"Qui c'è il sole, sono a Napoli in questo momento". Raggiungiamo telefonicamente Mariana Falace in una mattinata di fine maggio, a pochi giorni dalla vittoria dello scudetto per la città partenopea. "Vincerne due così ravvicinati è una soddisfazione", racconta l'attrice che in questi giorni è protagonista su Netflix di Sara - La donna nell'ombra. Una serie in sei episodi tratta dalla saga letteraria di Maurizio De Giovanni e diretta da Carmine Elia.
Il provino per Sara

La storia ruota attorno a Sara, ex agente dei servizi segreti interni con il volto di Teresa Saponangelo, che si ritrova invischiata nella sua vecchia vita dopo la morte improvvisa del figlio. Mariana Falace interpreta Rachele, una giovane donna che la protagonista incontrerà nel corso delle sue indagini. "Sono stata chiamata la prima volta da Pino Pellegrino, il casting director della serie. Mi ha chiesto di vedermi dal vivo e con lui c'era anche il regista, Carmine Elia", ricorda l'attrice.
"All'inizio ero stata selezionata per un altro ruolo, un po' più piccolo. Poi mi è stata mandata una richiesta tramite agenzia per il personaggio di Rachele. Da quel momento ho avuto circa tre giorni per prepararlo. Mi ricordo che la mattina del provino non riuscivo a trovare taxi o Uber. Sono andata all'appuntamento con molta ansia. Ed è quella che serviva per il personaggio perché Carmine mi ha chiesto di provare una scena di dolore. Non è stata una passeggiata superare quel provino, ma ho sentito di aver dato tutta me stessa. Ero molto soddisfatta".

Tre giorni sono un lasso di tempo breve per poter preparare un personaggio. "È chiaro che non avendo tutto lo script a disposizione non hai modo di poterlo studiare bene perché non conosci le varie dinamiche", spiega Falace. "Quindi ci metti sempre un po' di te stessa dentro, cerchi di farlo a modo tuo. Penso che i casting director vogliono vedere quello. Ti mettono alla prova. Per me è quello il provino ed è anche la sua parte bella. Se hai tempi brevi è una sfida. Invece sul set c'è l'idea del regista che può anche differire dalla tua".
Come affrontare i "No": intervista a Mariana Falace
Quello dell'attore è un mestiere in cui ci si deve sempre confrontare con il rifiuto. Sono innumerevoli i provini preparati e non andati in porto rispetto ai ruoli ottenuti. "Inizialmente la vivevo male, la prendevo come una sconfitta personale"_, ammette l'attrice.
"Mi dicevo che non ero abbastanza brava per questo mestiere. Poi un grandissimo regista mi ha detto: 'Mariana questo mestiere lo fa chi resta. L'importante è mantenere l'obiettivo e la motivazione che hai dentro'", continua Falace. "Quindi sono riuscita a scindere le due cose: un 'no' lavorativo da un 'no' come persona. Anche come aspetto estetico. Ho dovuto lavorare molto anche su quello, perché essere una bella presenza a dei provini può non giovarti".
Scindere il dolore e sentirsi liberi
In Sara - La donna nell'ombra Mariana Falace interpreta un personaggio profondamente scisso emotivamente. "Quando ho deciso di interpretare Rachele, l'unica cosa che ho capito era che dovevo scindere completamente dalla mia vita personale", spiega l'attrice. "Mi porto dentro un dolore fortissimo e intimo. Per mettere in scena quello del personaggio ho ovviamente preso un po' di spunto dal mio".
"Ma a un certo punto ho dovuto separare le due cose, perché non ho mai vissuto una storia come quella di Rachele e non ho mai dovuto proteggere una persona che amo. Anche perché sono una paladina della giustizia, non potrei mai difendere qualcuno che amo se facesse qualcosa di sbagliato".
"Nella serie c'è una scena in cui Rachele ha una rottura. È divisa tra la difesa del padre e l'aiutare Teresa", continua Falace. "Abbiamo finito di girarla alle 4 del mattino. Ricordo che sono tornata a casa e fino al giorno dopo sono stata sul letto a guardare il vuoto. Mi dicevo: 'Ho davvero interpretato una cosa del genere?'. Mi sentivo totalmente libera, come se mi fossi tolta un peso da dentro. In quel momento avevo smesso di essere Mariana e sono diventata totalmente Rachele. E infatti me la porto dentro. È stato un momento molto importante e significativo anche per la mia crescita personale e attoriale".
Sentirsi all'altezza del proprio ruolo
Classe 1994, Mariana Falace ha già collezionato molte esperienze importanti. Ma c'è mai il pensiero di non essere all'altezza? "Questo succede non solo a tutte le nuove leve come me, ma anche agli attori professionisti", confida Falace. "Il nostro è un mestiere dove ti metti sempre in gioco. Ogni volta che vado sul set, anche se studio all'Accademia, faccio esercitazioni e ho un coach privato, è come se dimenticassi tutto. 'Adesso c'è il ciak e io non so fare niente. Non posso stare vicino a Teresa Saponangelo. Ma dove vado?'. Ti partono tutti questi pensieri per la testa che, a volte, sono dannosi. Ti tolgono il pensiero del personaggio e l'azione".
"In quei momenti ho un trucchetto: tre respiri da sette secondi. E poi nella testa mi ripeto: 'Se sei stata scelta e hai superato un provino vuol dire che sei giusta per quel ruolo. Non c'è un altro posto dove potevi stare. Questo è il tuo lavoro, vai avanti. Sei all'altezza di poterlo fare'. Ho bisogno di dire qualcosa e sono sicura che piano, piano ce la farò, perché il cinema imparerà a fidarsi di me".
I set di Gabriele Muccino e Paolo Sorrentino
Tra le esperienze professionali più importanti ci sono senza dubbio quelle con due tra i più importanti registi italiani contemporanei: Gabriele Muccino e Paolo Sorrentino. "Con Gabriele si è creata una vera e propria sinergia. Ha capito da subito che tipo di attrice e persona volevo diventare", racconta l'attrice".
"Ha iniziato a stimarmi e si è instaurato un rapporto. Ho recitato ne Gli anni più belli, poi ho fatto un corto da protagonista con Francesco Scianna, Open Your Eyes, e la serie A casa tutti bene. Fa delle riprese incredibili e il suo è un set molto movimentato. Vive la scena con gli attori. Prima di girarla si siede a tavolino con l'attore e ne parla. La fa provare senza macchina da presa ed entra in contatto con te l'attore. È un approccio magnifico, ti entra dentro. Riesce a estrapolare tutte le emozioni che in quel momento servono".
"Con Paolo ho lavorato per poco tempo, ma ricordo la pacatezza del set di È stata la mano di Dio", continua Falace. "Ho quest'immagine di lui con il sigaro che si tocca i capelli. Ti guarda e capisce che scena deve fare, però ti lascia anche molto libera. Fa ripetere tantissimi ciak. Nella mia scena non so quante sigarette ho fumato (ride, ndr). È molto minuzioso in ogni piccolo piccolo dettaglio".
Il sogno di portare Antigone a teatro
Una carriera avviata tra cinema e serie tv. Ma quale desiderio custodisce l'attrice per il suo futuro professionale? "Vorrei portare Antigone a teatro. È uno dei miei più grandi sogni", ammette Falace. "Se poi potessi farlo al teatro di Siracusa sarebbe ancora più gratificante. Sto scrivendo e spero di trovare i fondi e qualcuno che creda in me. Studio il personaggio da 2/3 anni. É una giustiziera, va avanti per la sua idea, è contro la legge di un uomo. Contiene tante cose. Poter stare a teatro e avere una platea che mi guarda è ciò a cui aspiro".