Tra le registe che maggiormente si sono distinte in questi ultimi anni nell'intero panorama cinematografico europeo, c'è anche un'italiana: Susanna Nicchiarelli, ormai habitué della Mostra dove ha anche vinto il premio Orizzonti per miglior film con Nico, 1988, ma per la prima volta in corsa per il Leone d'oro in questa atipica edizione di Venezia 77. Come vedremo in questa recensione di Miss Marx, la regista romana continua ad arricchire la sua filmografia con personaggi femminili di grande impatto e rilevanza, restituendoci un cinema che è al tempo stesso femminista e universale, nonché attualissimo anche quando ci parla di epoche ormai lontane.
Miss Marx racconta la vita di Eleanor detta Tussy, figlia minore del grande filosofo ed economista tedesco, ma comincia proprio con il funerale del celebre padre. Un segnale chiaro da parte della regista e sceneggiatrice, che mette subito al centro del suo film la giovane interpretata da un'eccellente Romola Garai e gli aspetti più umani dei protagonisti del suo film, anche i più celebri. Nel film vediamo Friedrich Engels e, in alcuni brevi flashback, anche lo stesso Karl Marx; eppure non sono loro o le loro teorie ad essere quello che realmente interessa alla Nicchiarelli, ma piuttosto come queste abbiano influenzato la sua vita e il suo attivismo senza comunque riuscire a salvarla.
L'amore, la vita e le sue contraddizioni
Miss Marx ci mostra gli ultimi quindici anni della donna, quelli di una parziale emancipazione dal padre, ma non dai valori che le aveva insegnato, e di una ulteriore presa di coscienza: la rivoluzione deve necessariamente passare anche dall'eguaglianza tra uomini e donne, perché in fondo il patriarcato non è poi differente dal capitalismo e, in quanto tale, va combattuto. Nello stesso anno in cui muore il padre, però, Eleanor si innamora perdutamente del socialista Edward Aveling, un uomo sposato e non troppo ben visto dagli altri intellettuali dell'epoca, con cui inizia una relazione "libera" dai vincoli del matrimonio, ma che comunque le causerà tanto dolore e problemi, fino a spingerla, com'è noto, al suicidio.
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Proprio questa contraddizione tra personaggio pubblico e privato - tra donna forte e brillante, attivista e simbolo di una vera e proprio rivoluzione, e vittima di un amore e di un relazione "tossica" - sembra interessare maggiormente la regista, che fa suo questo contrasto anche a livello stilistico. Ad una prima occhiata Miss Marx potrebbe sembrare il più classico dei film in costume, tratto magari da un romanzo di Jane Austen, soprattutto per merito di una particolare ricercatezza, sia nei dialoghi che nelle scenografie, volta a restituire un senso di autenticità ai personaggi e agli ambienti al centro dell'opera.
La rivoluzione è (essere) amata
Al tempo stesso, però, la Nicchiarelli inserisce dei veri e propri "inserti rock", che non fanno altro che evidenziare i contrasti e le contraddizioni di cui sopra, nonché regalare una sensazione di ancora maggiore modernità ad una storia che, se decontestualizzata, potrebbe davvero essere ambientata ai giorni nostri. Tutto questo si porta con sé due grandi meriti: quello di mostrare come, anche a distanza di più di un secolo, alcuni aspetti filosofici del film siano fondamentalmente validi ancora oggi, se non addirittura di più; e di come un altro valore universale quale l'amore sia assolutamente imprevedibile, incontrollabile e in grado di condizionare la vita di chiunque, anche le menti più brillanti.
Che Miss Marx sia un film molto ambizioso, lo si intuisce fin da subito. Ed è proprio questo aspetto a renderlo particolarmente apprezzabile ai nostri occhi, nonostante i difetti che pur sono presenti e ben evidenti. In alcuni momenti Susanna Nicchiarelli non riesce bene a trovare il giusto equilibrio tra i due toni del film, altre volte semplicemente decide di togliere ogni freno e abbandonarsi semplicemente all'istinto: è il caso per esempio della liberatoria scena di ballo in cui la sua protagonista balla sulle note di una cover (a cura dei Downtown Boys) di Dancing in the Dark di Bruce Springsteen. Sta agli spettatori cogliere il senso della sua operazione ed entrare in sintonia con la signorina del titolo, che non è solo la figlia di Karl Marx, ma prima di tutto una donna che fatica a coniugare ragione e sentimento.
Conclusioni
Come si evince da questa nostra recensione di Miss Marx, il nuovo film di Susanna Nicchiarelli ci ha convinto e piacevolmente sorpreso per il suo coraggio. Ma questo non vuol dire che si tratti di un film perfetto, in grado di conquistare tutti. Anzi - a differenza del precedente film, Nico, 1988 - ci aspettiamo che possa dividere e far discutere a lungo. Non dovrebbero esserci dubbi però nel sul talento della regista romana né sulla necessità di una numero sempre maggiore di opere del genere, che riescano finalmente a far emergere personaggi femminili e temi femministi con naturalezza, restando comunque delle opere universali che parlano a ciascuno di noi.
Perché ci piace
- Il coraggio di realizzare, fin dalla sceneggiatura, un'opera così complessa e difficile.
- Il talento di Susanna Nicchiarelli nel far emergere l'attualità da situazioni e temi che hanno oltre un secolo.
- Il personaggio di Eleanor Marx, ottimamente reso da una Romola Garai più brava che mai.
- La colonna sonora rock...
Cosa non va
- ... anche se non sempre, questa coraggiosa commistione funziona al meglio.