Recensione Possessed (2009)

Insolito tentativo di rivitalizzare l'horror asiatico inoculando riflessioni sul tema della fede, 'Possessed' riesce ad affascinare per l'amalgama di suggestioni religiose evocate, dal cristianesimo alla ritualità pagana, e per l'originalità di alcune soluzioni visive.

Mistero della fede

In questa stagione cinematografica così avara di spaventi asiatici, l'opera prima del coreano Lee Yong-Joo è stata accolta con un certo entusiasmo da critici e appassionati del genere, e non è difficile comprenderne le ragioni. Possessed cerca infatti di rinnovare una formula che ormai da alcuni anni ha dimostrato di essersi logorata - quella della ghost story alla Ringu - coniugando il tema del mistero soprannaturale con un originale spunto di riflessione sulla questione della fede e della religiosità. Il tentativo non può dirsi pienamente raggiunto, ma se non altro suscita un certo fascino lo strano sincretismo religioso che anima il film, amalgamando senza soluzione di continuità cristianesimo (diffuso in Corea del Sud molto più di quanto si pensi), possessioni demoniache e rituali sciamanici d'ascendenza pagana.

Hee-Jin torna a casa per indagare sulla sparizione della sorella più piccola, So-Jin, da molto tempo vittima di gravi disturbi psichici. La loro madre, in seguito a una serie di eventi traumatici, è divenuta una fervente cristiana, e ritiene che qualunque problema vada risolto con un unico metodo: la preghiera. A Hee-Jin non resta che indagare assieme al cinico detective Tae-hwan, venendo a scoprire una catena di strani suicidi che coinvolgono i coinquilini del palazzo. La vicenda si intorbidisce quando viene a galla che So-Jin è stata coinvolta in uno strano rituale, teso a evocare uno spirito demoniaco.

Il pregio del film di Lee Yong-Joo è proprio quello di affrontare, pur attraverso le canoniche convenzioni dell'horror asiatico, la questione della fede in modo critico e articolato, offrendo una lettura ambigua e dialettica che da una parte insiste sul bisogno di "credere" per sopravvivere, dall'altra nega un'interpretazione univoca e chiarificatrice sul mistero. Nonostante la complessità dei temi scomodati, a Possessed manca però la capacità di osare fino in fondo, liberandosi del tutto dai legami con le consuetudini del genere. Il film presenta uno sviluppo piuttosto incardinato nella struttura tradizionale dell'horror orientale, con richiami evidenti a film come Two Sisters, finendo per risultare in fin dei conti l'ennesima variazione sul tema della maledizione demoniache in stile The Grudge.
A Possessed va però riconosciuta la capacità di mettere in scena una serie di sequenze dal taglio enigmatico e disturbante, ricorrendo a oscure e criptiche simbologie che sembrano quasi surrealiste (una gru che appare all'improvviso, un dente cavato, una testa d'uccello), e di distanziarsi in alcuni casi dall'iconografia tradizionale degli spettri. Un ulteriore talento che va riconosciuto all'esordiente Lee Yong-ju è quello di aver saputo conferire la giusta centralità alle espressioni degli interpreti come fonte primaria di inquietudine, affidandosi al talentuoso cast, in particolare le due sorelle Nam Sang-mi e Shim Eun-gyeong.