"La pandemia ha cambiato le cose, ma credo e spero che le persone continuino ad andare in sala. Almeno in Francia è così...". Il suggerimento, o meglio la speranza, arriva all'inizio dell'intervista, come se fosse un'esortazione. Fuori c'è un caldo sole romano che entra dalle finestre socchiuse di un albergo a pochi passi da Villa Borghese. Al centro della stanza, nella sua elegante silhouette, ecco Isabelle Huppert, tornata nella Capitale per accompagnare Mon Crime - La colpevole sono io di François Ozon, che l'aveva diretta in 8 donne e un mistero nel lontanissimo 2002. Più di vent'anni dopo, rieccola in un ruolo sui generis, ossia (e ormai in declino) Odette Chaumette, attrice del muto in declino disposta a tutto pur di non scendere dal palcoscenico. Il film, infatti, è ambientato negli anni '30, a Parigi, e segue la squattrinata attrice Madeleine Verdier, accusata ingiustamente di omicidio. Ad aiutarla, Pauline, avvocatessa disoccupata.
Il film è un libero adattamento dell'omonima pièce del 1934 di Georges Berr e Louis Verneuil, e proprio l'adattamento è lo spunto di partenza per il nostro incontro stampa con Isabelle Huppert: "Naturalmente, Ozon trova piacere nel prendere opere più vecchie per attualizzarle. Questo film diventa quindi un manifesto, verso le due protagoniste e verso il mio personaggio. Certo, il mio personaggio non è così femminista, vuole recuperare i soldi e tornare a fare l'attrice". Se c'è una caratteristica che la identifica, quella è la parlantina: "Diciamo che la caratteristica del mio personaggio è la parlata veloce", prosegue Isabelle Huppert. "Sono arrivata sul set senza aver riflettuto molto, e volevo dare una connotazione generale. È ossessionata dal malinteso che accompagna il film, fin dal titolo".
Le scelte di Isabelle Huppert
Durante l'intervista, organizzata all'interno del Rendez-Vous Film Festival, l'attrice francese - ben sedici nomination ai Premi César, un record - ha spiegato cosa la spinge ad accettare o meno un copione. "Le mie scelte sono dettate dalla voglia di lavorare con uno o l'altro regista. Generalmente i film sono sfumati, e contengono diversi elementi. Anche ne 'La syndacaliste' che non è una commedia ha momenti di umorismo. Ecco, non scelgo i ruoli ma i registi. Non ho mai considerato la mia carriera in base ai personaggi, piuttosto in base agli autori. Mi interessa lo sguardo, il rapporto tra un regista e un attore. E cosa può nascere da questo incontro. Cosa che avviene anche con i registi teatrali, portandomi a lavorare anche con l'astrazione. Con il cinema ti avvicini alla realtà, sul palco sei accanto all'astratto".
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"Vorrei interpretare un uomo!"
A proposito de La syndicaliste, diretto da Jean-Paul Salomé e in arrivo al cinema nel 2023 dopo il passaggio alla Mostra del Cinema di Venezia, Isabelle Huppert ha voluto tracciare un parallelo, tra donne e potere "Le donne hanno potere, e penso al mio ruolo ne 'La syndicaliste': il mio personaggio vuole sfruttare il suo potere per salvare molti posti di lavoro. Ma per farlo dovrà pagare un prezzo alto". Un aggancio verso la più stretta attualità: "Il movimento #MeToo ha portato una presa di conoscenza. Ha portato alla luce cose che le donne hanno subito e che continuano a subire. Ma non credo che porterà un cambiamento significativo, anzi credo che bisogni continuare a lavorare per avere dei posti centrali. Non per forza vincitrici, ma centrali nella storia". E allora, un sogno che suona come un'affilata provocazione: "Chi vorrei interpretare in futuro? Magari un uomo...".