Misfits, stagione 3: Due al prezzo di uno

Torna su Fox con la terza stagione la serie britannica Misfits, orfana del micidiale Nathan ma arricchita da una nuova, svergognata e "ridondante" presenza.

Dalla paternità derivano grandi responsabilità. Per garantire un futuro sopra la soglia della povertà alla sua famiglia (l'adorabile svampita Marnie e annesso infante sfornato nello Speciale natalizio) il neo-papà Nathan - da sempre un giovinastro sconsiderato - ha pensato di ricorrere ai suoi nuovi superpoteri per arricchirsi con la roulette. Costretto a rimediare all'abbandono di Robert Sheehan (l'interprete dell'irresistibile cialtrone Nathan) alla fine della seconda stagione della spudorata serie Misfits, l'altrettanto scapestrato creatore Howard Overman ha escogitato una trama in linea con il personaggio per giustificare l'assenza del più scriteriato della banda dei super(anti)eroici delinquenti inglesi. Il webisode Vegas Baby! (su www.foxtv.it) fa da raccordo con la terza stagione inedita, illustrando il destino del crespo brunetto (fiero di sfoggiare un risibile pizzetto) che grazie al suo nuovo potere può modificare la realtà circostante. La sua idea di sostentamento del nucleo familiare si concretizza in incursioni nei casinò del Nevada dove accumula vincite, un piano talmente fragile che in men che non si dica l'irlandese di fresco immigrato si ritrova dietro le sbarre invocando l'aiuto di "Barry".

La vita senza Nathan, nonostante lo scetticismo di molti fan della serie britannica già risucchiati nella spirale del lutto, si rivela bizzarramente sostenibile: nelle puntate inedite (dal 4 marzo in prima serata su Fox) il vuoto lasciato dall'ex immortale viene riempito dal dinoccolato Rudy, degno compare dei teppa protagonisti ben presto riassegnati ai lavori socialmente utili. I nuovi poteri non sono più proiezioni delle personalità dei portatori, si dimostrano anzi - e di proposito - mal assortiti, e non sono una sorpresa, almeno per gli abbonati Sky cui viene rivelata la natura esatta delle nuove acquisizioni in una manciata di secondi di spot: Alisha ha scelto di poter vedere con gli occhi degli altri, Kelly ha optato per assimilare le competenze di un ingegnere aerospaziale, Simon intravede il futuro e Curtis cambia sesso. Rudy è l'unico che si presenta con il potere originale scatenato dal temporale della prima stagione e ispirato al suo instabile Io, in precario equilibrio tra sbruffone egoista e sensibile complessato. L'acquisizione del sommo Joseph Gilgun giova sensibilmente a Misfits: sia perché non fa rimpiangere un personaggio seppur amatissimo come Nathan, sia perché la qualità della (doppia) recitazione alza il livello qualitativo della serie, che finora si è avvalsa per lo più di un cast con poco esperienza (per la Thomas questo è addirittura il primo ingaggio, mentre la Socha viene dai reality). Il 28enne Gilgun - attore prodigioso fin dagli esordi appena decenne - già un'icona per i seguaci di This Is England (film e serie tra i migliori del decennio, focalizzati su un gruppo di amici naziskin degli anni 80) con la sua navigata professionalità garantisce a una storia demenziale come quella del membro maledetto (3x6) di non trasformarsi in un salto dello squalo. Tra le poche giovani leve del panorama britannico in grado di restituire sullo schermo la fluidità tra registri alto e basso, comico e drammatico che caratterizza la tradizione teatrale inglese, Gilgun esibisce un talento recitativo equamente distribuito tra brillante e tragico, prezioso per una serie squisitamente britannica come Misfits.
La terza stagione trasforma in regular il personaggio di Seth (Matthew McNulty), trafficante incravattato che con le sue compravendite illegali di superpoteri aveva movimentato la fine della seconda annata di Misfits: grazie a lui le capacità soprannaturali delle vittime del temporale diventano intercambiabili, un espediente narrativo estroso la cui esplorazione costituisce una tentazione irresistibile. Seth può aprire miriadi di alternative narrative a Misfits in virtù della sua destrezza nel riciclare i poteri, ma essendo un bel figliolo è inevitabile che finisca anche coinvolto sentimentalmente con qualche portatrice sana di facoltà sovrumane. A causa del suo senso di colpa per un peccato passato, la periferia di Londra finirà invasa dai morti viventi nell'episodio più divertente della stagione (assieme al sesto, incentrato su una notte di sesso di Rudy che si risolve in un incubo di evirazione a orologeria), eccezionale mix di horror (con insaziabili cheerleader claudicanti) e comedy (con l'esilarante fobia per le ragazze ponpon di Rudy) dove i nostri si rassegnano a massacrare orde di mostri famelici ma... il gatto zombie no. La terza stagione, composta di otto episodi, è tutta scritta da Overman con l'esclusione degli episodi cinque e sei affidati allo scalmanato Jon Brown. Escludendo due puntate poco esaltanti - quella noiosissima dedicata a Curtis e alla sua versione femminile mestruata e ingravidabile, e quella raffazzonata sull'assassinio di Hitler -, la terza stagione di Misfits resiste al frequente declino che affligge le serie britanniche destinate a superare il biennio di vita. La serie di Overman è tuttora una delle migliori in circolazione per ironia, fantasia, insolenza e mancanza di pudore. Il punto forte e il punto debole delle serie inglesi è sempre lo stesso: essere quasi sempre figlie di un solo padre. Overman non ha la lucidità sociale di Paul Abbott o il genio iconoclasta di Steven Moffat, ma attinge a una fantasia libera di restrizioni o censure.
Misfits mantiene la sua qualità migliore, la sfrontatezza, assieme a un'impertinenza che gli showrunner americani (con le solite eccezioni, pensiamo sempre ad Alan Ball), continuano a sognarsi. Le produzioni inglesi si basano su una mentalità professionale che fa dell'individualismo un privilegio irrevocabile: i brainstorming nella sala sceneggiatori sono eventi ancora rari, il merito dell'eccellenza e della longevità di una serie è quasi sempre unicamente imputabile al suo creatore. Per gli attori vale il discorso opposto, la loro permanenza non è la condizione che pregiudica la durata di una serie. L'individualismo degli interpreti britannici non si lascia prevaricare dalla volontà di mettere al primo posto la qualità del prodotto, e spesso rifiutano il rinnovo del contratto che li lega per più stagioni, anche brevi. Viene da chiedersi perché alle star inglesi non vengano sottoposti contratti con opzioni quinquennali, comuni negli Stati Uniti, tali da garantire la salvaguardia del naturale svolgimento delle serie. A questo proposito, la quarta stagione di Misfits supererà un'altra dura prova, la strombazzata dipartita di Iwan Rheon (Simon) e Antonia Thomas (Alisha)?