Recensione I sette samurai (1954)

A cinquant'anni dalla sua realizzazione, I sette samurai è oltre la storia del cinema; capolavoro imitato e insuperato, archetipo narrativo e filmico che ancora oggi conquista, esalta, commuove.

Oltre la storia

Un film carico di anni, eppure senza tempo, I sette samurai di Akira Kurosawa. Un film la cui potenza cinematografica e la cui profonda umanità travalicano, inossidabili e imperituri, i confini geografici e generazionali, perché latori di un messaggio poetico universale, che ci fa collocare oggi il regista giapponese accanto ai nomi più illustri e leggendari del genio creativo di ogni epoca e nazionalità.
A cinquant'anni dalla sua realizzazione, I sette samurai è oltre la storia del cinema; capolavoro imitato e insuperato, archetipo narrativo e filmico che ancora oggi, nonostante l'assenza di miracolosi effetti speciali, nonostante la durata notevole - oltre tre ore - cui il pubblico non è normalmente avvezzo, conquista, esalta, commuove.

La trama stessa è archetipica, o meglio, talmente imitata da suonare ormai familiare a chiunque: un villaggio di contadini è minacciato da un gruppo di banditi, che tornano ciclicamente a depredarli non appena terminato il raccolto. Ma un giovane agricoltore, che ha perso la moglie ad opera dei briganti, propone al capo del villaggio di non subire più passivamente, e di ingaggiare dei samurai per proteggere il villaggio. Si decide di tentare, ed alcuni contadini si recano nella città più vicina a cercare di reclutare samurai che siano disposti ad offrire i propri servigi per un pugno di riso.

L'impresa appare disperata, perché neanche i samurai peggio in arnese sono disposti, solo per qualche settimana di vitto e alloggio, ad affrontare una masnada di banditi armati fino ai denti. Ma gli inviati del villaggio finiscono per imbattersi in Kambei Shimada, e trovano in lui non un arido mercenario, ma un uomo magnanimo, saggio, forte e impavido. Sarà lui a restituire ai contadini la speranza, prendendo su di sé l'onere di reclutare altri samurai che l'affianchino nell'avventura. A quel poco che possono offrire i contadini, si somma ora l'onore di combattere accanto ad un uomo come Kambei, e di fare propria la sua giusta causa.

E' così che Kambei compie il miracolo di radunare accanto a sé guerrieri validi e motivati, attratti non dal guadagno ma dal suo spirito nobile e solidale: "Chi pensa solo a sé stesso, finisce per distruggere sé sesso".
Si uniscono a lui il vecchio amico Shichiroji, il gioviale Gorobei, l'ex falegname Heihachi, il flemmatico maestro di spada Kyuzo e il giovane Katsushiro. Un settimo guerriero, un vagabondo dall'aspetto e dal contegno discutibili, Kikuchiyo, s'impone al gruppo: non è un vero samurai ed è di umili origini, ma dimostrerà che non per questo è meno valoroso degli altri.

Questo è il nostro piccolo esercito, questi sono i nostri eroi, e forse sette eroi sono troppi per una sola storia - non c'è spazio per dare spessore a ognuno di loro: ma non è il caso di questo film. Ciascuno dei personaggi è caratterizzato con tratto felice e convincente, ognuno di loro è un all round man destinato a conquistare un posto nella nostra memoria. Le scelte di sceneggiatura e di regia ci presentano i samurai singolarmente, per poi mostrarceli nei reciproci rapporti e in quelli con i contadini del villaggio, e il risultato è un quadro di umanità variegato, potente e soprattutto, come detto, universale. Ma in un cast d'insieme tutto di livello eccezionale, non si può non spendere una parola in più per uno dei più grandi attori di tutti i tempi, Toshirô Mifune, che negli stracci e nell'orgoglio di Kikuchiyo regala forse la sua più bella interpretazione.
Kikuchiyo, più dell'eroe gentiluomo Kambei, è il cuore de I sette samurai: figlio di contadini, vive con rabbia lo scarto sociale eppure ammira Kambei e gli altri samurai, e ama la sua gente, ma allo stesso tempo la disprezza. I contadini sono gretti e ignoranti, e incapaci di gratitudine: ma Kikuchiyo risolverà il suo dramma morendo da samurai e sacrificandosi per loro.

Ricordato spesso come "il più grande film d'azione mai girato", I sette samurai è in realtà molto di più. Non abbia paura di accostarsi a questo classico il giovane spettatore; non ne tema il prestigio, la fama, l'importanza; non ne tema l'entità. Perché in esso non troverà la rigida grandiosità dell'epos fine a sé stesso, ma una storia unica e vibrante, la gioia dell'avventura, della solidarietà e dell'amicizia, e il dramma della guerra e dell'amore deluso: pur strettamente radicato nella storia e nella tradizione giapponese, e inserito in un filone popolarissimo nella terra del Sol Levante, I sette samurai, oggi e per sempre, parla al cuore di tutti.

Movieplayer.it

5.0/5