Difficilmente potremmo trovare un romanzo per ragazzi contemporaneo più "burtoniano" di La casa per bambini speciali di Miss Peregrine. La fiaba di Ransom Riggs è una sintesi di tutti i temi della poetica del regista californiano. Le difficoltà dell'adolescenza, le incomprensioni familiari, l'incapacità di integrarsi con i coetanei, la propensione verso ciò che è strano, alieno, diverso, il potere della fantasia. E' presente pure la centralità componente visiva, visto che il libro di Riggs è nato proprio dal ritrovamento di strane fotografie di freaks (i bambini speciali del titolo) intorno alle quali è stato poi cucito un racconto. Tim Burton si è trovato tra le mani il materiale perfetto per fare ritorno ancora una volta dietro la macchina da presa senza fare troppa fatica.
Se a livello tematico Miss Peregrine - La casa per ragazzi speciali ripropone, dunque, una storia profondamente burtoniana, la visione del film non produce quella sensazione inconfondibile che si prova assistendo a un film di Tim Burton. Da Edward mani di forbice a Mars Attacks!, da Il mistero di Sleepy Hollow a Big fish - Le storie di una vita incredibile, passando per le animazioni in stop motion, il regista californiano ha costruito tassello dopo tassello una poetica autoriale immediatamente riconoscibile. La tavolozza dei colori, il ripetersi di certi movimenti di macchina, il look dei personaggi.... Basta prendere un fotogramma a caso di una di queste pellicole per riconoscere l'impronta dell'autore che - non dimentichiamoci - nasce come disegnatore. Pur svelando un look apparentemente in continuità col passato, Miss Peregrine propone un cambio di rotta che si era già percepito, con tutti i limiti del caso, nel precedente Big Eyes.
Anche i freaks crescono?
L'outsider di turno stavolta è Asa Butterfield, volto nuovo nel cinema di Burton. Hugo Cabret è cresciuto, ha il corpo allampanato, lo sguardo limpido ed è portatore di un punto di vista privilegiato sulla vicenda. Quando il nonno Abe, dopo avergli chiesto aiuto, muore in circostanze misteriose, Jacob apprende che l'anziano aveva condotto per anni una duplice esistenza e si reca fin nella remota isola gallese di Cairnholm per scoprirne i segreti. Jacob, nuovo alter ego di Tim Burton, è privo dell'eccentricità e della vivacità dei suoi predecessori. Amante delle tinte forti, Burton si è rispecchiato in personaggi estremi e antirealistici come l'ipersensibile Ichabod Crane, i malinconici pierrot dark Edward mani di forbice e Jack Skeleton o il tormentato Bruce Wayne. Ebbene, rispetto a questa galleria di estrosi disadattati, Jack è una figura decisamente più anonima. Un adolescente solitario come tanti in cerca del proprio posto nel mondo.
Leggi anche: Dagli antieroi dark a Big Eyes: la Top 10 delle migliori performance nel cinema di Tim Burton
A 58 anni suonati Tim Burton è cresciuto? Difficile dirlo. Quello che possiamo notare in Miss Peregrine, però, è lo sforzo di trovare un approccio diverso nel'affrontare i soliti temi. E' come se il regista prendesse le distanze da se stesso per osservare la propria opera a debita distanza. In questo distacco emotivo sta la chiave del cambiamento. Se in Big Eyes Burton aveva scelto ad accostarsi a temi adulti - evento per lui raro - mettendo in scena un matrimonio in crisi e un marito colpevole di crudeltà mentale nei confronti della moglie, stavolta il cineasta va oltre applicando il nuovo linguaggio a cui è approdato ai problemi di sempre. Il risultato è una pellicola dalla doppia anima, una fiaba dark che lascia ampio spazio all'immaginazione, ma che allo sguardo giocoso e iconoclasta del passato contrappone una visione più pacata e riflessiva. O meglio, autoriflessiva.
Arte e riflessione sull'arte
La galleria di freaks ospitata nella casa di Miss Peregrine comprende ragazze capaci di volare, bambine dalla forza sovrumana o dotate di fameliche fauci dietro la nuca, gemelli inquietanti, bambini che ospitano uno sciame di api nel proprio corpo. A vegliare su di loro vi è la misteriosa Miss Peregrine, coraggiosa istitutrice che protegge i piccoli a ogni costo generando un loop temporale, un eterno presente fisso sulle 24 ore che precedono il bombardamento della casa dei bambini speciali. Dopo Lisa Marie ed Helena Bonham Carter, a interpretare Miss Peregrine è la nuova musa di Tim Burton, la magnetica Eva Green, che ha il potere di manipolare il tempo e il dono di trasformarsi in un falco pellegrino. Non mancano i cattivi di turno, mostruose creature gambalunga dotate di tentacoli a cui va aggiunto un inquietante Samuel L. Jackson che dà la caccia ai bambini per rubare loro gli occhi e mangiarli.
Sequenze visivamente abbacinanti si succedono con studiata lentezza. Se si esclude l'ultima mezz'ora, in cui il ritmo si impenna e la logica narrativa che sottende l'incastro di loop temporali si fa più complessa (a tratti confusa), il film si concede ritmi dilatati e piccole pause liriche. Lo sguardo dell'autore sembra perso dietro la bellezza delle immagini più che degli incastri temporali del racconto. Le citazioni tanto amate dal cinefilo Burton non mancano, ma non sono più puntuali come nel passato. Guardando Miss Peregrine non può non venirci in mente una Mary Poppins goth dark, mentre i bambini speciali hanno il sapore di X-Men ante litteram e lo humor stralunato della La famiglia Addams. Se si aggiunge la scelta di concedersi qualche sequenza in stop motion (dichiarata l'artificiosità del trucco), ecco che il film contiene un misto di echi ben noti. Questa dimensione alternativa viene, però, osservata con distacco.
Guarda la photogallery: La famiglia Addams, 50 anni da paura!
Non c'è partecipazione nel dramma dei personaggi, non c'è coinvolgimento emotivo né approfondimento psicologico della maggior parte dei caratteri. Tim Burton sembra più interessato a osservare il mondo che lui stesso ha creato nel tentativo di riflettere sulla propria poetica. Il regista si sceglie una posizione privilegiata per osservare a distanza le proprie idiosincrasie. Se a un primo livello Miss Peregrine è un'avventura fantastica, a una lettura meno superficiale si rivela una personale riflessione sull'arte e sul potere della narrazione. Burton sceglie come oggetto una materia che conosce a menadito per permettersi il lusso di usarla come materiale narrativo per esperimenti. Da tempo il regista non sembra più in grado di raggiungere le vette di un tempo, ma dietro l'apparente stanchezza qualcosa sembra muoversi. Ne è la prova Miss Peregrine, che si rivela l'opera più affascinante e suggestiva della fase più recente della produzione burtoniana.
Movieplayer.it
3.5/5