Napoli Magica, la recensione: Marco D'Amore e il canto crepuscolare a una città solare

La nostra recensione di Napoli Magica, film diretto e interpretato da Marco D'Amore tra il documentario e la rappresentazione simbolica di una città che vive su un sottosuolo fatto di misteri e leggende.

Napoli Magica, la recensione: Marco D'Amore e il canto crepuscolare a una città solare

"Napule è mille culure; Napule è mille paure". Napoli è una e mille sfumature di un città che vive, cade e sa rialzarsi. Napoli è un corpo che cammina su un cuore sotterraneo che batte. È una città magica Napoli, dove il sacro e il profano si incontrano generando un cortocircuito dall'odore di mare e pizza calda. È la superstizione che abbraccia la santità di San Gennaro, mentre il volto di Maradona domina le strade cittadine attraversate da motorini affollati come Spaccanapoli.

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Napoli Magica: una foto

È una città ibrida, dai mille volti e centinaia di anime divergenti, Napoli, proprio come ibrida è la natura del film che Marco D'Amore dedica alla sua città. Come sottolineeremo in questa recensione di Napoli Magica (film prodotto da Sky e Mad Entertainment), riassumere un universo così diverso eppure identico, inebriante e travolgente, minaccioso e materno è quasi impossibile; tanto vale allora affidarsi a diversi linguaggi filmici per tradurre le mille e più sfumature di una città che è "'na camminata", ma anche "tutto nu suonno". E camminando e sognando D'Amore si fa guida turistica e spirituale tra una città che vive sotto il sole, e respira all'ombra delle leggende, dei miti, di quell'incantesimo che la rende così unica, così particolare, così magica.

Eppure, giocare con codici differenti e nature antitetiche nello spazio di un solo racconto è un uovo fragile, pronto a spaccarsi facendo crollare tutto il bello che si nasconde dietro a ogni vicolo e ogni parte di narrazione. Fragile, proprio come l'uovo nascosto all'interno del Castel dell'Ovo che se trovato e distrutto porterebbe alla rovina l'intera città. In Napoli Magica non c'è alcuna decostruzione, ma tanto disequilibrio, soprattutto in funzione di un'opera che proprio per il suo essere incentrata sulla magica bellezza di una città dicotomica, posta tra fantasia e realtà, credo popolare e onesta quotidianità, non aveva bisogno di ulteriore immaginazione per essere narrata; bastava la voce di chi quella città la vive, la conosce, la rende magica.

Napoli Magica: la trama

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Napoli Magica: un frame del film

Marco D'Amore si mette alla ricerca della magia di Napoli, città da sempre sospesa tra realtà e rappresentazione. L'attore e regista passeggia per le vie della città alla ricerca dei suoi misteri e delle sue leggende, seppelliti nel tufo dei suoi sottofondi. Visitando il cimitero delle Fontanelle, o il Castel dell'Ovo, D'Amore vede prendere vita personaggi come Parthenope, il munaciello, le anime pezzentelle e Pulcinella. Napoli diventa così un ricettacolo di sensazioni contrastanti, nate da un continuo gioco di contrasti.

La paradossale magia di una città dicotomica

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Napoli Magica: una scena del film

C'è qualcosa di paradossale in Napoli Magica. Paradossale e dicotomica come la natura della città che abbraccia e racconta. Un senso ossimorico che prende corpo dalla stessa presenza di Marco D'Amore, regista e guida virgiliana tra vicoli urbani, e il sottosuolo cittadino di una Napoli che vive e sopravvive. L'attore che si è fatto portavoce e vessillo di quello strato di minaccia e violenza che avvolge silente la Napoli criminale, ora affonda le radici nella sua aura più mistica, lontana e spirituale. Il processo di realtà fattasi finzione avviato con Gomorra - La Serie viene ora preso e ribaltato per tramutare la magia in realtà. Camminando tra vie affollate, l'attore e regista si ferma a salutare i propri compaesani, fa foto insieme a loro, per poi interrogarli sul perché Napoli sia così magica. Momenti unici, di vita reale, attraverso i quali tutta l'unicità di un popolo caloroso, insignito di vizi e virtù, difetti e pregi, viene ora immortalata da inquadrature ad ampio spettro, campi lunghi in cui inserire e far convivere il mondo della magia illusoria per eccellenza come il cinema, e quella della vita reale. Poi l'uomo lascia spazio al personaggio; l'attore si fa interprete, la recitazione prende il sopravvento e tutto cambia, tutto si decostruisce perdendo di magia.

Giocare con la realtà perdendo di magia

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Napoli Magica: Marco D'Amore in una foto

Èd è proprio nello spazio di questa prima parte che si ritrova la bellezza di un'opera che tanto poteva offrire, ma poco rilascia al proprio pubblico. Nel suo presentarsi negli abiti di pseudo-documentario, Napoli Magica travolge lo spettatore, cullandolo tra le braccia materne della propria città. Senza intermediazioni drammaturgiche, ma lasciando il potere dell'immaginazione al fluire dei ricordi e dei racconti popolari di chi quel mondo lo vive tutti i giorni, D'Amore redige il poema più sincero e affettuoso da dedicare alla sua città. Accompagnato da inserti paesaggistici, e dettagli architettonici del cimitero delle Fontanelle, della cappella del Cristo Velato, o delle Catacombe di San Gaudioso, l'attore si traveste da guida turistica, e curioso divulgatore. Il corpo di D'Amore diventa della stessa sostanza di cui è fatta l'aria cittadina; si tramuta in filtro umano attraverso il quale ogni sfumatura di Napoli possa trovare il proprio spazio per colpire nuovamente al cuore degli spettatori, inebriandoli con i propri misteri e infinite curiosità.

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Napoli Magica: una sequenza del film

Poi qualcosa cambia; quel mondo lasciato nello spazio del fuori campo, fatto di sirene, spiritelli e paure nefaste, prende vita tramutandosi in creature cinematografiche. Il documentario lascia così spazio alla trasposizione filmica; la fantasia e i suoi prodotti mentali non sono più elementi intangibili nati dall'immaginazione dello spettatore, ma si fanno prodotto corporeo, unico e visibile, lontano da quel senso di magia che permeava la prima parte di Napoli Magica. L'incantesimo si spezza; Napoli si fa semplice sottofondo urbano di una storia autoreferenziale, dove la poesia viene depotenziata nel momento stesso in cui la fantasia viene lasciata a briglia sciolte, e il canto di una città dalle mille vicissitudini viene ridotta a personaggio di contorno, non più protagonista; non più mistero da decifrare, o enigma da sciogliere.

Due colori di una sola città

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Napoli Magica: una sequenza

Che Napoli viva su una continua opposizione simbiotica, dove il buio incontra la luce, la gentilezza abbraccia la tensione, e il mondo dei morti insegue quello dei vivi, è un aspetto che D'Amore tenta di tracciare e rendere visibile con la sua opera; una traduzione condotta anche in termini fotografici a opera di Stefano Meloni il quale riesce a colorare le due parti salienti di Napoli magica: c'è la Napoli viva, brillante, calda, illuminata da una tonalità seppia che sa di mare, di abbraccio umano, di cucine accese e vie affollate; e poi c'è la Napoli sotterranea, tetra, buia, inafferrabile e nebulosa. È la Napoli che sospira pensieri e parole alle orecchie più sensibili e alle menti pronte ad accogliere i suoi canti inascoltati; menti come quella di D'Amore, che tenta con la sua Napoli Magica di scrivere un nuovo canto per celebrare la propria città, senza riuscirci appieno perché troppo incastrato tra le maniglie della fantasia quando bastava aggrapparsi alla più semplice e umile realtà di una città la cui bellezza "a' sape tutto o' munno, ma nun sanno a' verità".

Conclusioni

Concludiamo questa recensione di Napoli Magica sottolineando come la seconda opera da regista di Marco D'Amore avrebbe sicuramente colpito maggiormente se incentrata sui canoni del documentario, gli stessi che permeano la prima parte della pellicola. Lanciata in mezzo alla Napoli che vive, quella reale, l'opera vive di magia; è nel momento in cui tutto si fa cinema in azione che tale magia si perde, tramutandosi in un ennesimo sguardo cinematografico su Napoli e i suoi misteri.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
3.8/5

Perché ci piace

  • La prima parte del film, dove è il racconto dei napoletani a rivestire di magia la città.
  • La fotografia duale, giocata sul contrasto tra la luce della Napoli allegra, e l'ombra della città sotterranea.

Cosa non va

  • La seconda parte, dove tutto si fa mera rappresentazione cinematografica, perdendo di magia e vestendosi di finzione.
  • Il cambiamento da Marco D'Amore come parte di quella Napoli che indaga, e il Marco D'Amore attore che interpreta una parte.
  • L'incursione di personaggi mitici ora tramutati in personaggi cinematografici.