"Non mi piace etichettare i miei film, e non so se sia possibile chiamare film di guerra una pellicola dove tre vecchi amici si ritrovano a distanza di trent'anni a parlare degli orrori che hanno visto al fronte". Richard Linklater esordisce così durante la conferenza stampa del suo ultimo lavoro, Last Flag Flying, film d'apertura della 55ma edizione del New York Film Festival.
Basato sull'omonimo romanzo di Darryl Ponicsan - già autore di un libro da cui Hal Ashby nel 1973 trasse L'ultima corvè e di cui l'ultimo lavoro di Linklater vuole essere una sorta di sequel - Last Flag Flying segue il viaggio di tre veterani del Vietnam che si riuniscono dopo anni di silenzi per una tragica ragione.
Larry "Doc" Shepherd (Steve Carell), già vedovo, ha perso l'unico figlio e marine nella guerra in Iraq, e i vecchi commilitoni Sal (Bryan Cranston) e Richard (Laurence Fishburne) lo aiuteranno a trasportare il feretro e dargli degna sepoltura.
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La tragedia della guerra
"Ho letto il libro di Darryl [Ponicsan], e me ne sono innamorato", ci ha detto Linklater, seduto assieme a Fishburne, Cranston, J. Quinton Johnson (nel film un compagno d'armi del defunto), e il co-sceneggiatore Ponicsan. "Mi affascinava il modo in cui riusciva a far parlare due guerre così distanti tra di loro, il Vietnam e l'Iraq, e come metteva in luce l'effetto che hanno avuto su chi vi ha preso parte". Guerre temporalmente e geograficamente diverse, ma che sui sopravvissuti lasciano ferite molto simili. "Le reazioni che le guerre hanno sulle persone, specie quelle che rimangono indietro e soffrono la morte dei loro cari al fronte, sono le stesse, che sia in Vietnam o Iraq" ha sottolineato Fishburne. "Last Flag Flying si rivolge a loro, alla gente che ha sacrificato figli, genitori e familiari in guerra, e cerca di piangere la loro scomparsa e superare il trauma".
Un processo che per Larry, Sal e Richard richiede buone dosi di ironia: "Lo humor è sempre presente nelle nostre vite, anche nelle situazioni più tragiche, e nel film riesce a dare allo spettatore un'occasione per prendere fiato, sorridere, e riprendere il viaggio - ed è così che metabolizziamo un lutto", ha osservato Cranston, prima di condividere un ricordo d'infanzia: "Avevo 13 anni quando mio nonno è morto, e ricordo che alla sua veglia c'erano gruppetti di persone che chiacchieravano e ridevano tra di loro, e la cosa mi fece andare su tutte le furie: ero convinto che non potessero avergli voluto bene per davvero, altrimenti non si sarebbero mai permessi di ridere in una situazione come quella. Ma la gente cerca di superare il dolore in tanti modi, e nel film ridere per Larry è un meccanismo fondamentale, che Steve [Carell] è riuscito a portare sullo schermo in modo così commovente".
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Dilemmi morali, islamofobia e patriottismo
Come buona parte della filmografia di Linklater, anche Last Flag Flying ha avuto una gestazione lunghissima. "Darryl ha iniziato a lavorare alla sceneggiatura nel 2005", ha spiegato il regista. "Poi con gli anni il progetto si è arenato, ma non è mai morto. Abbiamo continuato a parlarci: sapevamo che presto o tardi l'avremmo finito, e che questi personaggi non ci avrebbero mai abbandonato". Ma se Last Flag Flying è riuscito a vedere la luce, il merito è di Amazon Studios, che ad agosto 2016 annunciò che avrebbe prodotto e distribuito il film: "La gente di Amazon è stata straordinaria: gli ho mostrato il progetto, mi hanno detto che gli era piaciuto molto, e che il tempo era maturo. Col senno di poi credo che far uscire il film nel 2005 sarebbe stato un errore: la guerra in Iraq era ancora un argomento troppo forte per le riflessioni che volevamo portare sullo schermo".
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Ma pur essendo ambientato nel 2003 e in uscita quattordici anni più tardi, Last Flag Flying non è solo un ritratto fedele del clima che si respirava negli Stati Uniti durante l'invasione dell'Iraq, ma offre spunti di riflessione su temi che ancora oggi animano il dibattito pubblico negli Stati Uniti, dalla questione razziale all'islamofobia, dal patriottismo alle bugie che i governi di allora (e di oggi) hanno usato per giustificare le proprie azioni militari. "Un buon soldato è una persona che è disposta a sacrificare la propria vita, ma non la propria anima", ha sottolineato Ponicsan. "La domanda più difficile per un militare è come riuscire a fare la cosa giusta anche quando i comandi impartiti dai superiori vanno contro alla propria coscienza". I dilemmi morali che si troveranno ad affrontare Larry, Sal e Richard sono senza tempo, proprio come l'ultimo lavoro di Linklater.