Testimonianze, ricordi, parole e poesie. In mezzo, l'identità popolare di un'icona legata all'indole di una città tanto straordinaria quanto contraddittoria. Dopo il passaggio alla Festa del Cinema di Roma, ecco in prima serata su Rai 3 Il Re di Napoli. Storia e Leggenda di Mario Merola, diretto da Massimo Ferrari. Il documentario è liberamente ispirato all'opera letteraria Napoli solo andata... Il mio lungo viaggio di Mario Merola con Geo Nocchetti, e si sofferma, con spirito narrativo, su quel "figlio del popolo" capace di cantare ed esportare la tradizione napoletana in tutto il mondo.
Mario Merola, uomo e artista senza eredi. Almeno secondo il documentario di Ferrari, che spiega quanto "Mario ha rappresentato un mondo che con la sua morte è finito, e finisce perché ha rappresentato un periodo storico e un popolo che così come era non esiste più. Quindi da questo punto di vista non ha eredi. L'unico erede, ma nel senso anche in qualche modo biologico del termine, è il figlio che ripropone molti di quei successi e che ha vissuto con lui anche artisticamente gli ultimi anni della sua carriera. Se parliamo di eredi artistici, secondo me, con Mario Merola si chiude un periodo storico".
Mario Merola e un'eredità che non esiste
Abbiamo intervistato Massimo Ferrari proprio durante la Festa del Cinema di Roma 2024, riflettendo con lui su quanto il documentario sia per certi versi tardivo rispetto alla morte dell'artista. Possibile che nessuno aveva pensato prima ad un'opera su Merola? "Una domanda che mi sono fatta anch'io", ci dice il regista "Effettivamente non esiste un documentario, un approfondimento. Io credo che questo sia avvenuto perché Mario Merola ha sempre viaggiato su questi due binari, l'idolatria e lo snobbismo. È stato o snobbato o idolatrato. E questi due binari non ti permettono di entrare e di raccontare un personaggio, o di capirlo. E quindi il proposito del documentario è stato quello di provare a cogliere da questi due estremi e approfondire, entrare un po' dentro il mondo e il fenomeno Mario Merola, come lui stesso si definisce in un'intervista".
Per il regista, nel documentario ci sono "Racconti e aneddoti. Anche perché Merola è anche leggenda. Uno degli obiettivi era provare a capire un po' di più. Ho capito che Merola ha avuto la capacità, proprio per via della sua maschera, di rappresentare un popolo che non era rappresentato. Se riesce a portare a teatro una persona che lavora nei campi, allora probabilmente vuol dire che tu sei riuscito ad essere credibile per quel popolo, riprendendo i testi di uno dei più grandi poeti del '900 che è stato Libero Bovio"_.
La potenza di Napoli
A proposito di popolo, chiaramente Napoli è protagonista, ma che direbbe secondo oggi Merola, di quello che è diventata la città? Basta fare un giro nelle vie del centro per accorgersi di quanto il turismo smodato e tossico abbia ingoiato la tradizione, cambiando in peggio una città meravigliosa. "Complicato attribuire un pensiero ad un personaggi imprevedibile come Merola è complicato. Certo, l'ultima sceneggiata che lui avrebbe voluto rappresentare si intitolava L'ultimo Migrante. E lui, che era sempre stato ritenuto un po' reazionario, reagà in modo insospettabile e disse: 'io come posso non capire il sentimento, l'umanità e quello che sta dietro la scelta di chi abbandona la propria terra che sia un napoletano negli anni '50, '60 o un africano oggi o un albanese negli anni '90'".
E prosegue, "Sicuramente Napoli ha un'identità forte. Oggi, forse, è ancora una delle poche città che sopravvive alla globalizzazione, ma è ovvio che è anche un po' vittima di tutto questo. Se da una parte è stata scoperta, rischia di diventare un po' un oggetto... come il presepe che vai a comprare a San Gregorio almeno. Quindi, non so cosa avrebbe detto Merola, so che ancora oggi però sicuramente per tanti napoletani a Napoli e nel mondo rappresenta quella radice che in qualche modo li tiene saldi alla loro terra".