Dopo l'uscita in sala un mese fa, ora è arrivato su Infinity+ il film Malignant, l'horror più recente a firma di James Wan, cineasta che di brividi si intende, avendo ideato il perfido Jigsaw nel 2004 e trasformato la vera storia dei coniugi Warren in un franchise espanso che dal 2013 miete successi per la Warner Bros., la stessa major che ha finanziato il nuovo film del regista. Film che al cinema, complice l'uscita in simultanea negli Stati Uniti sulla piattaforma streaming HBO Max, non ha avuto molta fortuna, incassando solo 32 milioni di dollari nel mondo, contro un budget di 40 milioni. Va anche detto che si tratta di un'opera di non facile classificazione, soprattutto all'interno del percorso di Wan, ed è quindi probabile che lo sfruttamento fuori dalla sala possa contribuire in modo più propizio al passaparola per quello che è uno degli horror più divertenti, originali e sorprendenti degli ultimi tempi, per lo meno per quanto riguarda il panorama mainstream statunitense.
Una carriera spaventosa
James Wan ha l'horror nel sangue, sin da quando si è imposto nel 2004 con Saw - L'enigmista, dando il via a un franchise di successo. Anche quando si è teoricamente discostato dal genere, il brivido non era mai particolarmente lontano: in Aquaman, incursione subacquea nel filone supereroistico, ha fatto parlare di sé la sequenza ambientata nel regno mostruoso noto come The Trench (che doveva essere oggetto di un apposito spin-off, poi cancellato), con tanto di ospitata musicale di Joseph Bishara, compositore principale dei film di Wan dal 2010 a oggi.
Malignant, la recensione: il nuovo horror di James Wan non è quello che pensate
Come regista interessato alla paura, Wan ha esplorato vari sottogeneri, sia come regista che come produttore (a lui dobbiamo la carriera statunitense del collega svedese David F. Sandberg), e con Malignant - il suo primo soggetto originale dai tempi del primo Insidious, e presumibilmente un progetto per cui ha avuto carta bianca dopo quasi dieci anni di successi indiscussi per la Warner - firma una vera e propria summa del suo cinema: ci sono le case infestate, le trappole, i colpi di scena, le entità paranormali, le protagoniste con misteriose capacità extrasensoriali, le storyline a metà fra scienza e soprannaturale. È il connubio di tutte le ossessioni del regista e di sua moglie Ingrid Bisu, che con lui ha firmato il soggetto del film rifacendosi al contempo alla passione per strani fenomeni scientifici (il titolo è stato preso in prestito dall'ambito medico) e a quella per il giallo all'italiana, la cui influenza è evidente in diversi punti per quanto concerne la scrittura, la recitazione e le scelte registiche e musicali.
Da The Conjuring a The Nun: come James Wan ha cambiato l'horror americano
Due ore di ordinaria follia
Il nono lungometraggio di Wan è una boccata d'aria fresca dopo quasi dieci anni di un franchise che sta cominciando a scricchiolare (al netto di incassi più che discreti per il periodo che abbiamo vissuto, The Conjuring: Per Ordine Del Diavolo suggerisce che sarebbe forse ora di salutare per sempre sullo schermo i coniugi Warren). È un concentrato di follia e libertà che si vede raramente negli horror americani con la partecipazione produttiva delle major (la parziale eccezione è la Universal quando collabora con la Blumhouse, a seconda del progetto specifico), e il regista, consapevole di avere l'opportunità di una vita, ne approfitta per riempire ogni inquadratura con un amore viscerale per il genere, espresso con un'idea sgangherata di messa in scena con una coerenza ammirevole e un'ambizione da capogiro, che non smette mai di sorprendere. Encomiabile, in tal senso, anche la scelta di avvalersi il meno possibile della CGI, unendo i talenti di due attori per creare l'inquietante antagonista Gabriel, che tormenta Madison e i suoi amici: la voce è del doppiatore professionista Ray Chase, mentre la performance fisica è della contorsionista Marina Mazepa, che si dà anima e corpo - letteralmente - e contribuisce attivamente a quella che non solo è la sequenza più riuscita e memorabile del film, ma forse il miglior momento action di matrice statunitense di tutto il 2021 (per ora). Una sequenza mozzafiato, alla cui maestria tecnica si unisce un certo sottotesto politico, per quanto probabilmente involontario (la scena si svolge dentro un commissariato). Il titolo sarà anche maligno, ma all'interno del percorso di Wan possiamo parlare di una sorta di guarigione dopo una parziale convalescenza.