Si è parlato molto nell'ultimo anno di rinascita del cinema italiano, una spinta creativa importante che ha coinvolto più opere di natura diversa, partendo da film di genere come Non essere cattivo, Suburra e Lo chiamavano Jeeg Robot, ma sconfinando anche in una produzione più classica come Perfetti sconosciuti o La pazza gioia. Insomma una ventata d'aria fresca che ha serpeggiato per tutta la nostra penisola dando la netta sensazione di qualcosa di nuovo, di vivo e pulsante. Casi isolati o segnali incoraggianti anche per il futuro? È la domanda che in tanti si sono posti, ma le risposte non potevano andare oltre le sensazioni e supposizioni dei singoli, perché solo le nuove stagioni e i progetti che riempiranno le sale da ora in poi potranno darci una risposta sincera e credibile.
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Se però vogliamo cogliere dei primi segnali, possiamo dire che questo inizio stagione ci ha già presentato almeno un titolo che si pone in scia con quelli citati poco sopra, con tutte le carte in regola per lasciare un segno nel pubblico nostrano. Parliamo di Mine, che pur essendo una co-produzione italo-spagnola, ha un'anima tutta italiana donatagli dal duo di registi che risponde, in arte, al nome di Fabio & Fabio, ovvero i due giovanissimi talenti Fabio Guaglione e Fabio Resinaro, conosciutisi in un liceo scientifico di San Donato Milanese e giunti a questo loro primo progetto da autori completi dopo diverse esperienze nel campo dei cortometraggi e lo script di True Love. Un esordio per il quale si sono affidati ad un cast di qualità ed uno spunto di grande impatto.
Il passo sbagliato
Ogni venti minuti qualcuno nel mondo mette un piede su una mina. Una verità drammatica, opprimente, con la quale è difficile fare i conti. Facile comprendere perché questo concetto così imponente sia stato usato come frase di lancio per Mine, completandolo con la spietata spiegazione del funzionamento di una mina, su come sia il peso del corpo ad innescarla e come sia impossibile impedirne l'esplosione una volta attiva. Sono ordigni di una pericolosità estrema nel loro subdolo funzionamento ed utilizzo, che rendono un campo minato un labirinto di trappole invisibili e letali, dove un passo sbagliato può portare alla morte.
È quello che capita a due soldati americani, il sergente Mike Stevens e il compagno Tommy Madison, che si ritrovano ad attraversare un campo minato dopo una missione fallita in Afghanistan, sulla strada per un villaggio di Berberi dove potranno essere recuperati. Stevens fa quel passo di troppo, sente il click dell'innesco e sa che non potrà più spostare il piede senza causare l'esplosione. Resta bloccato in attesa di soccorsi, per due giorni e due notti, costretto ad affrontare i pericoli del deserto afghano, l'intollerabile pressione psicologica di una situazione impossibile, ma soprattutto gli spettri della propria vita privata, delle proprie azioni e scelte, di decisioni non prese e passi da fare con coraggio. Per poter andare sempre avanti.
La terra, la guerra, una questione privata
Lo spunto di Mine tradisce un'anima thriller, assecondata con maestria dalla messa in scena curata dai due registi per le prime battute della vicenda: quando i due soldati capiscono di trovarsi in un campo minato, la tensione diventa palpabile nell'attesa che qualcosa inevitabilmente accada. Ma sarebbe riduttivo liquidare l'opera di Fabio & Fabio come un mero film di genere, perché anche solo fino a quel momento, Mine è già cambiato due volte, passando dall'iniziale war movie che racconta i due soldati in missione, alla tensione da thriller che segue; eppure ha la forza e il coraggio di farlo ancora, trasformandosi come è destinato a fare il suo protagonista, aggiungendo temi e livelli, facendosi onirico e rivelando un'anima emotiva e personale, che scava nell'intimità del protagonista (e dei registi) per concretizzare la metafora che nasconde.
Lo sguardo personale
Il Mike Stevens dell'ottimo Armie Hammer, capace di tenere la scena da solo a lungo e con grande intensità, è bloccato, sulla mina come nella vita, ed è una situazione che rappresenta lo stato d'animo di Fabio Guaglione e Fabio Resinaro, come ci hanno rivelato in conferenza stampa a Roma: approdati in USA con grandi speranze e scontratisi con un mondo difficile, in cui si lavora a tanti progetti destinati a non concretizzarsi. I due autori lo raccontano a modo loro in Mine, costruendo un film che può essere apprezzato a livello più superficiale come semplice thriller ben costruito, ma capace di dire molto di più a chi ha la sensibilità e la voglia di andare più a fondo nell'animo del protagonista e dei suoi creatori, che da questo viaggio intimo potrà essere coinvolto emotivamente.
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Il sapore internazionale di un esordio esplosivo
A parte i registi e lo staff tecnico, compreso l'ottimo compositore Andrea Bonini che con le sue musiche accompagna e sottolinea tutto lo sviluppo del dramma di Mike, il cast del film è tutto internazionale: Hammer è affiancato da altri nomi noti come Annabelle Wallis (la compagna Jenny) e Tom Cullen (il commilitone Madison), mentre il Berbero che funge da guida nel percorso intimo del sergente Stevens è l'inglese Clint Dyer, che fornisce uno spiraglio leggero nel contesto teso in cui si trova bloccato il protagonista. Il carattere internazionale di Mine non è però solo merito della composizione del cast, ma di una messa in scena potente che tradisce ispirazioni diverse da quelle del cinema nostrano, con una cura dell'immagine che regala inquadrature suggestive e di grande impatto.
Al loro primo lavoro da autori completi, Fabio & Fabio confezionano un'opera di sicuro interesse, non esente da piccole debolezze assolutamente perdonabili, ma promettente anche in prospettiva futura: dopo aver apprezzato il corto Afterville alcuni anni fa, Mine arriva come una conferma di un talento versatile che siamo curiosi di vedere presto ancora all'opera.
Movieplayer.it
4.0/5