Col passare del tempo, il cinema di Denis Côté diventa sempre più personale e risulta imperscrutabile solo a uno sguardo disattento, che non ha imparato a leggere i segnali sparsi a piene mani dal cineasta quebecchese nelle sue opere. La libertà creativa sta a cuore più della fama a Côté, che persegue un'idea di cinema evocativo e minimalista, ricco di idee quanto povero di budget. Seguendo la regola dell'alternanza tra produzioni più ambiziose e film intimi low low budget, con Mademoiselle Kenopsia Denis Côté torna a fare due delle cose che gli riescono meglio: riflettere sulla volatilità della vita umana di fronte allo scorrere del tempo e scegliersi un alter ego femminile a cui mettere in bocca enigmatiche riflessioni che hanno il sapore di una confessione.
Protagonista di Mademoiselle Kenopsia è Larissa Corriveau, alla quarta collaborazione con Denis Côté dopo Ghost Town Anthology, Social Hygiene e That Kind of Summer. Stavolta l'attrice, capelli pettinati all'indietro, camicia bianca e pantaloni neri, si materializza come una sorta di concierge/custode di un edificio abbandonato che passa il tempo a fare telefonate in cui snocciola riflessioni filosofiche a interlocutori invisibili, consumando i propri giorni nella solitudine. Solitudine che viene infranta col materializzarsi improvviso di tre presenze "dickensiane".
Ossessioni cinefile e riflessioni esistenziali
Nonostante la dichiarata volontà di realizzare un'opera minore, Mademoiselle Kenopsia si presenta come una summa delle ossessioni visive di Denis Côté. Il film è inaugurato da oltre dieci minuti di piani fissi che ritraggono gli interni di un edificio abbandonato di cui è difficile comprenderne l'uso. Lo sguardo poetico di Côté si sofferma su pareti scrostate, mobili polverosi, termosifoni arrugginiti riproponendo la visione cinematografica pura del regista che, con la stessa modalità narrativa utilizzata in documentari come Carcasses o Bestiaire, fornisce allo spettatore tutto il tempo necessario per esplorare l'oggetto inquadrato, cogliendone ogni dettaglio fino a intuirne la natura intima.
Denis Côté sembra voler indicare che l'edificio usato per le riprese, sito a Montreal, nei paraggi della sua abitazione, sia il vero protagonista della storia con la sua varietà di stanze e arredamenti e con quel senso di incompiutezza e decadenza che il film evoca a ogni svolta. Concetto ribadito dalla scelta del regista di mantenere una rigorosa unità di luogo, visto che il personaggio di Larissa Corriveau passa costantemente da una stanza all'altra senza mai uscire all'aperto. Il fuori, e con esso la natura, la vita e la socialità, resta confinato dietro i vetri delle finestre e nella fessura di una porta socchiusa che la donna fissa con desiderio senza poterselo concedere, intrappolata dal suo strano senso del dovere e piegata a seguire il suo destino ineluttabile.
Anche i muri parlano
Ma il racconto di Mademoiselle Kenopsia non si limita al livello terreno. Un'altrove è possibile nell'universo scarno e silenzioso di Denis Côté in cui a tratti si manifesta un'apertura ad altre dimensioni, ignote e inspiegabili. Luci misteriose guizzano nelle stanze, rumori improvvisi turbano la quiete della coscienziosa guardiana e misteriose apparizioni evocano la possibilità di una dimensione altra già anticipata in Ghost Town Anthology, in un tentativo di apertura verso altri mondi per sfuggire alla paura e alla solitudine. Côté si diverte ad aggiungere ingredienti senza fornire spiegazioni, lasciando la massima libertà nell'interpretazione di ciò che il suo cinema ci propone.
Quando le elucubrazioni pessimistiche sembrano raggiungere l'apice, ecco che il regista stempera la tensione col suo humor caustico. Il curioso tentativo di seduzione di un operaio comparso nello stabile sulle note di un brano di musica elettronica, la curiosa risposta di Corriveau alla richiesta dell'uomo se nell'edificio c'è un bagno e le svolte imprevedibili del finale strappano il sorriso anche in contesto asettico e straniante come quello costruito dal regista in Mademoiselle Kenopsia. E la sua sete cinefila torna a manifestarsi con echi lynchiani (all'uomo che fuma di Twin Peaks si contrappone qui la donna che fuma e non sono certi casuali gli echi di Shining che si colgono qua e là). Minore, ma non minimo, Mademoiselle Kenopsia denuncia la volatilità della condizione umana in un'opera spiazzante, sconnessa, ma evocativa, da cui trapela l'eccentrica personalità di un autore che ha ancora molto da dire.
Conclusioni
Denis Côté torna a indagare la complessità della natura umana in un piccolo film low budget interpretato dalla sua musa Larissa Corriveau che ripropone i tratti dominanti del suo cinema: lunghe inquadrature statiche, personaggi eccentrici, stile meditativo, humor caustico, visione poetica. Minimo e sorprendente.
Perché ci piace
- Pur essendo un film low budget, ripropone i tratti dominanti del cinema di Denis Côté.
- La visione poetica del regista attraverso cui viene filtrata la realtà.
- Le trovate umoristiche e i riferimenti cinefili più o meno volontari.
Cosa non va
- Alcune sequenze risultano sconnesse rispetto al corpus centrale del film.