Ma andiamo con ordine e riscopriamo i motivi dietro al successo di questo primo capitolo, che a quasi cinquant'anni dalla sua uscita si rivela ancora solido e interessante, ovviamente senza pretendere soluzioni più tipiche del filone moderno.
Il figlio del diavolo
Sin dall'iconica colonna sonora d'apertura sui titoli di testa - Jerry Goldsmith docet - con la sagoma del piccolo Damien che proietta l'ombra di una croce, Il presagio manifesta i suoi molteplici richiami alla religione cristiana e alla sua nemesi, quel diavolo che diventa elemento determinante nello svolgersi del racconto. Tra suggestioni apocalittiche e rimandi biblici, in un continuo rimando tra sacro e profano, dove il Male opprime progressivamente il cuore del racconto, si dipana la storia di Robert Thorn, diplomatico americano stanziato a Roma che sta per diventare padre, salvo scoprire che il bambino è nato morto; una notizia sconvolgente, che non ha il coraggio di rivelare a sua moglie, ancora addormentata dopo le fatiche del parto. Provvidenziale allora la proposta di un alto prelato che gli consiglia di sostituire il neonato deceduto con un altro vivo e vegeto, che ha perso al contrario la madre proprio durante il travaglio. Robert accetta e il piccolo cresce apparentemente felice in quel di Londra, dove il padre è stato trasferito, almeno fino al compimento del suo quinto compleanno: da quel giorno una serie di eventi funesti comincia a minare la tranquillità della famiglia e Robert viene contattato da un prete che sembra sapere molto di più su un inquietante segreto legato alle vere origini del bambino...
Un orrore piacevolmente vintage
Costruito come un thriller con il progressivo svelamento del mistero, Il presagio è un film saggiamente figlio dei suoi tempi, dove allo spavento facile si favoriva una progressiva costruzione della tensione, in un mix turbolento e inquieto che preparava il campo ai traumatici colpi di scena - basti pensare alla scena del cimitero etrusco di Cerveteri - in un crescendo coeso e omogeneo, fino a quell'epilogo piacevolmente aperto. Due anni prima del suo Superman (1978) Richard Donner realizza un'opera potente e immaginifica, che dietro alla creazione di un'atmosfera straniante non dimentica i momenti di effettiva, scardinante, paura, tra rottweiler assassini e tricicli galeotti, scheletri di sciacallo e bambinaie psicopatiche. E in mezzo lui, quel "piccolo indemoniato" che sotto quel sorriso ingenuo nasconde la crudeltà più assoluta.
Apocalypse Now
Senza la gratuità di effetti speciali figli della computer grafica e jump-scare d'ordinanza, Il presagio vive sull'ingegno della messa in scena: esemplari in questo caso due delle morti che coinvolgono i fondamentali comprimari, dall'improvvisa tempesta di vento e fulmini a quell'incidente per la manovra errata di un camion che provoca una rocambolesca e tragica reazione a catena, i fili del destino sono nelle mani di un sadico burattinaio, proprio quel burattinaio che marchiava già le sue vittime in quelle fotografie maledette, anch'esse riprese poi a modello per molteplici produzioni future. Inizialmente il pubblico pensava che Il presagio fosse basato sull'omonimo romanzo scritto dallo stesso sceneggiatore David Seltzer, uscito nelle librerie due settimane prima che la pellicola varcasse la soglia delle sale, ma è in realtà è il contrario, con il libro che è un adattamento dell'opera cinematografica.
Dietro lo specchio
Come ogni horror che si rispetti, anche la lavorazione di questo cult è segnata da alcuni eventi inquietanti, riportati dal regista e della troupe: da morti misteriose a esplosioni altrettanto coincidentali, anche Il presagio si porta dietro una lunga serie di fatti di sangue, veri o presunti, strettamente legati alle riprese e alle persone che vi hanno preso parte. Ma oltre alle sfortune è arrivato un successo straordinario non soltanto da parte del pubblico, che lo ha reso uno dei titoli più redditizi dell'anno, ma anche a livello di premi, con la candidatura a due premi Oscar e la vittoria della statuetta per la succitata OST firmata da Goldsmith, la sua unica in una pur gloriosa carriera. D'altronde il tema demoniaco ha sempre esercitato un profondo fascino sugli spettatori, ancora intimoriti e affascinati dal di poco precedente grande classico di William Friedkin, ovvero L'esorcista (1973), e qui il mix tra l'intrigante comparto narrativo e la presenza di una star della Hollywood d'oro quale Gregory Peck ha dato vita al prodotto ideale per attirare eterogenee masse paganti al botteghino.
Un horror vecchia scuola, un thriller psicologico che sguazza a piene mani nel contesto esoterico in maniera intelligente ed equilibrata, trovando in quelle influenze cosmiche e profetiche il giusto appiglio per incentivare la curiosità di chi guarda, tra 666 e marchi del diavolo che richiamano con sobrietà a un immaginario oggi sì ormai consolidato ma ai tempi ancora non del tutto diffuso nell'opinione pubblica.