Chissà se si ripeterà la polemica già vista a Cannes, con i due film in concorso per la Palma d'oro. Probabilmente no, probabilmente l'Academy non avrà problemi ad accettare l'idea che Netflix possa diventare un protagonista importante dei futuri Oscar, d'altronde già l'anno scorso Amazon aveva addirittura portato a casa due statuette per Manchester by the Sea. Eppure l'argomento Netflix contro il grande schermo, per quanto possa sembrare assurdo a molti, è tanto in voga in questo periodo.
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Va detto che questo Mudbound di Dee Rees non è stato prodotto da Netflix, ma il colosso dello streaming ha acquistato i diritti del film solo dopo l'ottima accoglienza ricevuta allo scorso Sundance Film Festival. In più il film è sì disponibile su Netflix in tutto il mondo a partire dal 17 novembre 2017 ma negli USA arriverà anche in alcuni cinema selezionati di New York e Los Angeles, proprio per consentire (da regolamento) la partecipazione agli Oscar 2018.
E se si poteva discutere sull'effettivo valore dei due film visti a Cannes, Okja e The Meyerowitz Stories, e sull'oppurtunità di farli concorrere un premio così prestigioso come la Palma d'oro, di certo nessuno o quasi avrà da obiettare su eventuali candidature di questo Mudbound: un film potente nella messa in scena, importante e, purtroppo, sempre attualissimo nei temi che tratta e impreziosito da ottime performance attoriali da parte di tutto il cast, ma con un paio di nomi che probabilmente sentiremo spesso citare da qui al prossimo 4 marzo.
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(Soprav)Vivere senza scelte
Tratto dal romanzo omonimo di Hillary Jordan del 2008 e adattato per il grande schermo dalla stessa regista Dee Rees e dal produttore e sceneggiatore televisivo Virgil Williams, Mudbound è la storia di due famiglie unite da un pezzo di terra e da destini comuni, ma divise dal razzismo tipico del Mississipi rurale degli anni '40. L'ottimo script fa largo uso di bellissimi e intensi voice-over con cui ci presenta un po' alla volta i tanti protagonisti di questo melodramma corale dal crescendo drammatico particolarmente potente ed efficace: se fin dall'inizio colpisce la cura e la realizzazione di ogni singola scena (in più di un'occasione viene in mente il naturalismo tipico di Malick), è solo con il dipanarsi della storia e degli intrecci che emerge l'importanza e la forza della pellicola.
La vita di campagna invece che quella di città; il dover lavorare nella terra e nel fango invece che accudire la propria famiglia; l'avere a che fare con persone di colore che si ritengono inferiori; affrontare gli orrori della guerra in Europa e poi scoprire che c'è più riconoscimento e gratitudine in mezzo ai nemici che nel ritorno a casa. Non c'è un personaggio che possa dirsi soddisfatto della vita che si ritrova, che possa dire di aver potuto fare una scelta. Tutti in Mudbound sono vittime di un crudele destino e di un aspro contesto, geografico e sociale, che non perdona. E tutti gli attori sono perfetti nel mostrarci le ferite di questi personaggi, ma anche la loro fierezza: sarà probabilmente la sorprendente performance di Mary J. Blige a farsi notare di più, ma tutti i colleghi - a partire da Carey Mulligan, Jason Clarke e Garrett Hedlund per finire con Jonathan Banks, Jason Mitchell e Rob Morgan - non sono assolutamente da meno.
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Sangue e fango
Perché quello che rende speciale e particolarmente potente questo Mudbound è il suo essere davvero corale. Più volte all'inizio Dee Rees sembra indugiare su uno o più personaggi e viene spontaneo immaginare che il film ad un certo punto diventerà la storia di uno di loro nello specifico. Non è così, eppure ogni frammento di storia, ogni dettaglio apparentemente superfluo, ha un suo significato ben preciso. Ha l'unico scopo di farci realmente tenere al destino di questi personaggi così diversi tra loro, così apparentemente inconciliabili, eppure legati dal nostro affetto, dal nostro sincero interesse. Dalla nostra pietà.
Perché sebbene la tragedia si nasconda dietro ad ogni angolo, sebbene non si possa che condannare e guardare con orrore alcune sequenze davvero forti, è chiaro fin dall'inizio che qui il vero nemico, il vero cattivo, è solo uno: l'America stessa. Non il singolo personaggio, non la singola azione, ma l'idea stessa che un paese come gli USA abbia realmente superato certe differenze e abbia accolto realmente un periodo in cui uguaglianza e solidarietà significhino davvero la stessa cosa per tutti. Non c'è retorica in Mudbound, non c'è neanche davvero una critica vera e propria, c'è solo la volontà di rappresentare una situazione purtroppo vera che può vedere coinvolte persone comuni, persone che si trovano loro malgrado ad affontare una vita diversa da quello che si aspettavano. Ed accettare che i sogni e le speranze non sempre si avverano, a volte finiscono coperte dal fango.
Movieplayer.it
4.0/5