Netflix ha debuttato in Italia il 22 ottobre 2015. Sei giorni prima, nel resto dei territori dove il servizio di streaming era già disponibile, gli utenti hanno avuto la possibilità di visionare Beasts of No Nation, il primo lungometraggio originale di finzione realizzato (quasi) esclusivamente per la fruizione su tale piattaforma, precedentemente proiettato alla Mostra di Venezia (dove ha vinto il Premio Mastroianni per l'interpretazione del giovane Abraham Attah) e al Festival di Toronto. Da allora sono stati prodotti altri quattordici lungometraggi disponibili solo su Netflix (ma in alcuni casi, sui quali ritorneremo, si tratta di film di cui il gigante dello streaming ha comprato i diritti a posteriori, subito prima o dopo il passaggio in determinati festival), con altri cinque che hanno già la data d'uscita confermata entro la fine del 2016. Questo senza contare una sterminata produzione di documentari e comedy specials, attiva già dal 2012, prima ancora che Netflix passasse alla realizzazione di materiale seriale originale. A poco più di un anno dalla prima visione di Beasts of No Nation, possiamo quindi tirare provvisoriamente le somme sulla produzione "cinematografica" del servizio.
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Streaming vs. sala
La grande controversia legata a questa incursione di Netflix nella realizzazione di film riguarda soprattutto la cosiddetta window di 90 giorni nei quali i lungometraggi dovrebbero essere visibili solo al cinema, prima di uscire in home video e su piattaforme on demand di vario genere. Nel caso specifico di Beasts of No Nation, per poterlo qualificare agli Oscar, è stata organizzata un'uscita cinematografica negli Stati Uniti il giorno stesso del suo debutto sulla piattaforma. Un'uscita più tecnica che altro, soprattutto perché le più importanti catene di multiplex in America - AMC, Cinemark, Carmike e Regal - hanno rifiutato di proiettare un film che non rispettasse il principio della window. Per gli altri film disponibili su Netflix non è ancora stata usata una strategia simile, ma alcuni di questi, come Beasts ai tempi, sono stati presentati in alcuni festival internazionali, principalmente Sundance e Toronto, prima dell'uscita ufficiale.
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Molto rumore per nulla
L'altro grande problema dei film, perlomeno quelli di finzione, è che, salvo rare eccezioni, non sono esattamente all'altezza delle aspettative associate ad un brand forte come Netflix. Nonostante le reazioni tutto sommate positive della critica, Beasts of No Nation ha fatto parlare di sé soprattutto a causa della controversia di cui sopra e per il suo essere il primo vero film realizzato per la piattaforma. Crouching Tiger, Hidden Dragon: Sword of Destiny, sequel de La tigre e il dragone, è stato criticato dai fan poiché girato in inglese (ma tale decisione è comprensibile in quanto il capostipite fu preso di mira dal pubblico cinese per la presenza di attori che non parlavano il mandarino come lingua madre). A fare la figura migliore, e forse non tanto a sorpresa, sono proprio quei film di cui Netflix ha acquistato i diritti in un secondo momento: Hush - il terrore del silenzio, The Fundamentals of Caring e Tallulah (il primo era al South by Southwest, gli altri due al Sundance). C'è quindi una problematica, ancora da risolvere, legata al quality control delle produzioni autoctone, a volte con risultati davvero sorprendenti (in negativo).
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Veterani che deludono
Quasi nessuno è rimasto sorpreso dalla scarsa qualità di The Ridiculous 6 e The Do-Over , due dei quattro film previsti da un accordo tra Netflix e Adam Sandler (le cui disavventure goliardiche sono molto popolari sulla piattaforma, motivo per cui ha felicemente firmato il contratto). Diverso il discorso per due nomi di punta della comicità anglosassone come Ricky Gervais e Christopher Guest, autori rispettivamente di Special Correspondents e Mascots. Nel primo caso, l'acidità satirica del creatore di The Office cede il posto ad una prevedibile e maldestra satira sul giornalismo televisivo (con la scusante solo parziale che il materiale di partenza - un film francese del 2009 - non fosse particolarmente forte di suo); nel secondo si sente soprattutto l'assenza del cast fidato di Guest, maestro del mockumentary e dell'improvvisazione che qui si ritrova a gestire un gruppo nuovo visibilmente non in sintonia con il suo modo di fare cinema. Una delusione cocente, soprattutto se si fa il paragone con le opere precedenti di entrambi i comici (disponibili su Netflix a seconda dei territori).
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Meno male che c'è il documentario
A risollevare le sorti della produzione di lungometraggi di Netflix c'è la componente non-fiction, meno pubblicizzata il più delle volte ma ricca di progetti molto interessanti, tra cui i recenti Audrie & Daisy e Amanda Knox. Per non parlare dell'autentico colpaccio di Dentro l'inferno, folgorante opera di Werner Herzog vista alla Festa del Cinema di Roma e disponibile online a partire dal 28 ottobre. Se i registi dei film di finzione si comportassero come il cineasta tedesco, per nulla inibito dalle nuove circostanze produttive, si potrebbe cominciare a parlare di Netflix come di un elemento maggiore nella produzione cinematografica. Al momento, in attesa dei nuovi titoli, tale reparto rimane però ancora poco sviluppato anziché qualcosa di veramente fondamentale.
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