Recensione Dark Water (2005)

Salles guarda dall'alto, osserva, usa camere all'interno degli ascensori e si perde nello scrutare dal superiore i protagonisti, in una visione distorta di chi vive la propria passione personale.

Nero più del nero

Il nero, il grigio, la notte, il buio. Il buio della mente, quello che abbiamo all'interno del cervello quando non si è lucidi o quando semplicemente non si riesce a ricordare. Il passato oscuro e nebbioso e ciò che è accaduto. Tutto si rammenta con difficoltà rappresentando solo ombre impalpabili, fra verosimiglianza e finzione. L'infanzia è vissuta e alcuni attimi sono fotografie indelebili proiettate nello schermo dell'esistenza senza via di scampo, pronte a rinascere in ogni attimo rappresentando dolore e felicità.

Dark Water, remake statunitense di un film giapponese del 2001 di Hideo Nakata, diretto in questa nuova versione da Walter Salles, è un film inquietante, oscuro, che non fa recriminare l'originale. Dahlia ha vissuto un'infanzia disturbata con una madre poco presente e il senso di abbandono. Oggi è separata, ha una figlia e la necessità di trovare una casa che sia a misura di reddito, fuori da Manhattan, in un quartiere industriale, privo di vita, con le finestre luminose ma serrate (questo è il vero orrore), per continuare la vita famigliare lontana dal marito. L'incubo arriva, e arriva dalla casa, dai muri, dal soffitto. E' un incubo nero come l'acqua che proviene dai tetti.

Salles guarda dall'alto, osserva, usa camere all'interno degli ascensori e si perde nello scrutare dal superiore i protagonisti, in una visione distorta di chi vive la propria passione personale. Si immerge nel non colore, nella percezione della freddezza (la vista della industrialità dei palazzi gelidi e inerti che la bambina osserva al momento della visita della casa è emblematica), nel nulla, nel senso della drammatica quotidianità. Poco esiste, tutto è fermo e si muove nell'inconscio, e Jennifer Connelly, perfetta protagonista con le sue rughe meravigliose, non pensa e si immola per il significato ultimo della luce del giorno. Ora nero. Ora bianco.