Il deserto con le sue dune placide e minacciose e la luce calda di un sole ostile sono le uniche compagnie di un uomo immobile, bloccato con il piede sinistro su una mina che lo farebbe saltare alla minima variazione di pressione. Il sergente Michael Stevens, Mike, è un soldato americano in missione in Afghanistan che si ritrova intrappolato in una situazione assurda, oltre che nella vita: quasi unica figura di una storia che si presenta come film di genere ma poco per volta scopre le sue carte rivelando una struttura più stratificata e complessa, oltre che un'anima profonda e toccante. Un film in uscita il 6 Ottobre in 200 copie prima di essere distribuito in altri paesi (in USA arriverà il prossimo anno).
"Quando ho visto il promo la prima volta," ci spiega Roberto Proia di Eagle, che ne cura la distribuzione italiana, "non sapevo che i registi fossero italiani." Si tratta di Fabio Guaglione e Fabio Resinaro, in arte Fabio & Fabio, giovanissimi e con diversi corti interessanti all'attivo oltre al film True Love. Il dubbio di Proia è lecito vedendo Mine, perché il sapore del film è assolutamente internazionale e non solo per un cast che mette al centro Armie Hammer ma comprende anche Annabelle Wallis e Tom Cullen, ma per look e impostazione, in generale per un sapore diverso da quello che abitualmente associamo al nostro cinema. Un'opera interessante per molti aspetti, che abbiamo approfondito nel corso dell'incontro romano con i due Fabio e il coproduttore italiano Andrea Cucchi, oltre che al già citato Proia di Eagle, che ha spiegato come sia loro intenzione cercare "progetti che siano commerciali ma innovativi. Film che possano cambiare il gusto del pubblico e dare qualcosa di nuovo." Una sfida in cui Mine rientra sicuramente.
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Fabio & Fabio, dal fumetto al genere
La rinascita del cinema di genere in Italia, da Sollima a Mainetti, ci sta aprendo ad un nuovo tipo di mercato. Mine fa un ulteriore passo avanti da questo punto di vista, perché non ha niente che lo lega alla tradizione italiana, chiunque può vederlo allo stesso modo. Perché vi è sempre interessato parlare con il pubblico globale?
Fabio Guaglione: Siamo cresciuti negli anni '80 e ci siamo cibati del cinema pop americano di quegli anni e di anime, che abbiamo rimescolato con prodotti italiani, come Dylan Dog e gli spaghetti western. Abbiamo sempre voluto usare il genere per comunicare con i nostri fruitori, usandolo come linguaggio per dire qualcosa. Usare il cinema di genere per fare cinema d'autore.
Fabio Resinaro: Per noi è semplice pensare a storie con questo tipo di archetipi di stampo americano, perché da quelle basi veniamo. Sono scelte che però cerchiamo di non rendere fine a se stesse, ma ci servono per raccontare qualcosa di più personale.
Fabio Guaglione: Anche il deserto che fa da background a Mine è un non-luogo, non appartiene al cinema americano. Il soldato invece è americano, ed è stata una scelta consapevole rispetto ad uno italiano, perché per noi è molto più rappresentativo di una persona non libera, che risponde agli ordini di qualcun altro. Nella nostra idea di storia, è molto più importante ai fini della sua trasformazione. Alla fine della storia Mike è un'altra persona e il film rappresenta una grossa trasformazione, ci piace pensare che lo stesso film si trasformi durante la visione, passando da un genere all'altro.
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Avete un background solido, con molti corti alle spalle, ma Mine ha una distribuzione importante e attori di primo piano. Come siete arrivati a questo progetto?
Fabio Guaglione: Nel 2008 abbiamo fatto un corto che si chiama Afterville e ha fatto il giro di vari festival, vinto vari premi, finché non ci è arrivata una telefonata dall'America, da parte della Fox, che ci ha proposto di farne un film. Ma soprattutto ci ha permesso di entrare in contatto con il mondo della produzione americana, perché abbiamo iniziato a sviluppare progetti. In quell'ambiente, però, su cento progetti a cui si lavora uno viene prodotto, così in questa fase di attesa ci è venuta in mente questa idea di un uomo su una mina.
Fabio Resinaro: Che è un po' una metafora di come ci trovavamo noi, bloccati.
Una curiosità: come lavorate? Vi dividete il lavoro?
Fabio Resinaro: Litighiamo prima delle riprese e dopo anche nella fase di montaggio.
Fabio Guaglione: Ma sul set non c'è tempo di picchiarci, quindi cerchiamo di prepararci molto durante la pre-produzione. Lavorare insieme è un vantaggio perché ci obbliga a confrontarci sempre con qualcun altro e valutare un punto di vista insieme. Miriamo a una visione comune, partendo da punti di vista autonomi.
Riuscite a mettere in scena immagini molto potenti, viene dalla vostra passione per il fumetto?
Fabio Resinaro: Abbiamo iniziato disegnando fumetti. Non avevamo telecamere, quindi disegnare era più immediato per raccontare le nostre storie.
Fabio Guaglione: In prima liceo lo scopo era fare fumetti, poi siamo andati a vedere Matrix e abbiamo virato verso i cortometraggi. Ma l'immagine resta importante e ci prepariamo tantissimo con gli storyboard.
Fabio Resinaro: Anche come piattaforma su cui discutere tra di noi prima di andare sul set.
Fabio Guaglione: Anche perché più si è preparati, più si può improvvisare. Sembra un paradosso, ma è molto più facile valutare un'idea estemporanea, che nasce sul set, se tutti hanno ben chiaro in testa il progetto nel suo insieme.
Senza fiato: la lavorazione di Mine
C'è anche un altro film con spunto simile, Passo falso. Che avete provato quando ve ne siete accorti?
Fabio Guaglione: Quando ho scoperto l'esistenza di Piégé, qualche mese fa, ho avuto un mezzo infarto. Siamo andati subito a vedere di che si trattasse, ma quando abbiamo capito che la premessa era simile ma lo sviluppo diverso, ci siamo tranquillizzati.
Ci dite qualcosa sulla produzione?
Andrea Cucchi: Si tratta di una coproduzione italo-spagnola, quindi tutta europea, anche se nasceva come americana e spagnola. Il primo che ha creduto seriamente nel progetto è Peter Safran, produttore di Buried - Sepolto e L'Evocazione - The Conjuring, ma la produzione esecutiva è spagnola e la post-produzione è italiana.
Fabio Guaglione: Abbiamo girato per cinque settimane correndo molto e risolvendo in post-produzione molti inconvenienti da set. Avevamo tempi stretti, quindi abbiamo preferito portare avanti tante inquadrature e lavorare dopo per cancellare cavi, membri della troupe, turisti e il mare. Sì, perché voi vedete il deserto, ma in realtà è una grande spiaggia.
I tempi erano stretti anche a causa degli interpreti?
Fabio Resinaro: Armie stava per avere un figlio, quindi si è creata una situazione simile a quella del film. È scattato un conto alla rovescia, perché se non avessimo finito per ottobre 2014 lui sarebbe dovuto andare via.
Fabio Guaglione: La moglie di Armie è venuta sul set il suo ultimo giorno di riprese ed era già in una fase avanzata della gravidanza. Quando è andata via, lui non ha distolto lo sguardo finché non l'ha vista sparire. Solo allora ha sospirato e poi abbiamo potuto ricominciare a girare.
La scelta di Armie Hammer e gli altri
Com'è stata la collaborazione con Armie Hammer?
Fabio Guaglione: Lo so che sembra il solito luogo comune, ma con Armie ci siamo trovati benissimo. Scrivendo la sceneggiatura avevamo in testa qualcuno di diverso, ma quando lo abbiamo incontrato abbiamo capito che era la persona che stavamo aspettando, anche se in progetti precedenti si era dimostrato molto diverso da come appare in questo ruolo.
Fabio Resinaro: Non eravamo convinti all'inizio, perché immaginavamo un personaggio assai più introverso, ma si è dimostrato molto versatile.
Fabio Guaglione: Abbiamo lavorato molto per costruire il personaggio. Per prima cosa gli abbiamo fatto tagliare il ciuffo.
E del resto del cast cosa potete dirci? Annabelle Wallis e Tom Cullen sono scelte dovute a passioni seriali?
Fabio Resinaro: Abbiamo tutti interpreti inglesi, tranne Armie che è americano. Abbiamo valutato anche altri interpreti americani per il personaggio di Madison, ma Tom ci è sembrato il più adatto. Pensate che abbiamo valutato anche Rami Malek, che poi è diventato famosissimo (per Mr. Robot, ndr), ma non è molto alto e accanto a Armie Hammer non rendeva bene. La Wallis ci è stata segnalata da qualcuno, ma quando l'abbiamo vista in azione ci è piaciuta tantissimo.
Ci dite qualcosa anche dell'attore che fa il Berbero?
Fabio Resinaro: Si chiama Clint Dyer. Doppiato in italiano sembra più africano, ma in realtà ha un accento londinese fortissimo. E' venuto a fare il provino di sua spontanea volontà perché voleva tantissimo il ruolo e abbiamo lavorato con lui per creare un personaggio che fosse un po' sopra le righe, in modo da renderlo una valvola di sfogo più leggera in una situazione drammatica. Inoltre è il mentore di questa storia, lo sciamano, lo spirito guida che conduce la trasformazione di Mike.
La visione autoriale
È un film con una forte carica emotiva. Quanto c'è di voi?
Fabio Resinaro: Come abbiamo detto, il genere è un cavallo di troia per raccontare delle storie personali.
Fabio Guaglione: Forse di noi c'è anche troppo, abbiamo cercato di scriverlo, dirigerlo e montarlo a modo nostro. E quando è stato troppo a modo nostro i produttori spagnoli ci hanno fatto capire come modulare le nostre idee.
Nel film si nota qualcosa in comune con 127 ore, ma anche con l'atmosfera misteriosa del vostro True Love...
Fabio Guaglione: True Love è un piccolo thriller scritto e prodotto qualche anno fa e qualcosa di quel lavoro è presente anche qui, ma le influenze maggiori per noi sono state Buried e 127 ore. Però, rispetto a quest'ultimo, è diversa la premessa, perché in 127 ore il protagonista è incastrato, mentre il nostro è bloccato. A noi interessa il genere nel momento in cui quello che accade al personaggio è un riflesso di ciò che gli accade dentro, quando è una metafora della sua situazione.
Fabio Resinaro: Sia in Mine che in True Love, il mistero parte come esteriore ma diventa interiore.
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Un elemento importante del film sono le musiche. Come ci lavorate?
Fabio Guaglione: L'autore è Andrea Bonini, anche lui nostro compagno di liceo. Per noi la componente musicale non è meno importante della stesura dello script o della regia, perché cambiando musica cambi il tono di una scena. È un aspetto su cui ci concentriamo moltissimo.
Fabio Resinaro: Ma è una cura che mettiamo su tutto, su ogni inquadratura e ogni scelta, discutiamo anche per decidere se il personaggio deve girarsi a destra o sinistra.
Cosa vorreste che rimanesse al pubblico del film?
Fabio Resinaro: Spero che anche quelli che andranno a vederlo perché vogliono assistere a un film di genere restino sorpresi di trovare qualcosa in più.
Fabio Guaglione: Al di là del gradimento, vorrei che chi lo guarderà continui a pensarci il giorno dopo. Credo che sia la cosa principale quando si guarda un film, che resti dentro.