L'ultimo boss di Kings Cross, la recensione: una (vera) mafia story australiana

La recensione de L'ultimo boss di Kings Cross: tratta da una storia vera la nuova serie tv, disponibile dal 26 luglio su Sky Atlantic e NOW, prova un approccio diverso al genere ma, a parte l'ambientazione e il contesto culturale, ricade nei soliti stilemi e colpi di scena non portando effettivamente a nulla di nuovo.

L'ultimo boss di Kings Cross, la recensione: una (vera) mafia story australiana

Le mafia story in tv, come al cinema, funzionano sempre perché ci parlano di associazioni criminali che cambiano senza cambiare davvero nulla nel corso dei secoli, delle società, dei contesti culturali in cui si vanno a sviluppare. Associazioni criminali che fanno inevitabilmente rima con famiglie criminali, perché dove ci sono le une non ci possono non essere le altre, dato che l'eredità criminale passa di padre in figlio, di padrino in figlioccio, di mentore in protetto.

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L'ultimo boss di Kings Cross: una foto di scena della serie

In questo contesto si inserisce la recensione di L'ultimo boss di Kings Cross, la nuova serie tratta dall'omonimo bestseller autobiografico di John Ibrahim, dal 26 luglio su Sky Atlantic e NOW, che racconta la storia di due fratelli, arrivati dal Libano a Sydney con il sogno di fare fortuna, facendosi faticosamente strada nell'ambiente criminale della città fino ad arrivare al successo. Peccato però che oltre al riscatto e al contesto diverso non ci sia molto altro.

Il Kings Cross come il Boardwalk

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L'ultimo boss di Kings Cross: un momento della serie

Partiamo innanzitutto dal contesto culturale diverso ed inedito nella nostra recensione: ambientando questa storia (vera) a Sydney, gli autori ci fanno conoscere una location inedita e quindi una società inusuale in cui raccontare un'associazione criminale che si concentra quasi interamente sul quartiere a luci rosse di Kings Cross, nel cuore della città australiana, tra neon e vizi di ogni tipo da servire agli avventori, abituali oppure occasionali. In questo senso è come se il Kings Cross fosse il Boardwalk di Boardwalk Empire - L'impero del crimine, la serie HBO che raccontava l'ascesa di Atlantic City durante il proibizionismo: se lì c'era il fascino del sapore retrò del racconto, qui ci si avvicina a tempi più moderni - dalla fuga dei protagonisti durante la Guerra del Libano, per ricordarci le loro origini, al loro trasferimento a Sydney e alla loro rapida ascesa, prima dell'uno e poi dell'altro fratello. La criminalità ti dà addirittura una possibilità di riscatto, soprattutto se come i due fratelli al centro della storia vieni da una situazione povera e soprattutto guerrafondaia. Un microcosmo per raccontare una città, con i suoi negozi, i suoi locali, i suoi "venditori" ambulanti, le sue ragazze appariscenti e il resto.

John e Sam come Romolo e Remo

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L'ultimo boss di Kings Cross: una scena

Fin da subito ci viene presentata la rivalità tra John (Lincoln Younes, già visto in Grand Hotel) e suo fratello maggiore Sam (Claude Jabbour, Stateless). Viaggiando nel tempo attraverso alcuni flashforward e flashback, rendendo la struttura narrativa non lineare, viene raccontata l'ammirazione di John per Sam, quando il primo era ancora sedicenne e il secondo capitanava il Boardwalk australiano. Col passare degli anni la situazione si ribalterà, rendendo il loro rapporto un saliscendi di ripicche e rivalità, ma affetto fraterno alla base, che li ricongiunge ad altri proverbiali fratelli: se il rapporto tra Romolo e Remo è destinato a finire male ma a fondare una città e un Impero, quello tra i due protagonisti della serie Sky non è detto abbia un epilogo necessariamente drammatico ma il dolore e la perdita la faranno comunque da padroni. Perché dove c'è criminalità, come ci ha insegnato per il mondo seriale anglosassone Gangs of London, ci sono morti a non finire e la loro storia non può essere destinata a concludersi bene, perché il circolo vizioso della criminalità, quando ci nasci, ti ci fa finire anche se te ne vuoi allontanare intraprendendo altri percorsi.

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Voglia di riscatto

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L'ultimo boss di Kings Cross: un'immagine della serie

Ciò che sicuramente racconta L'ultimo boss di Kings Cross è la voglia di riscatto grazie all'ascesa in società (criminale) dei due protagonisti, della loro famiglia e dei loro amici e affetti più cari. Una famiglia numerosa, la loro, con altri fratelli e sorelle oltre a John e Sam e con un padre lontano che torna destabilizzando i già precari equilibri che si sono costruiti oltreoceano. C'è l'attrazione per le sfavillanti luci del Kings Cross - ben espressa dalla fotografia della serie - da parte dei due giovani, e per il fatto che proponesse qualsiasi forma di criminalità. Tra questi la droga e lo spaccio di cocaina, non voluta nel Cross inizialmente come nel Boardwalk ma che si dovrà "adeguare ai tempi". Interessante in questo senso, in questa storia di mentori e padri e figli e protetti, il personaggio del re in carica Ezra Shipman (Tim Roth, già visto a livello seriale in Lie to Me e Tin Star oltre al passato "criminale" tarantiniano e marvelliano). Lui è un astuto e molto conosciuto boss che non vorrebbe lasciare l'eredità criminale a nessuno, finché non conoscerà John e la sua ambizione. Il suo desiderio però potrebbe ritorcersi contro di lui, così come del resto i buoni intenti della serie, che non sembra impegnarsi più di tanto nel voler creare qualcosa di innovativo. Peccato.

Conclusioni

Chiudiamo la recensione de L’ultimo boss di Kings Cross delusi che la serie non abbia nemmeno provato a raccontare qualcosa di diverso o quantomeno in maniera differente, tra colpi di scena e struttura narrativa come da copione per il genere gangster story. Il serial si può riallacciare a Boardwalk Empire anche per la messa in scena, ma purtroppo non è paragonabile a livello di riuscita di tensione narrativa e spettacolarizzazione dell’azione.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
4.3/5

Perché ci piace

  • L'ambientazione australiana inedita per una mafia story.
  • Il rapporto tra John e Sam.
  • La storia di riscatto.

Cosa non va

  • Si perde e si annacqua in tutti gli stilemi visti e rivisti del gangster drama senza nemmeno provare a rinnovarlo.