Lo schema vincente lo abbiamo imparato a memoria. Assist di Giovanni, Giacomo che confonde la difesa avversaria e tuffo acrobatico di Aldo che segna dopo essersi mimetizzato nella sabbia. Alla faccia del Marocco che è forte fisicamente. Apriamo questa recensione di Odio l'estate, film in arrivo oggi nelle sale, rievocando la mitica scena di Tre uomini e una gamba per rassicurare tutti i fan del mitico trio ormai dato per disperso da troppi anni: lo schema funziona ancora, il trio ha ritrovato l'affiatamento di un tempo, la squadra è più vecchia ma non è ancora stanca. Aldo, Giovanni e Giacomo hanno ancora fiato, hanno qualcosa da dare e da dire, hanno voglia di guardare indietro (con un po' di nostalgia) e di guardarsi dentro, scavando nei propri limiti e nelle proprie paure.
Se esultiamo come davanti a un gol, è perché Aldo, Giovanni e Giacomo ci erano mancati. Erano mancati a chi è cresciuto con loro tra "bulgari", "tv svizzere" ed esilaranti sketch teatrali. Ed erano mancati al cinema italiano, assieme alla loro comicità garbata, al loro tocco unico sbiadito dal tempo. Non può essere un caso che, dopo anni di oblio, questo ritrovato entusiasmo sia coinciso con il ritorno di Massimo Venier in cabina di regia. Un capitano che mancava al timone dai tempi di Tu la conosci Claudia (correva l'anno 2004), ovvero l'ultimo bel film di Aldo, Giovanni e Giacomo, poi incespicati in una serie di delusioni e fallimenti (fatta eccezione per l'accettabile La banda dei babbi Natale) sfociata nello spento Fuga da Reuma Park. Adesso, per fortuna, tiriamo un sospiro di sollievo: Storti, Baglio e Poretti sono tornati.
Diversi eppure sempre gli stessi, cambiati ma non snaturati, perché hanno accettato il tempo che passa. Odieranno anche l'estate, ma questo film vale come una primavera di rinascita. Come un gol in tuffo segnato nel recupero. Quando tutti, anche i tuoi tifosi più fedeli, ti davano per finito.
I 20 anni di Tre uomini e una gamba: non ce la facciamo, troppi ricordi
La trama: chiedimi se sono 'fenice'
Guardare Odio l'estate è come ritrovare vecchi amici che avevi perso di vista, o peggio, che non riconoscevi più. Una sensazione inizialmente rassicurante, che poco per volta cambia direzione. Un abbraccio che ha il sapore del ritorno a casa tutt'altro che consolatorio, perché capace di scuotere e mettere in discussione tutti. Finalmente Aldo, Giovanni e Giacomo hanno capito una cosa: non funzionano quando si fanno soffocare dalle maschere. Non funzionano quando sono alterati, truccati, camuffati da quello che non sono. E in questo senso, se La leggenda di Al, John e Jack fu un primo campanello d'allarme, Il cosmo sul comò confermò questo timore. Il trio funziona quando sfiora la vita vera, quando simula il reale visto attraverso il loro filtro comico sempre così autentico e aderente al quotidiano. Così Odio l'estate decide saggiamente di tornare ad Aldo, Giovanni e Giacomo che interpretano Aldo, Giovanni e Giacomo. E lo fa scoprendo il nervo scoperto sin dalle premesse: come si convive quando non si va d'accordo? Come si manda avanti la baracca quando l'alchimia non funziona? Lo sforzo dei protagonisti del film, costretti a dividere una villa al mare durante l'estate per colpa di un equivoco, è lo stesso sforzo del trio, chiamato a ritrovarsi, a venirsi incontro e guardarsi allo specchio.
Il grande merito della sceneggiatura (firmata a sei mani da Venier, Lantieri e Pellegrini) è quella di non rinunciare mai alla coralità, senza tralasciare le figure dei figli e delle mogli, mai semplice orpello, banale contorno ma riflesso dei loro mariti e padri. Figure maschili profondamente in crisi e mese in discussione su più livelli, come compagni, come mentori, come professionisti. Pur non rinunciando a una comicità fresca e spontanea, e fedeli ai loro caratteri (lo scansafatiche, il precisino e l'inetto), Aldo, Giovanni e Giacomo hanno smarrito la spensieratezza di un tempo, senza perdere di vista la missione di sempre: non subire la vita, ma viverla senza troppe sovrastrutture. Non accontentarsi, ma risvegliarsi dal torpore della vita adulta. Solo così si rinasce. Come persone e come attori.
Il coraggio di rischiare
Un nuovo viaggio su strade ormai familiari per tornare in carreggiata. Una breve avventura on the road, la spiaggia, le cene in compagnia e le frecciatine per ritrovare l'affiatamento perduto. Sembra che Venier abbia volutamente traghettato Aldo, Giovanni e Giacomo (e noi spettatori assieme a loro) in una zona confortevole per poi cambiare strada all'improvviso e imboccare una deviazione quasi imprevista. Perché nonostante una marea di ammiccamenti e autocitazioni (una è davvero clamorosa), Odio l'estate non si accontenta di starsene a mollo nella nostalgia. Anzi, il film ha voglia di rischiare, come se guardarsi indietro fosse utile soprattutto a prendere la rincorsa per un grande salto nel vuoto. Ed è qui, nel bel mezzo del balzo, che odio l'estate tocca corde agrodolci. Proprio come le note di Brunori Sas, perfettamente inserito nella colonna sonora del film con i testi di canzoni dolenti come La verità. Nonostante qualche problema di ritmo nella seconda parte e una svolta leggermente prevedibile, Odio l'estate è una presa di coscienza molto matura. Perché dopo tanti errori e delusioni, dedicare tutto un film alla paura di sbagliare e di mettersi alla prova, contro ogni vigliaccheria, è un grande atto di sincera onestà nei confronti del pubblico. Se abbiamo avuto la sensazione di aver ritrovato vecchi amici, forse, è anche per questa ammissione così scomoda e leale. Bentornati, Aldo, Giovanni e Giacomo. Ci siete mancati.
Conclusioni
Abbiamo scritto questa recensione di Odio l'estate tirando un lungo e profondo sospiro di sollievo. Aldo, Giovanni e Giacomo si sono risvegliati da un lungo letargo, sono tornati quelli di sempre nonostante non siano più quelli di prima. Il merito è del ritorno in regia di Massimo Venier, che costruisce attorno a loro una storia corale, dedicata soprattutto alla paura del fallimento. Senza dimenticare un sapore agrodolce che regala a Odio l'estate un tocco di insperata malinconia.
Perché ci piace
- Il grande ritorno di un trio comico che era mancato al cinema italiano.
- La coralità di una storia in cui non esistono figure di contorno incolori: su tutti spicca una bravissima Maria Di Biase.
- Le autocitazioni funzionano alla grande.
- Il tocco di malinconia di un film agrodolce.
Cosa non va
- Alcune "svolte" della trama non sono del tutto inaspettate.