La fine è arrivata? Le dichiarazioni di Hugh Jackman e gli eventi narrati in Logan - The Wolverine, terzo e ultimo capitolo dello spinoff della saga degli X-Men dedicata al mutante ungulato non lascerebbero dubbi al riguardo. I fan giudicheranno a partire dal 1 marzo, quando il film approderà nelle sale italiane. Nel frattempo il Festival di Berlino si è assicurato una chiusura col botto presentando Logan in anteprima mondiale in una serata all star coronata dall'arrivo di Hugh Jackman e Patrick Stewart. Le due star sono a Berlino, pronte a lanciare il tour europeo del film insieme al regista James Mangold e al produttore Simon Kinberg.
Hugh Jackman appare emozionato e orgoglioso dell'esito di Logan. Il divo è consapevole delle critiche piovute sui due film precedenti del franchise e prende le distanze dal passato mentre parla della nuova creatura sua e di James Mangold. "Logan non è un film definito dal genere, dal rating e neppure dai film precedenti del franchise. Essere qui al Festival di Berlino per noi è un sogno. Devo essere onesto, quando ho visto il film ha superato le mie aspettative. Lo guardavo e pensavo 'Adoro questo personaggio'. Wolverine non mi mancherà perché vivrà per sempre dentro di me, i fan me lo ricordano ogni giorno. Logan è parte di me e lo sarà per sempre, ma questo è il film che lo definisce come personaggio meglio di ogni altro. Devo confessare però che i petti di pollo della dieta non mi mancheranno". Quando gli chiediamo se gli farebbe piacere interpretare Wolverine in un musical scatta il siparietto comico. Jackman scoppia a ridere e risponde un secco no. Poi si volta verso James Mangold e gli chiede "Tu lo dirigeresti?", ma anche il regista risponde di no.
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X-23, i bambini e la violenza
Parlando alla platea berlinese, Hugh Jackman ci riene a specificare come Logan sia un film che travalica il genere 'comic movie sui supereroi' tentando di raccontare qualcosa in più sull'essere umano, mutante o non: "La ragione per cui non ho mai esitato un secondo a lavorare con James Mangold è che è un grande storyteller e per me le grandi storie ci devono mostrare il mondo al di là di noi stessi. Logan è la storia di una famiglia e riflette sulla scelta di vivere da soli o connettersi alle altre creature. Non mi interessa a quale genere appartengano i film, mi piace fare film che parlino di noi e della nostra vita". James Mangold rincara la dose: "Mi piace fare film di questa dimensione per avere la possibilità di parlare a un pubblico ampio. Rifiuto l'idea che i film di questo tipo mettano a dormire la nostra coscienza, la cultura pop può servire anche a veicolare messaggi importanti".
L'attenzione si sposta poi sull'elevato tasso di violenza contenuta in Logan. Il film ha ottenuto un rating R infrangendo, dopo Deadpool, la scelta della maggior parte dei comic movie di rientrare nei canoni del PG 13. Il regista Mangold ci tiene a ribadire: "Anche se abbiamo una protagonista bambina, questo non è un film per ragazzi. Il rating esiste per una ragione, non starò qui a parlare di violenza e bambini, ma per me è importante portare rispetto al mio cast, anche alla piccola Dafne Keen. Fare un film è molto diverso dal vederlo, sul set mi sentivo responsabile dei miei piccoli attori che sono tutti bambini in gamba con famiglie in gamba e conosco perfettamente la differenza tra realtà e finzione". Hugh Jackman specifica: "E poi avete visto tutti che attrice fantastica sia Dafne, e ha solo 11 anni. Sono così orgoglioso di lei". Interviene anche Patrick Stewart, che torna a interpretare l'anziano Professor X: "Quando facciamo la conoscenza di Laura, scopriamo che è una macchina da guerra, è stata cresciuta con lo scopo di uccidere. Poi la bambina incontra Logan e Xavier e capisce che esiste la possibilità di una vita diversa, fatta di affetto e amore. Perciò credo che la sua sia una parabola positiva".
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Un approccio naturalista
Parlando delle influenze di Logan, il regista James Mangold, appassionato collezionista di fumetti dall'età di 11 anni, cita Old Man Logan di Mark Millar e X-23: Innocence Lost di Craig Kyle. "Mentre lavoravamo allo script, pensavamo a come i personaggi si sarebbero relazionati col mondo intorno a loro. Questi personaggi sono famosi, hanno salvato l'umanità, avranno dei fan, un merchandise a loro dedicato. Così ho inserito nel film un fumetto dedicato agli X-Men che affronta al tema dell'avere a che fare con delle leggende". Mangold torna poi a riflettere sull'alto tasso di violenza contenuto nel film specificando che "la violenza invade la tv perciò ci dovremmo chiedere se è morale mostrarla per ogni programma. Quando parliamo di temi come sesso e violenza occorre analizzare il modo in cui se ne parla. E' pieno di film PG 13 in cui muoiono un sacco di persone, ma è ok per la censura perché non sanguinano. Ma questo è giusto? Il mio lavoro è fare film, non fare lo psicologo o il moralista. La morte è la conseguenza della violenza e nel mio film le persone muoiono e non tornano più. Il mio approccio è onesto".
Quando si affronta il tema dei riferimenti politici contenuti nel film, Sir. Patrick Stewart si infervora e interviene spiegando che "siamo influenzati dagli evento sociali e dal cambiamento. Non avevamo intenzione di fare un film politico, ma gli sceneggiatori hanno captato echi di eventi politici che poi si sono verificati. Se le persone voglio leggere un messaggio politico nel nostro film, allora vuol dire che abbiamo fatto un buon lavoro". L'attore inglese decide di ritagliarsi uno spazio per lanciare un messaggio che gli sta molto a cuore e lo fa davanti alla platea berlinese: "Sono un po' imbarazzato a essere seduto qui davanti una platea europea perché il mio paese ha scelto di lasciare l'Unione Europea. Voglio chiarire che metà del paese ha votato contro questa scelta, ma la Brexit è difficile da digerire. Ci è stato mentito e abbiamo fatto una scelta catastrofica, perciò mi voglio scusare con tutti voi".