Lost: la costante e la variabile delle serie tv

In occasione del decimo anniversario del finale, un focus sulle serie che hanno cambiato il modo di giocare con narrazione e personaggi in tv, da Twin Peaks a Lost e Il Trono di Spade.

Lost: il cast della serie ABC in un'immagine promozionale
Lost: il cast della serie ABC in un'immagine promozionale

Lost. Un nome familiare a chiunque abbia avuto a che fare almeno una volta con la serialità televisiva nella propria vita, anche per chi (quei pochi) non ne abbia mai visto nemmeno un episodio. Un titolo che, complice il decimo anniversario del finale di serie andato in onda il 23 maggio 2010, riporta subito alla mente le infinite discussioni, teorie, thread sui forum (ancora non esistevamo i social network) che hanno riempito le ore, i giorni, le settimane, gli anni delle persone. Un chiacchiericcio mondiale che prima era appartenuto solo a Twin Peaks e dopo solamente a Il Trono di Spade, per come ha saputo riunire davanti alla tv gente di diversa età, estrazione sociale, culturale e soprattutto non necessariamente appassionati dell'intrattenimento "di genere".

Un importante precedente

Sheryl Lee nel pilot de I segreti di Twin peaks
Sheryl Lee nel pilot de I segreti di Twin peaks

Prima di Lost c'era stato I segreti di Twin Peaks, che grazie alla visione perversamente allucinata di David Lynch che veniva direttamente dal cinema, in sole due stagioni su ABC riuscì a fare una cosa mai vista prima in tv (e non stiamo parlando del tormentone "Chi ha ucciso Laura Palmer?"): concentrarsi sui personaggi. La trama è ovviamente importante in una serie in cui il cadavere della reginetta del ballo viene ritrovato e porta l'intera cittadina a far uscire tutto il marcio e i segreti inconfessabili che racchiude. Ma l'attenzione della sceneggiatura era in realtà rivolta tutta ai protagonisti: gli abitanti di quella cittadina, le loro sfaccettature, la loro evoluzione o involuzione, i loro pensieri e le loro azioni colpivano come un fulmine a ciel sereno gli spettatori sintonizzati ogni settimana. Prima del cult di Lynch i personaggi delle serie tv erano stati principalmente monodimensionali, legati a stereotipi che funzionavano, ma l'agente Cooper rivelò che sullo schermo come nella vita c'erano più strati da sbucciare ed esplorare. Rivelò lati del carattere umano finora sopiti e tenuti nascosti da una rappresentazione soprattutto sulla tv generalista, un orrore in casa d'altri che fino a quel momento era rimasto rinchiuso nel chiacchiericcio di quartiere.

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La costante

Lost: la telefonata di Desmond ne La costante
Lost: la telefonata di Desmond ne La costante

Quando nel 2004 approda in tv, il pilot di Lost - e progressivamente gli episodi successivi - manda nuovamente in confusione gli spettatori prima negli Usa di nuovo sulla ABC (coincidenze? Se c'è una cosa che Lost ci ha insegnato è che non esistono) e poi in tutto il mondo. Questa volta erano sì importantissimi i personaggi, ma ciò che aveva sballottato il pubblico a casa così come i passeggeri del volo 815 della Oceanic Airlines era la struttura narrativa. Un uso dei flashback così frequente, chirurgico ed equilibrato non si era mai visto prima, con episodi monografici dedicati ad ognuno de protagonisti. I salti temporali si inserivano perfettamente nel quadro generale, e giocavano in modo così equilibrato fra passato e presente sull'isola misteriosa e dimenticata da Dio (forse) in cui quelli che sarebbero diventati i naufraghi più famosi del piccolo schermo dovevano imparare a sopravvivere. Un uso non solo dei raccordi fra i vari momenti temporali ma anche dei parallelismi tematici fra passato e presente che stimolava la corteccia celebrale degli spettatori come mai fatto prima. Non solo: non si sa per quale miracolo narrativo quello stesso anno un altro serial, questa volta una comedy, sulla stessa rete giocava col tempo e con i flashback: Desperate Housewives. Da lì in poi moltissime serie unirono l'elemento mystery a quello principale della trama per far tornare gli spettatori ogni settimana: da Ugly Betty a E alla fine arriva mamma, per fare due esempi, e così via.

Matthew Fox nell'episodio pilota di Lost
Matthew Fox nell'episodio pilota di Lost

Lost era una serie fortemente serializzata e fortemente legata all'appuntamento settimanale, soprattutto nelle prime stagioni (quasi un'utopia oggi): non si poteva rinunciare al gruppo d'ascolto per la puntata di Lost (lo faceva anche il cast bloccato alle Hawaii per le riprese) e durante la settimana si continuava a discutere post visione sulle teorie e le aspettative per il nuovo episodio in arrivo. Siccome ogni equazione ha una costante e una variabile, come ci ha raccontato Lost stessa in due episodi capolavoro (soprattutto il primo, nella quarta stagione 4x05 La costante), anche quella apparentemente perfetta di Lost giunta alla terza stagione mostrò il rovescio della medaglia perdendo drammaticamente spettatori, stanchi e affaticati dalle troppe trame in corso da seguire: cominciava a scricchiolare quella sicurezza dell'"effetto novità", costringendo gli autori ad annunciare un piano stabilito di altre tre stagioni e non più di 50 episodi per assicurare al pubblico che avrebbe assistito ad un finale pianificato. Se Penny è la costante di Desmond per non impazzire (e quindi le relazioni personali sono la chiave, non ciò che succede intorno ad esse) e se quest'ultimo è la costante di Faraday, la costante di Lost nella serialità televisiva è aver creato un contrappasso, una variabile, a dimostrazione che l'equazione della serie perfetta, almeno sulla tv generalista, non esiste: anche Twin Peaks fu drammaticamente cancellata dopo sole due stagioni, quando perse spettatori poiché rivelo troppo presto l'identità del colpevole dell'omicidio di Laura Palmer, perdendo audience e interesse.

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La variabile

Terry O'Quinn in una scena dell'episodio 2x01 di Lost
Terry O'Quinn in una scena dell'episodio 2x01 di Lost

Il "contrappasso" di Lost fu il rischio di creare trame troppo fitte, troppo aperte, troppo legate a più stagioni in un'epoca che col tempo si stava rifacendo sempre più a miniserie in streaming per canalizzare l'attenzione del pubblico per un periodo limitato, quasi la "regola della soglia d'attenzione dei 45 minuti". Questo ha portato tutto ciò che è venuto dopo a fare i conti con questa pesante eredità. C'è chi ha saputo costruirci un'identità riscrivendo un genere e avendo successo - se pensiamo a How I Met Your Mother che scardinava tutte le regole "statiche" delle comedy multicamera (pochi ambienti e situazioni, trame prevalentemente verticali, personaggi tipo e poco approfonditi), oppure a This Is Us definito simpaticamente "il Lost dei family drama" per come ha inserito il gioco dei piani temporali nelle dinamiche familiari. Lost però tornò ad essere una costante alla fine della terza stagione, ribaltando ancora una volta tutto con quel "We have to go back" che rivelava al pubblico che non si trovava più di fronte a un flashback bensì a un flashforward, un'altra tecnica mai vista prima in tv, che mostrava il futuro invece del passato dei protagonisti, non dimenticando di raccordare tematicamente i due piani temporali. Tutto ciò che è venuto dopo con una premessa mystery simile ha dovuto fare i conti con questa "fardello" e con il finale, che per una serie come Lost avrebbe dovuto dare tutte le risposte. Invece gli autori rimasti - J.J. Abrams lasciò dopo il successo delle prime stagioni, passando la palla (e la "patata bollente") al co-creatore Damon Lindelof insieme a Carlton Cuse (Jeffrey Lieber aveva lasciato subito dopo l'inizio della serie) - decisero di puntare sulle relazioni interpersonali, come accennavamo prima la chiave finale della serie, piuttosto che sulle domande e soprattutto sulle risposte. Risposte che sono state poche e che hanno abbracciato dei meno eclatanti flash sideways nella sesta stagione - ovvero cosa sarebbe successo se il volo 815 non fosse precipitato e fosse atterrato a destinazione - puntando sul lato umano più che su quello narrativo, sui personaggi più che sulla trama.

Sonya Walger in una scena del pilot di Flash Forward
Sonya Walger in una scena del pilot di Flash Forward

C'è chi come FlashForward - un titolo già pericoloso di base - si presentava come "l'erede di Lost" poiché in onda sulla stessa rete ABC, dovendo ereditarne lo slot in palinsesto e alcuni attori nel cast principale: si sa le aspettative sono sempre un'arma a doppio taglio che si può ritorcere contro. C'è chi come C'era una volta soprattutto nella prima stagione si dimostrò l'erede più degno di Lost proprio perché non era stato pubblicizzato come tale, merito degli autori in comune Adam Horowitz e Edward Kitsis. O ancora The Leftovers dello stesso Damon Lindelof che da subito precisò che non ci sarebbero state risposte ma domande, perché la serie avrebbe parlato come da titolo "di quelli che erano rimasti" e non di quelli che erano misteriosamente scomparsi senza lasciare traccia. Nonostante questo la serie si è ritagliata la sua fetta di appassionati grazie soprattutto alla seconda stagione, durante la quale con il materiale del romanzo di partenza esaurito è avvenuto un piccolo miracolo regalando un compendio di Scienza e Fede che non si vedeva appunto dai tempi di Lost. O ancora Westworld e le sue storylines drammaticamente avvinghiate fra loro soprattutto nella seconda stagione.

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Una pesante eredità

Sean Bean in una scena della nuova serie HBO Game of Thrones
Sean Bean in una scena della nuova serie HBO Game of Thrones

Il trono di spade è la serie che ha raccolto l'eredità di Twin Peaks e Lost in quanto a rapporto fra trama e personaggi, e in quanto a richiamo mondiale e riunione di spettatori diversissimi fra loro. La serie fantasy di HBO ha però anche alzato l'asticella, partendo dall'assunto dei romanzi di partenza di George R.R. Martin che "ogni personaggio è sacrificabile" per il bene della narrazione. Nella parabola socio-politica del contemporaneo pur ambientata in una società pseudo-medievale, che è Game of Thrones, un omaggio alla letteratura cavalleresca e a quello epica greco-romana, chiunque può morire, anche il protagonista stesso alla fine della prima stagione, ribaltando qualsiasi certezza avuta fino a quel momento in tv. Ancora una volta costante e variabile si sono fatte sentire e la serie ha dovuto affrontare lo scrivere un'ultima stagione e un finale senza più libri di partenza, perché Martin è bloccato da anni con la pubblicazione, anche se pare abbia approvato quanto realizzato da David Benioff e D.B. Weiss. Il "contrappasso" del successo (e non dimentichiamo che in questo caso parliamo di un canale via cavo e quindi con una percentuale di spettatori minore, eppure altissima) sono stati ancora una volta l'ultima stagione e il controverso finale, che hanno lasciati perplessi molti spettatori soprattutto per il dubbio epilogo per il percorso fatto da molti personaggi nelle stagioni precedenti. Un chiacchiericcio questa volta sparso attraverso i social, con discussioni molto più amplificate dei faccia a faccia con gli amici e dei forum di Lost, o dei luoghi di ritrovo, lavorativi scolastici o altro che fossero, ai tempi di Twin Peaks.