Dopo Venezia, Locarno e Cannes, è toccato a Visions du Réel, uno dei principali eventi mondiali dedicati al cinema documentario, onorare la carriera di Marco Bellocchio, assegnandogli il riconoscimento che fino a qualche anno fa era noto come il premio Maître du Réel (Maestro del Reale). Il cineasta ha accettato tale onore in occasione di un'apposita cerimonia, nel corso della quale il pubblico svizzero ha potuto scoprire il suo lungometraggio più recente, e il giorno dopo si è intrattenuto con gli spettatori tramite l'apposita Masterclass, una conversazione di quasi tre ore moderata dal critico cinematografico Enrico Magrelli e da Rebecca De Pas, membro del comitato di selezione del festival. Instancabile, l'ottantaduenne Bellocchio è stato un vero e proprio mattatore, tra aneddoti memorabili e un siparietto involontario quando, nei primi minuti dell'incontro, gli è squillato il telefono. "Scusate, era mia figlia", ha detto il regista, che proprio sulla famiglia ha costruito gran parte della propria filmografia.
Riflessioni autoironiche
Nel corso della Masterclass, accompagnata da alcune clip tratte dai suoi film, Marco Bellocchio è un vero e proprio mattatore, con tanto di running gag accidentale: tra gli spezzoni ce n'è uno di Vacanze in Valtrebbia, dove il cineasta è anche attore al fianco dell'allora moglie Gisella Burinato (e dice provvisoriamente addio a Bobbio, dove ora torna ogni anno ma senza viverci). Una performance, quella di Bellocchio, che il diretto interessato non apprezza particolarmente: "Non che io voglia darmi del cane, ma si vede chiaramente che Gisella è un'attrice e recita, mentre io non lo sono e faccio quella roba lì." E successivamente continua a evocare la clip "del cane", e non mancano altri momenti scherzosi, come quando sottolinea di non aver avuto voti particolarmente esaltanti quando si è diplomato in regia al Centro Sperimentale.
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Si finge poi seccato quando conferma un buffo aneddoto su I pugni in tasca: "Sì, Gianni Morandi era uno dei papabili per il ruolo di Alessandro, andato a Lou Castel. Non dico che avrebbe inciso sulla qualità del film, ma sarebbe stato qualcosa di diverso." E molto probabilmente sarebbe stato curioso vedere Morandi nei panni di un matricida, dato il testo di uno dei suoi più grandi successi. "Sì, quello è vero", dice sorridendo Bellocchio. Riflettendo sulla propria filmografia, il cineasta sottolinea anche l'importanza della collaborazione, ricordando alcuni momenti dei suoi film che lui esitava a includere e ha poi conservato nel montaggio finale su consiglio della troupe: "È accaduto con la passeggiata di Aldo Moro in Buongiorno, notte, e con la scena ne L'ora di religione - Il sorriso di mia madre dove il fratello bestemmia. Era scritta, ma non ero sicuro se effettivamente metterla o meno nel film."
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Da Hollywood all'Italia
All'età di 82 anni, Bellocchio rimane inarrestabile, con ben due progetti in arrivo: dopo aver presentato Marx può aspettare a Cannes lo scorso luglio, tornerà sulla Croisette tra un mese (ma questo al momento della Masterclass, avvenuta due giorni prima dell'annuncio, non era ancora ufficiale) con il progetto televisivo Esterno notte, con il quale ritorna sulla vicenda del rapimento di Moro. E in estate dovrebbe partire la produzione del nuovo lungometraggio per il cinema, che ha una genesi un po' particolare: "Doveva farlo Steven Spielberg, è la storia vera di un bambino ebreo che fu rapito dalla Chiesa perché era stato battezzato di nascosto e di conseguenza era considerato cristiano e non poteva essere cresciuto da chi professava un'altra religione. Lui alla fine ha rinunciato perché non trovava il bambino giusto, e a quel punto ho proposto ai produttori che lo facessi io. Se riusciamo a trovare l'attore adatto, il che è effettivamente complicato perché il bambino ha intorno ai sette anni, si girerà tra qualche mese."