Nei nostri ricordi le cose viste e vissute durante l'infanzia sono sempre migliori, più genuine e belle rispetto al presente. Riguardando Love Me Licia il sospetto che la nostra mente tenda a ingannarci con il passare degli anni diventa prepotentemente una certezza. Andata per la prima volta in onda il 6 ottobre 1986 su Italia Uno (ebbene sì, Love me Licia compie 30 anni, 30! Siete vecchi ormai, fatevene una ragione), la serie con protagonista una giovane Cristina D'Avena nasce sulle macerie di un fallimento: sequel italiano dell'anime giapponese Ai shite Naito, ovvero "Amami mio cavaliere" (la versione italiana è stata fortemente voluta dall'allora Fininvest di Silvio Berlusconi: sarà un caso?!), che in patria era andato male, tanto da essere cancellato, ma riesumato da noi perché il cartone era stato un grande successo.
Pur di dare altre parrucche giallo-rosse al pubblico, Fininvest creò questo strano ibrido, girato a Cologno Monzese ma ambientato in Giappone, creato da Alessandra Valeri Manera e scritto da Barda & Lumetti. Trampolino di lancio per la D'Avena, allora la voce ufficiale dei cartoni trasmessi all'interno della trasmissione Bim Bum Bam, anche come volto televisivo, Love me Licia ha avuto un successo enorme, tanto da essere confermata per altre tre stagioni, intitolate Licia dolce Licia (1987), Teneramente Licia (1987) e Balliamo e cantiamo con Licia (1988).
A guardarlo adesso Love me Licia fa tenerezza, ma gli si deve riconoscere un grande merito: prima di Hannah Montana, High School Musical e Violetta, la Licia di Cristina D'Avena è stata un idolo delle teenager in un prodotto che è arrivato molti anni prima dei teen serial musicali creati dalla Disney, con in più l'idea, folle, di umanizzare dei personaggi animati, sempre anni prima che la moda del cosplay e dei live action dilagasse. Il fascino di Love me Licia sta inoltre nella commistione tra la cultura giapponese e quella italiana, un mashup insolito e unico, che è una punta di diamante della televisione trash nostrana: per questo non si può che amarla incondizionatamente, per almeno cinque motivi.
1. La sigla: "Love me Licia"
"Lo sguardo è ténero è splendénte, il viso sorridénte, Licia sei così": questa valanga di vocali chiuse è solo una delle perle racchiuse nella sigla di Love me Licia, scritta da Giordano Bruno Martelli e Alessandra Valeri Manera. La corsa girata in rallenty di Licia (D'Avena) e Mirko (Pasquale Finicelli), i colori pastello, le sagome in controluce, le transizioni che nemmeno in un filmino di Natale montato dallo zio Palmiro: un capolavoro trash.
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2. Le parrucche
Va bene che il fumetto originale di Kaoru Tada con le capigliature si sbizzarrisce, ma le parrucche tirate fuori dai costumisti di Love me Licia sono leggendarie: il povero Pasquale Finicelli, che interpreta Mirko, ha un vero e proprio cespuglio giallo-rosso in testa (chissà, forse comprato in un negozio dell'A.S. Roma), Salvatore Landolina nei panni di Marrabbio, papà di Licia, indossa probabilmente una parrucca di un costume di Elvis Presley e perfino il piccolo Luca Lecchi, interprete di Andrea, è stato costretto a indossare i capelli da angioletto della recita di Natale.
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3. Tokyo ricostruita a Cologno Monzese
Il pressappochismo con cui sono state realizzate le scenografie di Love me Licia è quasi ammirevole: il telefono rosa del ristorante del papà di Licia è meraviglioso nel suo mostrare ancora i segni della colla con cui i pezzi di compensato sono stati assemblati, ed è bellissimo come tutto sia incerto se assumere un look giapponese o occidentale. Il risultato è un ibrido da trip allucinogeno.
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4. Giuliano, il gatto più arrabbiato della storia
Perfino il gatto Giuliano è stato umanizzato: prima dei meme con i gattini di Facebook, prima di Grumpy Cat c'era lui, il felino chiamato a recitare in Love me Licia. Ingrugnito come pochi, sembra sempre pronto a farla finita da un momento all'altro, oppure ad azzannare alla giugulare uno degli umani portatori di parrucca con cui ha a che fare.
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5. Le fettine panate
Il capolavoro supremo di Love me Licia sono però i dialoghi: totalmente privi di senso, tanto da sembrare allucinati quasi come in un film di David Lynch, i discorsi di Licia e soci sono delle pietre miliari per quanto riguarda il nonsense. La vetta massima, incontestabile e imperdibile, è il dialogo sulle fettine panate: un minuto in cui Licia, Mirko e Andrea ripetono ossessivamente, quasi come una parola magica, "fettine panate". Una roba talmente potente che qualche eroe su internet ha realizzato un video, postato su YouTube, in cui "fettine panate" è ripetuto in loop per dieci minuti.