Recensione L'apprendista stregone (2010)

La chiave di lettura di questa nuova versione del classico Disney sembra proprio il contrasto tra antico e moderno; l'operazione orchestrata da Turteltaub è meno divertente di quanto si potesse immaginare, ma abbastanza avvincente da spingere il pubblico a passare un paio d'ore in totale relax.

Non ci credo, ma è vero

Nel 750 d.c. la lotta fra i seguaci di Merlino e la malvagia Morgana si chiude con la morte del mago e la cattura della perfida fattucchiera ad opera del coraggioso stregone Balthazar Blake. Nella Grimhold, una prigione a forma di matrioska, finiscono tutti i pericolosi morganiani, da Maxim Horvath, passato al lato oscuro della magia quando la diletta Veronica gli ha preferito Balthazar, alla dolce strega dai lunghi capelli bruni, che in un supremo sacrificio ha assorbito lo spirito di Morgana per salvare l'amato bene. I pericoli per il genere umano, però, non sono finiti. Balthazar ha un'ultima missione da compiere, trovare il sommo merliniano, colui che salverà il mondo da fine sicura. Come in ogni fiaba che si rispetti il prescelto è un ragazzino che non sa mentire, si chiama Dave e frequenta la quarta elementare. Dieci anni dopo il loro primo incontro, Balthazar e Dave, diventato nel frattempo un brillante studente di fisica, uniscono le loro forze per bloccare Horvath e la rediviva Morgana, desiderosa quanto mai di attuare la sua vendetta e assoggettare l'intera umanità.

Bei tempi quelli in cui bastava un semplice abracadabra per realizzare un incantesimo. Gli stregoni di oggi si sono evoluti: hanno bisogno di antenne satellitari per mettere in pratica i loro piani, all'occorrenza guidano Porsche e sanno che per metà la magia è soprattutto scienza. Con questo assunto Jon Turteltaub (Un amore tutto suo, Il mistero dei templari) ridà vita a L'apprendista stregone, uno degli episodi più amati di Fantasia, caposaldo disneyano dell'animazione moderna datato 1940, ispirato a sua volta al poema di Goethe del 1797. Non è stato affatto semplice espandere l'idea contenuta nel grande classico di Walt Disney, un gioiello di sottile perfidia in cui per una volta Topolino il buono era il pigro apprendista che per dimezzare il suo lavoro di sguattero, faceva leva sulle sue acerbe arti magiche, senza riuscire ad evitare un mezzo disastro (e gli scappellotti dello stregone). La chiave di lettura di questa nuova versione sembra proprio essere il contrasto tra antico e moderno, vecchi trucchi e tecnologie avanzate. In fondo per ammissione dello stesso Balthazar lo stregone è solo uno che sa utilizzare il 100% del suo cervello e tutte le formule rimandano in realtà a dei fenomeni chimici e fisici. Insomma, è tutta questione di intelligenza e il ruolo di Dave lo dimostra pienamente se è vero che per combattere i cattivi usa delle strategie degne di Albert Einstein.
Il protagonista del film, interpretato da Jay Baruchel, ormai lanciato nell'empireo dei nerd, non è certo il tipo che vada in messo in guardia dai pericoli dell'arroganza. Da bravo ragazzo qual è ambisce ad una vita normale, senza magie, ma il compito che lo attende è ben più gravoso di quanto si aspetti. Ecco che il saldo vincolo d'amicizia e rispetto che si instaura con il suo mentore Balthazar, interpretato da uno statico Nicolas Cage, attore feticcio di Turteltaub, diventa l'asse portante dell'evoluzione del suo personaggio; una figura che non fa che ripetere "Non ci credo" davanti alle avventure che si trova a vivere. La regia di Turteltaub, solido artigiano dell'intrattenimento per giovani, si concede ben pochi momenti esaltanti, tra questi inseriamo la sequenza ambientata a Chinatown durante il capodanno cinese, l'elettrizzante corteggiamento di Dave nei confronti di Rebecca (Teresa Palmer) e, ovviamente, il momento della danza dei manici di scopa. Per l'occasione Trevor Rabin rimodernizza il leggendario componimento sinfonico di Paul Dukas risalente al 1897 e diretto dal maestro Leopold Stokowski in Fantasia. Nonostante la profusione di effetti speciali e qualche spunto comico come la disperazione dello spazzolone che imita le smorfie di Dave, il risultato finale è decisamente inferiore all'originale. In un panorama di questo tipo sono i cattivi a rubare la scena; in particolare risulta efficace l'interpretazione di Horvath da parte di Alfred Molina, l'unico a concedersi un po' di più alla macchina da presa. Non giudicabile, invece, il contributo di Monica Bellucci che veste i panni di Veronica. L'operazione orchestrata da Turteltaub è meno divertente di quanto si potesse prevedere, ma resta una godibile cavalcata tra magie di ieri e di oggi, abbastanza avvincente da spingere il pubblico a passare un paio d'ore in totale relax.

Movieplayer.it

3.0/5