Nouvelle Vague, recensione: più che un grande film, una lettera d'amore al cinema

Da Cannes alla Festa del Cinema di Roma, il film con cui Richard Linklater si immerge totalmente in territorio francese per raccontare il making of di Fino all'ultimo respiro. Da non perdere.

Aubry Dillon e Zoey Deutch in una scena di Nouvelle Vague

"Voglio immergermi nel 1959 con la mia macchina da presa e ricreare l'epoca, le persone, l'atmosfera. Voglio frequentare la cerchia della Nouvelle Vague." 13 anni fa, con questo intento, Richard Linklater, tra i più significativi rappresentanti del cinema indipendente americano, insieme agli sceneggiatori Holly Gent e Vince Palmo, ha iniziato ad accarezzare l'idea di poter intraprendere un viaggio dentro quel paese dei balocchi che nel suo immaginario di giovane aspirante regista, deve essere sembrata la Parigi della Nouvelle Vague e di miti cinematografici come Jean-Luc Godard, Francois Truffaut e tutti gli altri esponenti della "nuova onda" di fine anni '50.

Nouvelle Vague Foto
Guillaume Marbeck e Richard Linklater sul set di Nouvelle Vague

Con l'entusiasmo contagioso di un bambino che può finalmente mettere in scena la storia della genesi dei supereroi che tanto ama e la spavalderia, necessaria aggiungeremo, dello straniero che non essendo francese, si può permettere di guardare alla Nouvelle Vague senza timori o doverose riverenze, Richard Linklater con la massima cura al dettaglio, racconta la realizzazione di Fino all'ultimo respiro, come se fosse stato lì ad assistervi.

Nouvelle Vague: un'impresa riuscita

È questo il centro di Nouvelle Vague, che, dopo il successo nel concorso del Festival di Cannes, è passato alla Festa del Cinema di Roma. Girato in trenta giorni, dieci in più di quelli impiegati da Jean-Luc Godard per realizzare Fino all'ultimo respiro, il film, come da sinossi che diventa promessa mantenuta, conserva lo stile e lo spirito del capolavoro-manifesto della nuova onda.

Linklater riesce nell'impresa, sulla carta quasi impossibile, di realizzare un lavoro che non vuole essere né meta cinematografico come l'irraggiungibile Effetto Notte né diario di un regista (o in questo caso ancora aspirante tale) in crisi come . Nouvelle Vague ci ricorda che non c'è cinefilo che non abbia desiderato almeno una volta di essere catapultato dentro un bar della Parigi di fine anni '50, a bere e fumare, discutere di libertà nel cinema e film necessari, in compagnia di Chabrol, Truffaut, Godard, Rivette ed anche Agnés Varda o Suzanne Schiffman, il tutto rigorosamente in bianco e nero. Ed il bello è che Richard Linklater ci permette di fare tutto questo, come in un'esperienza di realtà virtuale.

La prima volta di un grande regista

Nouvelle Vague Frame
Aubry Dillion in una scena di Nouvelle Vague

Nouvelle Vague non è solo la storia della realizzazione di Fino all'ultimo respiro ma è prima di tutto la storia di come Jean-Luc Godard è diventato il regista che abbiamo amato, conosciuto e non dimentichiamo, a tre anni dalla sua scomparsa. Richard Linklater ce lo mostra come forse non lo abbiamo mai immaginato, l'unico tra i suoi compagni critici e redattori della storica ed iconica rivista Cahiers du Cinéma a non aver ancora diretto un lungometraggio.

Nouvelle Vague Immagine
Guillaume Marbeck in una scena di Nouvelle Vague

Durante una cena, a Suzanne Schiffman fa addirittura il conto delle opere realizzate dagli altri mentre lui ha all'attivo solo cortometraggi. È preoccupato, ansioso, tormentato dal pensiero di aver perso la sua occasione di essere parte attiva di quel movimento che ormai si sta definendo. E come sempre accade nelle storie vere, quando sai come andrà a finire, è impossibile evitare il sorrisetto consapevole nell'assistere a tutta questa prima parte del film, dove Godard si convince che è ora di dismettere gli abiti del critico e indossare quelle del regista perché ciò che farà dopo lo porterà a firmare un capitolo di storia del cinema. È un po' come vedere il proprio supereroe preferito acquisire i propri poteri per la prima volta.

La nascita di un movimento

Nouvelle Vague Cast
Aubry Dillion, Guillaume Marbeck e Zoey Deutch in una scena di Nouvelle Vague

Ed è proprio da supereroi che Linklater tratta gli esponenti della Nouvelle Vague che provvede a presentare sin dall'inizio, ognuno con il proprio cartello con nome, come a fare l'appello e rassicurare lo spettatore che ci sono tutti, persino il nostro Roberto Rossellini, a rimarcare l'influenza che il neorealismo italiano ha avuto sulla corrente francese. "Si dovrebbe girare solo per urgenza e necessità" ricorda il regista italiano all'intero gruppo di registi, come in un passaggio di saggezze più che di consegne. Per non perdere mai quel sentimento di autenticità verso gli avvenimenti che narra e favorire la totale immersione, Richard Linklater sceglie poi attori sconosciuti, alla loro prima esperienza o quasi, a partire dagli interpreti, vicini alla perfezione, di Godard e Jean Paul Belmondo: Guillaume Marbeck e Aubry Dillion.

L'unica eccezione la fa per Zoey Deutch, interprete della protagonista di À bout de souffle, l'americana Jean Seberg. Figlia del regista Howard Deutch e l'attrice Lea Thompson, è conosciuta ma non troppo, il che la rende credibilissima (nonché estremamente verosimigliante) nel ruolo di un'attrice che sta cercando definitivamente la sua strada. Infine, con l'aiuto di un formato in 4:3, la grana della pellicola e il doveroso bianco e nero, Richard Linklater, in un certo senso, ci fa assistere al primo ciak di Godard, al suo primo "Coupez!" e così facendo diventiamo testimoni della vera nascita di un movimento.

Una lettera d'amore al cinema

Prima di fare la conoscenza della Nouvelle Vague e dei registi e i film che l'hanno definita, per il giovane 20enne, aspirante scrittore Richard Linklater, il cinema era rappresentato da Hollywood e delle regole troppo strette e irraggiungibili da seguire. Non era certo possibile mezzo espressivo di sentimenti, emozioni, libertà e nuove visioni. L'incontro con la "nuova onda" ha reindirizzato la vita del regista americano e gli ha mostrato la via facendogli capire che un altro modo di fare cinema era possibile.

Nouvelle Vague Momento Del Film
Guillaume Marbeck e Zoey Deutch in una scena di Nouvelle Vague

Acquisita questa informazione, diventa sempre più chiaro che questo è il film di un fan, una lettera d'amore alla Nouvelle Vague ed a chi diventa fonte di ispirazione, motore e motivazione di un'opera cinematografica. Godard sapeva veramente cosa voleva ottenere da un'inquadratura, aveva veramente le idee chiare sulla direzione da dare al suo Fino all'ultimo respiro? Non lo sapremo mai ma registriamo la sua fiducia nel potere del cinema, dell'improvvisazione, delle idee, delle intuizioni. Uscendo dalla proiezione del film viene voglia di ricominciarla daccapo per poi tornare a vedere il titolo del 1960, sapendo di conoscerne qualche segreto in più. La lettera d'amore di Richard Linklater al cinema che gli ha cambiato la vita, diventa anche la nostra, in un omaggio collettivo e condiviso, tra regista e spettatore.

Conclusioni

Nouvelle Vague, presentato alla Festa del Cinema di Roma, dopo il passaggio in concorso a Cannes, è il film con cui Richard Linklater racconta la nascita di Fino all’Ultimo respiro, esordio alla regia di Jean-Luc Godard e manifesto della corrente cinematografica francese. Realizzato come se fosse un film del 1959, Nouvelle Vague testimonia la libertà e il fermento dell’epoca e non manca mai di entusiasmo e credibilità grazie anche alla scelta di attori sconosciuti, pronti a impersonare i maggiori registi di allora. Nouvelle Vague è lettera d’amore personale e collettiva per il cinema che cambia la vita.

Movieplayer.it
4.5/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • Linklater prima di essere il regista, è principalmente un cinefilo e fan della Nouvelle Vague.
  • Si avvale di attori sconosciuti ma abilissimi che “diventano” di fatto gli esponenti della Nouvelle Vague.
  • Fa sentire lo spettatore testimone diretto della nascita del movimento.

Cosa non va

  • L’attore che interpreta Rossellini, Laurent Mothe, parla troppo bene francese per essere credibile.