A pochissimi giorni dall'uscita nelle sale di Io capitano di Matteo Garrone, premiato a Venezia e ora anche dal pubblico, arriva al cinema un altro film sul tema delle migrazioni, quello che vi raccontiamo nella recensione di Oltre il confine, nelle sale dall'11 settembre. Oltre il confine, scritto e diretto da Alessandro Valenti, racconta una storia simile a quella del film di Garrone, con due persone giovanissime che vivono in Africa e sognano una vita migliore, l'Europa, l'Italia. Oltre il confine è però un film molto diverso, che vede in scena due bambini. In quanto tale è visto dal loro punto di vista, e quindi si avvicina di più alla fiaba. E, più che sul viaggio, punta sulla partenza e sull'arrivo; più che sui fatti sullo stato d'animo. Oltre il confine ci mostra le migrazioni da un'ottica nuova, quella dei giovanissimi, e per questo è delicato, poetico, e incantato.
Questa stella si chiama Roma
Oltre il confine, presentato al Giffoni Film Festival 2022, al Sotto18 Torino Film Festival e al Montréal Film Festival, dove ha da poco vinto il Premio come Miglior Film, racconta la storia di due bambini africani che guardando le stelle e sognano di arrivare in Italia. "Questa stella di chiama mamma". "Questa stella si chiama cioccolato". "Questa stella si chiama Roma". Bekisisa ha dodici anni e una voce magica che incanta gli animali; il suo fratellino Eno ne ha sei, e sogna di avere la maglia di Sadio Mané, il grande calciatore senegalese che ha fatto la storia del Liverpool e ora si è trasferito a giocare in Arabia Saudita. In Europa, forse, potrà avere la sua maglia originale, e non la copia che gli aveva preso il padre. Dopo la scomparsa della loro mamma, da soli, lasciano la loro terra, raggiungendo l'Italia, dove la realtà non è certo a misura di bambino.
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La migrazione pensando ai bambini
Oltre il confine, che curiosamente arriva nelle sale quasi contemporaneamente al film di Garrone, potrebbe essere considerato una sorta di controcampo di Io capitano, un racconto complementare. Non solo perché si concentra sull'arrivo più che sul viaggio. Ma perché sceglie di affrontare il tema della migrazione pensando ai bambini, ai tanti minori soli che raggiungono l'Europa dove si trovano senza nessuno. Per un bambino vivere senza genitori è già dura di per sé; farlo in un paese straniero è qualcosa di impensabile. Eppure accade. Ed è da questa riflessione, dall'urgenza di raccontare una storia di questo tipo, che in Valenti è nata da quando ha guardato negli occhi un bambino che aveva attraversato un intero continente per arrivare qui. Non è difficile capire allora quanto questo film sia un film sentito, sincero.
Un film rarefatto, poetico, fiabesco
È proprio per questo che il film ha un'impostazione molto particolare. A Valenti non interessa il viaggio, non interessa mostrare una serie di eventi, l'Odissea di tante persone, quanto la situazione che si può creare all'arrivo. Non interessano tanto i fatti, ma più i sogni, le sensazioni, gli stati d'animo. Ne esce così un film rarefatto, poetico, fiabesco. Un racconto che si sviluppa attraverso le parole, ma anche il non detto, come certe espressioni sui volti dei giovanissimi protagonisti. E, ancora, attraverso il rapporto con la natura, con gli animali, con le api, evocate all'inizio del film e protagoniste, in un sorprendente finale al confine tra realtà e realismo magico, della svolta della storia.
Diventare adulti troppo in fretta
Che è una storia di migrazioni, ma non solo. È la storia di alcuni bambini costretti a crescere di colpo, a diventare adulti troppo in fretta, ad arrangiarsi anche attraverso azioni che non dovrebbero neanche conoscere. Costretti, di fatto, a perdere per sempre quella zona ancora libera che è l'infanzia, e a cui nessun bambino dovrebbe mai rinunciare. Ce ne sono troppi, non solo migranti, a cui accade. Per questo Oltre il confine è un film universale, che parla a tutti. A tratti, ci è venuta in mente la serie tv Anna, scritta e diretta da Niccolò Ammaniti, in cui i bambini erano costretti a cavarsela da soli, dopo un'epidemia che aveva eliminato gli adulti. Premesse completamente diverse, ma quella sensazione di dolore e incredulità che ci provoca vedere dei bambini abbandonati a se stessi è la stessa.
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La fatina e l'uomo nero
E allora Oltre il confine, oltre che un film di scrittura e di regia è un film di attori. A colpire, prima di tutto, sono i volti dei due protagonisti, Mabye Serigne Fallou e Mbaye Fatou Ndeye, nei panni del piccolo Eno e della giovanissima sorella Bekisisa. L'affetto, la sintonia, l'intesa tra i due protagonisti, dai volti intensi, credibili, convincenti, è una delle chiavi del film. In ogni momento dell'opera cediamo a quello che stiamo vedendo e il merito è anche loro, oltre, ovviamente, a una brillante scelta di casting. Che comprende anche la presenza di Iaia Forte, nei panni di una donna che aiuta i bambini, e di Nicola Rignanese, specialista di ruoli di questo tipo, nei panni di un criminale che sfrutta i bambini per lavorare. Sono la fatina e l'uomo nero. E il che ci fa capire ulteriormente che ci troviamo in una fiaba.
Conclusioni
Nella recensione di Oltre il confine vi abbiamo raccontato un film che parla di migrazioni e che vede in scena due bambini: è visto dal loro punto di vista, e quindi si avvicina alla fiaba. Oltre il confine ci mostra le migrazioni da un'ottica nuova, quella dei giovanissimi, e per questo è delicato, poetico, e incantato. E sfiora il realismo magico.
Perché ci piace
- La scelta di raccontare le migrazioni attraverso gli occhi di due bambini.
- La struttura da fiaba che caratterizza il racconto.
- L'affiatamento tra i due giovani protagonisti.
Cosa non va
- La narrazione, che a tratti denota una certa monotonia.