Credo che tutta la grande arte abbia il potere di dissolvere le cose: tempo, distanza, differenza, ingiustizia, alienazione, disperazione.
È una filmografia ricchissima, eclettica e immancabilmente affascinante, quella che Tilda Swinton si è costruita in oltre trent'anni di carriera. Una filmografia che, non a caso, riflette l'immagine dell'attrice britannica, nata a Londra il 5 novembre 1960: un talento versatile e sempre in grado di lasciare il segno, una spiccata attitudine al trasformismo (dai suoi ruoli maschili all'ottuagenaria Madame D. di Grand Budapest Hotel) e quel vago sentore di mistero che spesso infonde ai propri personaggi. Tilda, del resto, è stata spesso definita come una sorta di 'aliena', in virtù di quel viso androgino che pare non avere età e dell'espressione penetrante, eppure talvolta ermetica e indefinibile, dei suoi occhi celesti.
Lanciata da Derek Jarman, che nel 1986 la fa esordire in Caravaggio e nel 1991 la porta alla ribalta internazionale con Edoardo II (che le varrà la Coppa Volpi al Festival di Venezia), Tilda Swinton rappresenta al contempo uno dei volti-simbolo del cinema d'autore, tanto europeo quanto americano, e una star entrata nell'immaginario di platee ben più ampie grazie a una serie di film di grande appeal commerciale, da Le cronache di Narnia a Doctor Strange. Nel settembre 2020 la Mostra di Venezia le ha reso omaggio attribuendole il Leone d'Oro alla carriera, e per l'occasione Tilda ha presentato The Human Voice, il cortometraggio di Pedro Almodóvar in cui, sola sulla scena, si cimenta con il celeberrimo monologo La voce umana di Jean Cocteau.
È l'ennesimo tassello di una filmografia, per l'appunto, multiforme come poche altre e attraversata da continue "variabili impazzite": oltre all'atteso The French Dispatch di Wes Anderson, il prossimo anno Tilda tornerà infatti sullo schermo in Memoria di Apichatpong Weerasethakul, in The Souvenir: Part II, di nuovo accanto a sua figlia, Honor Swinton Byrne, e come voce della Fata Turchina nel Pinocchio in stop-motion di Guillermo del Toro.
Aspettando dunque le prossime sfide di una diva che non ha mai smesso di sorprenderci, oggi festeggiamo i sessant'anni dell'attrice ripercorrendo alcuni tra i migliori film di Tilda Swinton in questa classifica delle sue performance più memorabili.
5. I segreti del lago (2001)
L'alba del nuovo millennio è il periodo che segna l'ingresso definitivo di Tilda Swinton nel panorama del cinema americano: sia mediante parti secondarie in film come Vanilla Sky e Il ladro di orchidee, sia in qualità di protagonista de I segreti del lago, thriller psicologico a tinte noir diretto nel 2001 da David Siegel e Scott McGehee. Margaret Hall, madre di famiglia in una località rurale della California, intenta a indagare sulle frequentazioni del figlio adolescente Beau (Jonathan Tucker), è uno dei primi personaggi in cui la Swinton ha modo di dar prova fino in fondo delle sue intense doti drammatiche: a partire dalla sotterranea inquietudine e dalla feroce determinazione che riemergeranno in seguito in molti altri ruoli dell'attrice scozzese.
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4. Michael Clayton (2007)
Aspetti analoghi, in effetti, sono rintracciabili pure nella figura di Karen Crowder, consulente legale della U-North, una società accusata di aver diffuso sostanze nocive e di aver provocato la morte di centinaia di persone. In Michael Clayton, acclamato thriller del 2007 scritto e diretto da Tony Gilroy, Tilda Swinton dà corpo a un'antagonista ben lontana dai cliché del genere: la sua Karen è una donna spregiudicata e senza scrupoli, capace di scendere ad atroci compromessi morali, ma è anche un'antagonista insicura, tormentata dal pensiero dei rischi che accetta di correre. Basti osservare il suo confronto finale con Clayton, interpretato da George Clooney: un serrato faccia a faccia in cui il volto di Karen diventa lo specchio di un'angoscia sempre più incalzante. Per l'atipica villainess dipinta in Michael Clayton, la Swinton si è aggiudicata il premio Oscar e il BAFTA Award come miglior attrice supporter.
3. Io sono l'amore (2009)
Il sodalizio fra Tilda Swinton e il regista siciliano Luca Guadagnino, inaugurato nel 1999 con The Protagonists, le ha permesso di dar vita ad alcune delle sue performance più incisive, inclusa quella al centro del loro secondo film in coppia, Io sono l'amore del 2009. Ambientata nei salotti dell'alta borghesia di Milano, la pellicola vede la Swinton nella parte di Emma Recchi, una donna di origini russe sposata con il ricco industriale Tancredi (Pippo Delbono), la quale andrà incontro a una nuova, inaspettata "educazione sentimentale" innescata dall'improvvisa passione per un giovane chef, Antonio Biscaglia (Edoardo Gabbriellini). In questo avvolgente melodramma che avrebbe imposto Guadagnino sulla scena mondiale, la Swinton recita in lingua italiana, ma affida il percorso del proprio personaggio soprattutto alla forza degli sguardi, da cui trapelano desideri inespressi e segreti turbamenti.
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2. Orlando (1992)
È stato il film della consacrazione di Tilda Swinton, nel 1992, nonché il ruolo a cui l'attrice ha legato la prima fase della propria carriera: il protagonista eponimo di Orlando, libera trasposizione firmata da Sally Potter del romanzo di Virginia Woolf. L'androginia della Swinton e la sua bellezza eterea sono messe perfettamente al servizio del film della Potter: il viaggio attraverso i secoli di un giovane nobile dell'età elisabettiana che si ritrova a sperimentare una nuova esistenza come donna, sviluppando una maggiore consapevolezza di sé. E la storia di Orlando è sorretta proprio dall'ammaliante espressività dell'attrice, da quegli occhi magnetici in cui si affaccia un'intera gamma di emozioni, di pensieri e di sentimenti.
1. ...E ora parliamo di Kevin (2011)
È un ritratto devastante quello di Eva Khatchadourian, una donna costretta a fare i conti con il lato oscuro della maternità in ...E ora parliamo di Kevin, il capolavoro realizzato nel 2011 dalla regista scozzese Lynne Ramsay sulla base dell'omonimo, straordinario romanzo della scrittrice americana Lionel Shriver. Il rapporto conflittuale tra Eva e il suo primogenito Kevin, che da adolescente ha le sembianze di Ezra Miller, viene ripercorso tra flashback, flussi di coscienza e frammenti visionari, riallacciandosi allo spaventoso evento-cardine su cui si apre il racconto; e Tilda Swinton, ricompensata con lo European Film Award come miglior attrice, si produce in una prova a dir poco impressionante.
Dal malessere che ha origine dal suo nuovo ruolo di madre all'indefinibile amalgama di affetto, ansia e repulsione nei confronti del figlio, la protagonista di ...E ora parliamo di Kevin ci trascina fin da subito nel suo contraddittorio universo interiore. E il volto della Swinton, i suoi occhi sbarrati nei quali brucia un divorante senso di colpa, sono il nostro veicolo per questo lungo viaggio verso la notte: un'interpretazione magistrale al cuore di uno dei film più estremi e coraggiosi del decennio appena trascorso.