I registi che affrontano l'adattamento di classici teatrali si trovano di fronte a un bivio: mantenere la purezza della messa in scena originaria, trasponendola sul grande schermo in modo rigoroso, o tradire l'originale nel tentativo di infondergli nuova vita. Ne sa qualcosa William Shakespeare, autore prolifico e saccheggiato a oltranza nei secoli. Liv Ullmann, musa bergmaniana per eccellenza, adotta la prima strategia. Nella sua messa in scena de La signorina Julie di August Strindberg, la regista applica cambiamenti minimi rispetto al testo originale. Immutata l'epoca della tragedia, cambia solo l'ambientazione, visto che il maniero di campagna in cui si svolge l'azione non è più situato in Svezia, bensì nell'Irlanda di fine '800.
Lo slittamento di location incide ben poco sulla messa in scena; il film di Liv Ullman è intriso dello stile appreso dall'amato Ingmar Bergman. La parlata irlandese (vera nel caso di Colin Farrell, magnificamente simulata in quello di Jessica Chastain) è ingrediente secondario rispetto all'austerità degli ambienti, alla cupezza dell'immensa cucina, teatro delle scaramucce sentimentali dei personaggi, e ai tagli usati per fotografare i tre protagonisti. Elementi mutuati dalle opere del maestro svedese. Per non parlare dell'incipit naturalistico con le immagini del prato, del ruscello e del bosco filtrate attraverso lo sguardo della Julie bambina.
La luce del nord
Miss Julie non rinuncia a un solido impianto teatrale, concedendo pochissime aperture verso l'esterno. Se si escludono l'inizio e la fine del film, oltre a una significativa sequenza di corteggiamento nella parte centrale, il dramma si consuma tutto all'interno della grande casa di campagna del Barone, tra la cucina, le spoglie camere da letto dei due servitori e il tunnel che collega la zona riservata alla servitù all'esterno. L'attenzione è calamitata dal terzetto di protagonisti, la seduttiva e fragile Julie (Jessica Chastain), il passionale maggiordomo John (Colin Farrell) e la severa cuoca Kathleen (Samantha Morton), promessa sposa di John.
La narrazione claustrofobica si concentra su un dinamico gioco di opposti con continui ribaltamenti di fronte. Al maschile si contrappone il femminile, al ricco il povero, al nobile il servo, alla voluttà si contrappone il pudore. Jessica Chastain interpreta la giovane padrona di casa che, per capriccio, prende di mira il suo servo avvincendolo in una spirale seduttiva. A poco a poco il gioco si fa pericoloso e i ruoli di vittima e carnefice si invertono, dando vita a un esercizio di sadica coercizione e violenza psicologica. Il bene e il male faticano a distinguersi e i personaggi precipitano in un abisso. L'unica a restare a galla sarà la rigida Kathleen, interpretata da un'impeccabile Samantha Morton, tanto austera quanto dignitosa.
Interpretazioni da brivido
In questa versione di Miss Julie rigorosa e claustrofobica le sorprese, per lo spettatore, non mancano, ma il merito è tutto del testo di Strindberg che ancora oggi inalterata mantiene tutta la sua carica trasgressiva e scandalosa. La rilettura di Liv Ulmann non è priva di fascinazioni, ma la regista manca l'obiettivo principale, quello di attualizzare la materia trattata. In un'epoca in cui il senso del pudore ha un peso assai diverso da quello rivestito nel mondo strindberghiano gli strepiti, le crisi isteriche e l'altalena di sentimenti che pervadono John e Julie nel corso di una lunga notte lasciano perplessi.
Di fronte a tali tormenti, il coinvolgimento emotivo dello spettatore è superficiale. L'attenzione si concentra allora sulle performance, ingrediente essenziale di un'opera come questa. Quella ingaggiata dai tre interpreti è una gara di bravura. Come ha scritto il New York Post, Jessica Chastain non riuscirebbe a non essere brava neppur volendo. L'attrice dona alla sua Julie una vulnerabilità che ricorda quella di un'Ofelia più scostumata e sensuale. Colin Farrell crea un personaggio complesso, mutevole, in lotta con se stesso e i propri desideri, che riversa un fiume di parole sulle sue interlocutrici, alternando orgoglio a viltà. Un plauso a una monumentale Samantha Morton che, pur avendo uno spazio ridotto rispetto a quello dei colleghi, si conferma l'attrice meno artificiale del panorama attuale.
Movieplayer.it
3.0/5