Chiudono per sempre chiavi e lucchetti di Keyhouse, anche in tv. Con la recensione di Locke & Key 3, la stagione finale dal 10 agosto su Netflix, arriviamo all'epilogo della serie iniziata dopo rimandi, rimaneggiamenti e difficoltà produttive due anni or sono. Una serie che fin dal ciclo inaugurale ha deciso di prendere il materiale cartaceo di partenza, nato dalla penna di Joe Hill e dalle matite di Gabriel Rodriguez, una storia familiare in realtà cruda critica della società americana, e farne una serie teen dagli elementi soprannaturali.
Equilibrio
Come vedremo nella nostra recensione di Locke & Key 3, la supervisione di Joe Hill stesso e il lavoro fatto dagli showrunner Carlton Cuse, Meredith Averill e Aron Eli Coleite continua quanto impostato dagli esordi, quindi il target prevalentemente adolescenziale per una serie che edulcora molti aspetti prettamente horror e di critica sociale del materiale originario, pur non dimenticando di trattare alcuni temi importanti. È passato qualche tempo dal finale della seconda stagione, che aveva cercato di dare un aspetto più cupo, maturo e dark alla storia raccontata. In questo terzo ed ultimo ciclo di episodi torniamo invece alle atmosfere più magiche e fantastiche della stagione inaugurale, anche se i protagonisti sono inevitabilmente cresciuti dopo quanto accaduto con Dodge e Gabe anche a livello emotivo e psicologico: la madre Nina (Darby Stanchfield) ha trovato un nuovo e migliorato rapporto coi propri figli, ora che la magia di Keyhouse non è per lei più un segreto. Con la donna sono rimasti i figli Kinsey (Emilia Jones) e Bode (Jackson Robert Scott), a cui manca terribilmente il fratello maggiore Tyler (Connor Jessup), che si trova da qualche parte in Montana a costruire abitazioni e condurre una vita solitaria, lontano dai drammi e dagli incubi di Matheson, senza memoria della magia per propria scelta. Torna in Massachussets anche Ellie (Sherri Saum) col figlio Rufus (Coby Bird) per tentare di ricominciare nel posto che ha sempre sentito "casa". Un interessante incipit di stagione che mostra quindi due nuclei familiari opposti: Nina che ha voluto sapere e ricordare per poter essere più vicina ai propri figli, Ellie che decide di tornare sul luogo del delitto per ricominciare e Ty che ha preferito dimenticare e non avere più niente a che fare con l'eredità dei Locke.
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L'eredità dei Locke
Ma questo è qualcosa che non si può scegliere, come ben sappiamo, e quindi sarà proprio un Locke a riportare Tyler all'ovile e a scatenare una serie di circostanze per decidere una volta per tutte che cosa fare con quanto lasciato loro da Rendell, non solamente un lutto difficile da affrontare e superare, ma soprattutto le chiavi magiche. Stiamo parlando del matrimonio di Duncan (Aaron Ashmore), che riunirà molte persone sotto il tetto di Keyhouse, anche "indesiderate" come i Gideon, la famiglia che cerca da secoli la Porta dell'Aldilà non sapendo bene cosa fosse e che è stata aperta dai Locke attraverso il ferro sussurrante. "Il Male chiama Male" come ricorderanno i personaggi nel corso della stagione, e quindi è facilmente intuibile il rocambolesco precipizio a cui andranno incontro i personaggi. Anche qui però è speculare e complementare l'approccio della stessa famiglia in epoche diverse: l'antenato Frederick Gideon (Kevin Durand), capitano della flotta britannica durante la Rivoluzione Americana, arrivato come eco a Keyhouse insieme ai suoi soldati attraverso il pozzo, per impossessarsi delle chiavi e aprire una volta per tutte l'Aldilà. Il suo discendente Josh (Brendan Hines) voleva invece solo studiarla ma non metterebbe mai in pericolo la propria famiglia o quella di Nina, a cui si sta avvicinando sempre più, ma a timidi passi per non invadere il suo lutto. Tra varie peripezie, nuove e vecchie chiavi (anche inedite rispetto al fumetto, come già capitato nello show) e qualche tuffo nel passato, la famiglia Locke cercherà di venire a patti con i propri demoni emotivi e psicologici oltre a quelli fisici e soprannaturali.
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Addio Keyhouse
La terza ed ultima stagione di Locke & Key si concentra proprio sull'aspetto avventuroso della storia raccontata e sull'elaborazione del lutto della famiglia, che arriverà a "compimento" (anche se non è può essere mai davvero tale) permettendo ai vari membri di trovare un proprio equilibrio e posto nel mondo, decidendo che cosa fare di Keyhouse, delle chiavi e dell'eredità dei Locke per i posteri. Torneranno infatti fantasmi (letterali) dal passato dei Locke come Sam, il responsabile della morte di Rendell; verrà ancora una volta ribadita la storia secolare di Keyhouse e degli antenati dei Locke, insieme al gruppo di amici di teatro negli anni '90 di Rendell e Ellie, e ciò che ha combinato la loro combriccola col ferro sussurrante. Un ritorno alle origini che strizza l'occhio al fumetto originario ma oramai ne prende una strada diversa e autonoma. È evidente comunque come da un lato il racconto non avesse più niente da dire sullo schermo e quindi sia stato meglio chiuderla con la "regola delle tre stagioni" ma allo stesso tempo il racconto sia stato mozzato sul nascere, quando tutto il passato dei Locke e il loro presente fatto di traumi irrisolti avesse ancora molto da dire, se si fosse preso maggiormente spunto dalla controparte cartacea.
Conclusioni
Concludiamo la nostra recensione di Locke & Key 3 consapevoli che la strada intrapresa dagli autori della serie di Netflix si discosta dall’orrore e dalla crudezza del fumetto originario, sia a livello di contenuti che visivo, optando per un target più adolescenziale e per una fotografia più colorata e da film avventuroso anni ’90 fino alla fine, con i Locke messi di fronte ai demoni e agli antenati del proprio passato e all’eredità che gli ha lasciato Rendell, dovendo decidere cosa farne per i posteri.
Perché ci piace
- L’aspetto scenografico di Keyhouse e delle chiavi, che continua ad essere curato e affascinante.
- L’elaborazione del lutto come fil rouge della stagione e il trovare un proprio equilibrio da parte dei protagonisti.
- Il ritorno alle origini col passato dei Locke e del gruppo di Rendell negli anni ‘90.
Cosa non va
- Il tornare ad atmosfere più leggere dopo quelle maggiormente dark della seconda stagione.
- Il chiudere non “col botto” rispetto al fumetto originario ma scegliendo la consapevolezza dei personaggi.