Nel 2014 ci aveva fatto ridere con una commedia, Scusate se esisto!, sulla discriminazione di genere in un universo declinato al maschile e dominato da una rigida distinzione dei ruoli familiari. E aveva lasciato il compito dissacratorio di scomporre le categorizzazioni sociali del Bel Paese alla vis comica di un'attrice che nella vita è anche sua moglie, Paola Cortellesi.
Oggi Riccardo Milani, che in pochi forse ricorderanno alla regia de La guerra degli Antò e Piano, solo, ci riprova: nel mirino la famiglia, pilastro della società italiana, in questo caso smontata e fatta a brandelli da un soggetto preso in prestito dalla Francia.
Mamma o papà? è infatti il remake della commedia francese Papa ou maman di Martin Bourboulon, che Milani rimaneggia affidandosi ancora una volta in fase di scrittura a Giulia Calenda e alla Cortellesi.
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Se la famiglia scoppia
La storia ha in sé tutto il potenziale per un approccio politicamente scorretto, cinico e feroce al simulacro della famiglia: un microcosmo al quale la nostra cinematografia si è avvicinata quasi sempre con toni molto cauti, descrivendone le crisi e le disfunzionalità, ma mai senza metterne in discussione i ruoli a tal punto da smentire un certo determinismo che ci vorrebbe tutti, prima o poi, genitori amorevoli.
Perché la verità, come dice lo stesso regista, "è che probabilmente non tutti siamo fatti per avere, allevare ed educare dei figli" e di certo non lo sono Valeria e Nicola, la coppia di genitori snaturati di Mamma o papà?: una carriera brillante per entrambi, una quotidianità modellata a immagine e somiglianza della ricca borghesia di provincia, quindici anni di matrimonio alle spalle e la decisione di porvi civilmente fine dopo esser capitolati sotto i colpi della routine familiare.
Tutto normale, almeno fino al momento di decidere a chi andrà la custodia dei tre figli dopo il divorzio: nessuno dei due infatti li vuole, soprattutto ora che è arrivata per entrambi una promozione che li porterà lontano dall'Italia. Di guerra per l'affidamento neanche l'ombra, ma una gara a chi riuscirà a sbarazzarsene prima: "I figli non sono sempre il collante - spiega Milani - ma spesso rappresentano il vero elemento di divisione all'interno della coppia".
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Guerra dei Roses all'italiana
È così che il film diventa una guerra dei Roses all'italiana con i tempi e i ritmi di una tradizione comica classica, che privilegia il lavoro con il corpo: gags, cortocircuiti fisici, sketch ai limiti dell'assurdo, rocamboleschi inseguimenti con tanto di coltelli che volano, piatti in frantumi e criceti scaraventati chissà dove.
Qui Milani riesce laddove in molti avevano fallito: portare per la prima volta insieme sul set due comicità tanto diverse quanto simili come quelle di Paola Cortellesi e Antonio Albanese. Sono loro i terribili mamma e papà del titolo, matti, sporchi e cattivi, ma soprattutto cinici e senza scrupoli nel tirarsi colpi bassissimi pur di liberarsi della sacra prole: li porteranno a vivere in case improbabili, proveranno ad avvelenarli con pasta al detersivo, irromperanno alle loro feste ubriachi e molesti, li metteranno in imbarazzo davanti ai loro amici e li convinceranno che vivere con uno dei due potrebbe essere davvero un inferno.
Peccato che però tutti i buoni propositi di Mamma o papà? rimangano solo idee sulla carta, suggestioni che difficilmente si concretizzano nella messa in scena mentre l'azione si arena su una reiterata sequela di situazioni comiche: vista una viste tutte.
Eccezion fatta per un paio di numeri in cui il duetto riesce a strapparci qualche risata vera, il resto si adagia su una scrittura priva di guizzi creativi e incapace di compiere quella sospensione dell'incredulità necessaria al pubblico perché possa affezionarsi alla storia e ai personaggi. Valeria risulta spesso prigioniera di cliché e faccette che rendono la performance della Cortellesi sopra le righe, ingessata in una ostentata cadenza veneta che non aggiunge credibilità al personaggio; meglio Albanese, che detta ritmi e tempi trascinando la sodale compagna in un paio di siparietti esilaranti.
Un plauso invece ai 'caratteri' di contorno: dal piccolo di casa, Giulietto, caustico e verosimile ad ogni entrata in scena, a Carlo Buccirosso, che riesce a farci ridere ad ogni smorfia del suo orribile, maschilista datore di lavoro infilando una battuta dopo l'altra in uno dei pochi momenti brillanti del film.
Movieplayer.it
2.0/5