Maledetta primavera, la recensione: Amarcord e viaggio di formazione

La recensione di Maledetta primavera, esordio in un lungometraggio di finzione di Elisa Amoruso dopo le esperienze nel documentario: un film autobiografico su una famiglia sconclusionata e un'adolescente alla ricerca del proprio posto nel mondo.

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Maledetta primavera: Emma Fasano in un primo piano

Un film in apnea fatto di corpi, luce, trasparenze e ricordi. Come testimoniano i fotogrammi sgranati dei filmini d'infanzia della stessa regista, che (leggerete meglio in questa recensione di Maledetta primavera), corrono sui titoli di coda e rivelano l'anima fortemente autobiografica di questo debutto in un lungometraggio di finzione di Elisa Amoruso, documentarista con alle spalle lavori importanti per aver raccontato la femminilità in tutte le sue sfumature da Chiara Ferragni: Unposted a Bellissime. In sala dal 3 giugno dopo il passaggio nella sezione Riflessi alla scorsa Festa del Cinema di Roma, Maledetta Primavera è un cinema di sensazioni e atmosfere, un racconto di formazione e nostalgie, vicino a Ozon e Truffaut seppur più straniante e meno centrato rispetto alle suggestioni da cui prende le mosse. A volte la maniera prende il sopravvento sulla narrazione.

Il romanzo di formazione

Maledetta Primavera
Maledetta primavera: una scena

Il tema centrale, oltre a quello della memoria che si ferma un attimo prima dello struggimento, è il primo amore e la scoperta della propria sessualità attraverso gli smottamenti d'animo della giovane protagonista alla ricerca di un posto nel mondo. L'epoca in cui si collocano i fatti di Maledetta primavera è quella della fine degli anni '80 tra walkman, lambada, musicassette che cantano Loretta Goggi (il brano urlato a squarciagola in macchina dà il titolo al film) e motorini sbilenchi. In mezzo a tutto nuota Nina (Emma Fasano) che ha undici anni e una famiglia incasinata: il padre Enzo (Giampaolo Morelli) sbarca il lunario partecipando a bische clandestine, è simpatico, scherzoso ma completamente inaffidabile, la madre Laura (Micaela Ramazzotti) è una donna svagata, disperata, resa nevrastenica dai continui colpi di testa di lui; si amano alla follia ma litigano sempre.

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Maledetta primavera: Emma Fasano e Manon Bresch in una scena

Complici i debiti di gioco di papà Enzo, Nina insieme ai genitori, al fratellino Lorenzo (Federico Ielapi) e a un tavolo da biliardo scambiato con un tavolo da pranzo, si ritrova così catapultata dal centro di Roma in un quartiere di periferia tra palazzoni, ragazzi sui motorini e prati bruciati dal sole. A scuola dove le maestre sono delle suore morigerate, non ha amici se non la sua compagna di banco Sirley, originaria della Guyana francese; abita nel palazzo di fronte, è mulatta, balla la lambada e coltiva un sogno: interpretare la Madonna nella processione di quartiere, perché "quando fai la Madonna diventi importante. Tutti vogliono farla".

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Maledetta primavera: una scena del film

Sirley è una creatura affascinante, anarchica, ribelle e noncurante delle regole, non ha paura di nessuno, e darà a Nina le attenzioni che nessuno fino a quel momento le ha mai dato imparando a conoscere il suo mondo libero, nuovo e lontano dai moralismi. L'amicizia tra le due ragazze crescerà fino ad evolversi in un rapporto sempre più intimo e profondo, e Nina scoprirà l'amore. Tra Madonne nere, l'erotismo dei corpi che si sfiorano a pelo d'acqua, lo stereotipo del romanzo di formazione, la scoperta inquieta della sessualità, i litigi folli, le corse in macchine, le vacanze al mare in roulotte, le voci degli 'anni '80, il film procede senza però esplodere davvero.

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I protagonisti: adulti sconclusionati e adolescenti alla ricerca di sé

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Maledetta primavera: Manon Bresch ed Emma Fasano in una scena

I protagonisti sembrano galleggiare in una periferia che al contrario dei cliché cui ci ha abituato il cinema recente, è vivace, colorata, vitale, un tripudio di enormi spazi, suoni e rumori. La tredicenne Nina è imbranata, si aggira timidamente in un ambiente sconosciuto di cui sta imparando a prendere le misure; Sirley è la variante sfuggita, è ribellione, libertà, è la forza dell'imprevedibilità, la meraviglia della scoperta. Le giovanissime attrici che le interpretano (Emma Fasano e Manon Bresch) dimostrano di sapersi muovere con estrema grazia e raffinatezza in questo mondo sospeso, mentre Morelli e Ramazzotti pur riproponendo ruoli non nuovi, riescono con la giusta dose di leggerezza e follia a regalarci due figure di adulti disfunzionali. Scritto da Elisa Amoruso insieme a Paola Randi ed Eleonora Cimparelli, Maledetta primavera non sempre riesce a essere credibile, pur rivelandosi uno straordinario racconto per immagini, una narrazione appena sopra la superficie delle emozioni.

Conclusioni

La recensione di Maledetta primavera si chiude con l’auspicio di rivedere presto Elisa Amoruso alle prese con il mondo della finzione. L’esordio pur non perfetto della regista, che con i suoi documentari ha esplorato il femminile nelle sue varie declinazioni, ci regala una storia di ispirazione autobiografica sospesa tra lo struggimento del ricordo e il viaggio di formazione. Un racconto per immagini che trova la sua forza nel linguaggio appena sopra la superficie delle emozioni, spesso straniante ma a volte purtroppo prigioniero della maniera nel tentativo di avvicinarsi a quel cinema di atmosfere a cui si ispira.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
2.5/5

Perché ci piace

  • La leggerezza diventa la cifra stilistica del film, che si divide tra l’amarcord e il viaggio di formazione.
  • La rievocazione degli anni ’80 e la luce che illumina la periferia romana riscoprendone colori e vitalità.
  • Un racconto mai sboccato, ma in apnea fatto di corpi, trasparenze e ricordi.
  • La raffinatezza e la grazia con cui le giovanissime attrici danno vita alla caratterizzazione dei loro personaggi.

Cosa non va

  • Non sempre il film appare centrato e spesso si rivela poco credibile e lontano dalle atmosfere di un certo cinema francese che vorrebbe rievocare.
  • La verità cede il passo a qualche virtuosismo di troppo.